15 Luglio 2024, 05:01
4 min di lettura
CATANIA – Alloggi sempre più cari e sempre meno disponibili. A Catania la fame di casa non si placa mentre la città in parte si trasforma: in particolare dopo la pandemia, sono tantissimi gli edifici costruiti ex novo o, nella maggior parte dei casi, su altri immobili demoliti, in varie parti della città.
Fronte mare o in pieno centro, al posto di villette disabitate o di bassi e palazzetti di appena pochi piani: la morfologia urbanistica sta velocemente cambiando – senza una programmazione, come logico in una città il cui Piano regolatore è fermo agli anni Sessanta – si costruiscono nuovi palazzi, appartamenti e case, eppure la richiesta di alloggi per chi ha redditi bassi resta.
Una situazione denunciata la scorsa settimana con la presentazione di “Nientecasa.it”, un’agenzia per non trovare alloggio, a meno di non essere più che benestante o avere capitali per investire nell’ambito dell’accoglienza turistica.
Una provocazione per raccontare cosa sta avvenendo in città per quanto riguarda la situazione abitativa, dove la differenza tra abitare e sopravvivere è oltremodo evidente. E drammatica per chi fa fatica a mettere insieme il pranzo con la cena, per le famiglie monoreddito, per i migranti e per un’infinita mole di persone, per cui la casa resta un miraggio.
“È un’iniziativa – spiegano gli organizzatori – volta a denunciare il disagio abitativo e la negazione del diritto alla casa e alla residenza. La creazione di una finta agenzia immobiliare è un modo per svelare il problema dell’abitare nella nostra città.
Con questa provocazione – proseguono – come associazioni e cittadine, vogliamo raccontare cosa significa abitare nella nostra città, quanto è difficile ottenere un contratto di affitto, quali storture e discriminazioni cancellano il diritto alla casa. L’ambizione è di costruire, insieme, proposte concrete per cambiare le cose”.
La scelta del luogo, il cantiere del palazzo in fase di costruzione a Ognina – grattacielo lo chiamano, ma avrà solo 13 piani fuori terra, che spicca eccome su un tessuto urbano fatto di case terrane o di pochi piani – super appartamenti vista mare nel borgo marinaro attorniato dalle baracche non è casuale.
Ma non vuole essere un’accusa. “Ci teniamo a precisare che la nostra non è una denuncia a chi vuole promuovere edifici sostenibili e innovativi – spiega Carla Barbanti, di Trame di Quartiere – ma mostrare una contraddizione rispetto al luogo in cui viviamo: mentre si sta costruendo un edificio come questo, dall’altro lato c’è un edificio abbandonato, con un giaciglio all’interno che evidenzia il fatto che qualcuno lì abita.
Questa città non tutela ma alimenta la sperequazione tra chi sta bene e chi sta sempre peggio. Per questo chiediamo alle istituzioni provvedano alle tutele per chi ha meno possibilità di altri”. I numeri del disagio
L’iniziativa portata avanti da Trame di Quartiere, Arci Catania e Centro Astalli, nell’ambito del progetto HO.P.E., sostenuto da Fondazione con il Sud e ActionAid Italia, trova riscontro nei numeri forniti dal Sunia, il sindacato degli inquilini della Cgil.
“Numeri che da soli descrivono il disagio abitativo”, afferma la segretaria provinciale Agata Palazzolo: sono 6.000 i nuclei familiari inseriti nelle ultime 3 graduatorie definitive pubblicate nel 2022. Si tratta di sfrattati – a causa della morosità e del disagio socio economico.
D’altronde, sempre stando al Sunia, sono 3.000 in media negli ultimi 5 anni, gli sfratti eseguiti e avviati. “Le richieste di esecuzioni nel 2022 rispetto al 2021 sono aumentate del 334% – sottolinea Palazzolo – e quelli emessi sono aumentati del 321%”.
Una fotografia netta di quel che è la fame di alloggi a Catania dove, nonostante la maggior parte della popolazione abbia casa di proprietà, resta un’alta percentuale di persone che non hanno e non trovano dove stare.
“Il 90% degli sfratti sono dovuti a morosità incolpevole in seguito a mancanza o a riduzione di reddito – prosegue Palazzolo. Si stima che siano 15.000 le famiglie interessate dall’emergenza abitativa a causa delle difficoltà a pagare il canone di locazione e le spese delle utenze legate alla casa, o perché abitanti in case vetuste, antigieniche o in coabitazione e quindi in sovraffollamento”.
Le case popolari o di edilizia pubblica non sono sufficienti, nella maggioranza dei casi sono in periferia e si trovano in condizioni inadeguate.
“I 7.000 alloggi di erp di proprietà del Comune e dell’IACP sono dislocati nelle periferie e realizzati nella maggioranza dei casi da oltre 30 anni – aggiunge: oggi sono in pessime condizioni per mancanza di interventi di manutenzione ed comunque altamente energivori”
In ogni caso, i costi sono alti: si parla di un canone che va dai 400 ai 700 euro mensili in media per un alloggio di circa 80 mq, di fronte a un reddito medio che si aggira tra gli 800 e i 1.300 euro al mese. “Insomma, il canone dell’affitto incide sul reddito per una percentuale che va dal 30% al 50%.
E se il 74% dei residenti a Catania ha una casa in proprietà – continua – sono 51.000 le abitazioni sfitte o utilizzate parzialmente in base all’ultimo censimento ISTAT e molte quelle che hanno bisogno di interventi strutturali e non possono essere locate. Altre poi, non vengono locate per timore che poi l’inquilino non possa più pagare l’affitto”.
Infine l’impatto dell’accoglienza turistica e degli affitti brevi che sta incidendo sul mercato in modo netto anche se ancora limitato: ben il 10% del patrimonio immobiliare privato è utilizzato ai fini turistici. “Ma il fenomeno è in espansione – conclude Palazzolo – soprattutto al centro, con un notevole spopolamento degli abitanti”.
Pubblicato il
15 Luglio 2024, 05:01