Caro Presidente, ecco | la storia di Francesco

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26 Luglio 2011, 18:35

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Gentile Presidente Napolitano, sono un cronista di Palermo. Le scrivo per conto di Antonella Laurendino, compagna del detenuto Francesco Cardella. La signora sta male e pensa che un giornalista sia più bravo con consonanti e vocali. Così ci ha concesso il mandato della narrazione per interposta persona. Tecnicamente, sarà anche vero. In concreto, non ritengo di potere raccontare la storia di Francesco e Antonella con la stessa intensità dei protagonisti. Non posso ricopiare qui gli occhi di Antonella, né la barba allungata e il volto scavato di Francesco. Le mie parole sono un calco fragile, il rimbalzo di un dolore troppo grande. Tuttavia, siamo sicuri che Lei saprà guardare oltre. Non soltanto perché ricopre la carica di Garante della giustizia e dell’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Soprattutto, perché lei è Giorgio Napolitano, un Uomo delle Istituzioni che ha saputo farsi ben volere in un momento di crisi. Non stiamo imbracciando il violino, Presidente. Non abbiamo mai ceduto alla lusinga delle lusinghe. Crediamo, nel nostro piccolo, di rappresentare i fatti.

Cosa vorrebbe scriverLe Antonella Laurendino? Le racconterebbe la trama tragica di un giorno di viaggio. Una famiglia siciliana che attraversa lo Stretto per andare a riabbracciare un padre e un marito detenuto a Paola, vicino Cosenza. Ci sono due bambine, Lucia e Patrizia, le figlie di Antonella e Francesco. Il colloquio atteso non si svolgerà mai per un disguido burocratico. La famiglia si rimette in macchina alla volta di Palermo ed è coinvolta in un incidente. Muoiono, tra gli altri, Lucia e Patrizia. Antonella Laurendino è l’unica sopravvissuta. E’ accaduto nel giugno scorso. Siamo alla fine di luglio. Antonella è immobilizzata in una sedia a rotelle. Entra ed esce dall’ospedale per cure pesanti e continue. Francesco è ancora a Paola. Vorrebbe un trasferimento in carcere a Palermo che non è mai arrivato. E’ stato condannato a un anno e quattro mesi per spaccio. Gli restano gli ultimi tre mesi di pena. Ha tentato il suicidio – racconta la compagna – è stato in isolamento. Vive la tremenda solitudine di padre straziato, lontano da casa.

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La sua famiglia non chiede la scarcerazione. Implora appena che sia trasferito in un istituto penitenziario palermitano, per potere ricevere le visite e il conforto dei suoi cari. Il quotidiano online Livesicilia ha lanciato un appello a riguardo. E’ nostro compito di cronisti dare voce a chi non ha. Ora, scriviamo a Lei, Presidente, in attesa di un suo garbato cenno. Ancora un’avvertenza sulla lettera.  Le parole appartengono alla tastiera di un giornalista. Il cuore e gli occhi sono di Antonella Laurendino.

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26 Luglio 2011, 18:35

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