09 Ottobre 2016, 20:30
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Casini, D’Alia, D’Onofrio, Pistorio, Forzese, Miccichè (Gianluca, ndr), Turano, tutti lì da padroni di casa in una sala gremita fin già dal cortile. E sebbene il già presidente della Camera Casini, al momento in lite netta per il simbolo con suo ex alter ego Lorenzo Cesa dica di“ non essere qui per parlare del partito. Mi interessa il referendum e non l’Udc” quello che spara dal palco di Catania è un vero e proprio siluro per il presidente Rosario Crocetta perché “la ricreazione è finita – dice Casini – parte ufficialmente la marcia dei moderati che hanno deciso di non andare con ciò che non esiste più. Tutti adesso devono capire e riconoscere il ruolo dei moderati e dei centristi”. E attenzione, nonostante ieri mai si sia fatto esplicito riferimento a una futura discesa in campo “diretta” di un uomo di centro il messaggio, lanciato agli alleati tutti in prima fila, era chiaro: siamo qui perché contiamo e “al netto dei problemi di Crocetta e dei partiti è chiaro che questi devono adesso dare un contributo in termini strategici nel rapporto con la coalizione”. Presenti in sala, da ospiti, tutti i nomi che contano e che sono, con le dovute differenze, i big dell’area di centrosinistra, da Enzo Bianco a Davide Faraone, da Giuseppe Lupo a Fausto Raciti, da Giuseppe Berretta a Salvo Andò, da Nino D’Asero a Carmelo Lo Monte, da Pino Firrarello, infine, a Giuseppe Castiglione. Tra gli interventi l’unico sferzante è quello del vice segretario regionale dell’Udc Marco Forzese che lamenta “la non energica azione di governo di Crocetta, che non solo non brilla per efficienza, ma non ha intenzione di fare un minimo di riflessione con gli alleati” e per questo invita il governatore “a un passo indietro” affinchè “si metta mano ai problemi veri come rifiuti, sanità, agricoltura”. Per il resto a parlare dal palco ci sono l’assessore ai lavori pubblici Giovanni Pistorio che pur rimanendo distante dai problemi politici e di alleanza chiede “al Pd di non chiudersi nell’arroganza della propria autosufficienza” anche se sottolinea, e non è un caso, che “la scelta che abbiamo fatto è quella di parlare a un area politica più larga di quella dell’Udc. L’area di centro, moderata e liberale che oggi non è ancora una formazione politica ma lo diventerà a breve” perché, ribadisce “senza di noi il partito democratico non vince”. Vola alto, infine (e non a caso), il discorso del presidente nazionale dell’Udc Giampiero D’Alia che lamenta “il vecchio metodo della politica di cooptare gente a volte improbabile” e “che in tema di riforme costituzionali se siamo qui ancora a parlarci è perché dobbiamo far capire alla nostra gente che nella scelta di appoggiare il sì al referendum non c’è convenienza ma la reale intenzione di cambiare le cose. Perché – precisa – se qualcuno teme che la nostra autonomia siciliana ne uscirà penalizzata noi siamo invece qui pronti ad aprire un cantiere di riforma del nostro Statuto”.
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09 Ottobre 2016, 20:30