Cartucce e colla, minacce ad Agrigento

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30 Novembre 2009, 12:27

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“Il racket delle estorsioni ha rialzato la testa: imprenditori, commercianti ed operatori turistici collaborate e denunciate”. E’ questo l’appello forte lanciato dal questore di Agrigento Girolamo Di Fazio che invita i soggetti economici a rompere la cortina di silenzio dietro la quale sempre più spesso si trincerano le vittime di estorsione. Ad innescare il monito di Di Fazio è stato l’ultimo episodio, in ordine di tempo, di intimidazione di stampo tipicamente mafioso nella zona. Gli uomini del pizzo hanno scelto come bersaglio delle loro “attenzioni” l’azienda dei fratelli Mancuso che produce gelati e cibi preconfezionati venduti anche oltre i confini italiani. I fratelli Mancuso, Antonio, Salvatore e Rosario, che da un piccolo laboratorio artigianale sono riusciti a costruire un marchio famoso e di successo (“Sicily food”), sabato mattina all’ingresso della loro sede di Grotte, centro poco distante da Agrigento, si sono imbattuti nella spiacevole sorpresa: una busta di plastica contenente 5 cartucce di pistola calibro 40 adagiata sopra il citofono dei loro uffici e le serrature di tutte le porte bloccate dalla colla Attak. Non è la prima volta che imprese della provincia agrigentina subiscono intimidazioni e pressioni per il pagamento del “pizzo”, ma questa volta le modalità sono, per certi versi, inedite: è la prima volta, infatti, che per bloccare gli ingranaggi di apertura delle porte, gli estortori utilizzano la potente colla Attak. Un salto di qualità nei metodi di intimidazione dell’ “industria del racket” che preoccupa imprenditori ed inquirenti. Agli investigatori che li hanno interrogati  dopo la presentazione  della denuncia, i fratelli Mancuso hanno dichiarato di “non aver mai avuto problemi di nessun genere durante la loro attività commerciale”, ed anzi, dopo aver saputo della dedica fatta dal presidente dell’Akragas calcio Gioacchino Sferrazza ad un presunto boss dell’agrigentino hanno provveduto a revocare la concessione dello sponsor alla compagine calcistica. Sempre in provincia di Agrigento venerdì scorso, intanto, è stato arrestato un imprenditore, Marco Vinti, accusato dagli inquirenti di “aver messo la sua azienda a disposizione del clan di Cattolica Eraclea consentendo ai boss di aggiudicarsi lavori appetitosi, come la costruzione di un acquedotto”. A causa di queste accuse Vinti sarà espulso da Confindustria- come dichiarato dal numero uno dell’associazione degli industriali di Agrigento Giuseppe Catanzaro- in ossequio “al codice etico” approvato per “confermare la linea di scontro alla cultura delle collusioni” portata avanti da Confindustria Sicilia. E sembra sposare in pieno la decisione confindustriale, il questore Di Fazio che ha sottolineato “la rivoluzione culturale avviata dagli industriali siciliani supportati da uno Stato che ha deciso di non abbandonare chi si schiera dalla parte della legalità”. Secondo Catanzaro, invece, l’unica possibilità di “vincere la pressione mafiosa, ponendo le basi per un maggiore sviluppo e lavoro, è quella di collaborare con lo Stato”. Una piena sinergia e condivisione di intenti tra forze dell’ordine, magistratura ed imprenditori, dunque, che cercano così di allentare la morsa mafiosa sull’economia del territorio, sempre al centro degli interessi illeciti delle cosche siciliane. “Purtoppo riceviamo ancore poche denunce di estorsione subita”, ha però denunciato il questore di Agrigento, segno che ancora non tutti hanno deciso da che parte stare in questa battaglia per la legalità e lo svuluppo. La paura, infatti, continua ad imperversare e molti preferiscono “pagare, piuttosto che ribellarsi e rompere con il passato”, ha concluso Di Fazio.

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30 Novembre 2009, 12:27

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