“Caro nonnino, ti scrivo per…” | Ma Giovannino non c’è più

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16 Aprile 2020, 17:29

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Ora che non stanno più sulle panchine dei giardini e nemmeno nel cuore delle case che li ospitavano, i vecchi sono ancora più soli e più fragili. Soli perché, per esempio, lontani, anche quando il personale che li accoglie nelle comunità alloggio è amorevole e attento.

“Abbiamo capito subito che i vecchietti delle case di riposo avrebbero pagato moltissimo il flagello del Coronavirus”, dice Renzo Messina della comunità di Sant’Egidio. Così i volontari che prima andavano a trovarli hanno scovato una nuova formula di vicinanza: mandano lettere. Caro nonno, ti scrivo. E sono messaggi affettuosi, che chiedono informazioni, che certificano l’attenzione, cioè ancora l’esistenza in vita.

Renzo racconta. “Soprattutto siamo in contatto con due comunità al Capo e all’Uditore. E poi telefoniamo: come sta tuo figlio? Come sta tua figlia? E loro sono felici. Qualcuno si mette pure a piangere. Si sentono pensati e forse per questo meno soli. Anche quando qualcuno non c’è più, si viene a sapere. Non se ne va nell’anonimato”.

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Come Giovannino che non ha risposto alla sua letterina di auguri pasquali perché nel frattempo aveva chiuso gli occhi in pace. “Sedia sediola, oggi si vola…”.

 

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16 Aprile 2020, 17:29

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