Cronaca

Caro Don Maurizio, anche tu ci hai insegnato ad amare ‘Palermo amara’

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25 Dicembre 2024, 11:27

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Caro Don Maurizio Francoforte, è stato un bruttissimo risveglio quello del nostro Natale. Abbiamo appreso, da un post della parrocchia ‘San Gaetano’, la tua casa di Brancaccio, che ci avevi lasciato, poco prima della nascita del Bambinello, secondo il rito.

Ed è stata felicissima e dolce l’intuizione dell’Arcidiocesi di Palermo che ha titolato così la sua nota di commiato: “Don Maurizio Francoforte nell’abbraccio di Colui che nasce”. Perché, avendo fede e speranza, nonostante i colpi del tempo, l’abbiamo pensata proprio come un abbraccio tra chi sta per nascere e chi sta per non morire mai più.

Ora sei nel presepe di Palermo, con tanti altri che hanno eletto il bene a dimora della loro esperienza. Sei con Don Pino Puglisi da cui avevi ereditato la parrocchia di Brancaccio. Sei con Fratel Biagio Conte che era un tuo fraterno amico e che ti ha accompagnato, in molti passaggi difficili.

Tu stesso mi avevi raccontato una storia dal sapore miracoloso: Succede tutto a settembre, quando scopro di stare molto male e vengo ricoverato al pronto soccorso dell’ospedale Buccheri La Ferla. Trovano due lesioni al fegato. Poi, in Medicina, si scopre che ho un tumore al colon e due metastasi. A novembre comincio la prima chemioterapia e incontro subito Fratel Biagio che è lì per lo stesso motivo…”.

E poi: “Sono stato malissimo e in bilico tra la vita e la morte. Ho pregato, ho chiesto al Signore un Mosè che mi aprisse il Mar Rosso. La notte stessa, ho sognato Biagio e don Pino Puglisi, davanti a un grande mare che si apriva. E le cose, per me, sono migliorate”.

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Era il sogno dell’eternità. Era la forza che portava avanti il tuo corpo, stancato da un male. Era la ribellione che ti faceva gridare: “Voglio lanciare un monito che suonerà provocatorio, ma corrisponde al mio sentire: non venite più qui, non venite a Brancaccio. Se dovete fare il safari della solidarietà, restate a casa. Almeno sapremo che possiamo contare soltanto sulle nostre forze”.

L’ultima volta che ci siamo visti, mi avevi presentato, in chiesa, alla tua comunità. Gente buona. Gente perbene. Gente generosa, dal cuore immenso. Gente di Palermo. Perché Brancaccio è Palermo, anche se qualcuno, ogni tanto, lo dimentica.

Eri un valoroso figlio del popolo, Maurizio. Nell’abbracciarti, ora che batte l’istante del commiato, mi viene in mente un libro scritto dal grande Pino Leto, pugile, palermitano indomito, che lì raccontò la sua vita difficilissima, pure lui da figlio del popolo.

Quel libro si intitola: “Amare Palermo amara”. Quanto è complicato, alle volte. Ma anche tu, carissimo Maurizio, ci hai insegnato ad amare Palermo, con tutte le sue amarezze. Tu l’hai amata e non ti sei arreso, fino all’ultimo respiro.

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25 Dicembre 2024, 11:27

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