02 Dicembre 2015, 18:49
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CATANIA – La Commissione regionale antimafia ha approvato stamane all’unanimità la Relazione conclusiva sul Cara di Mineo. Lo ha reso noto il presidente Nello Musumeci, aggiungendo che il testo è stato trasmesso, come prevede il regolamento interno, al presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone ed alla presidente dell’Antimafia nazionale Rosy Bindi. “I colleghi commissari hanno dato prova di grande senso di responsabilità – ha detto Musumeci – per la passione e l’equilibrio con cui hanno lavorato in questi mesi. Credo sia la prima volta dopo tanti anni che la nostra Commissione arrivi ad un voto finale su una propria indagine”. “Sia chiaro – ha precisato – noi ci occupiamo solo di responsabilità politiche ed amministrative, essendo quelle penali e contabili di competenza della magistratura. Ma sul Cara di Mineo abbiamo acceso i riflettori già nel febbraio dello scorso anno, molto prima, cioè, che scoppiasse lo scandalo di ‘Mafia Capitale’, segno evidente che la buona politica, quando vuole, riesce ad arrivare prima delle Procure. Come è giusto che sia”. “Tutto questo – ha continuato Musumeci – va a merito dei colleghi della Commissione, espressione di tutti gli schieramenti politici, e del relatore Girolamo Fazio, che ha coordinato l’apposito Gruppo di lavoro. Nei prossimi giorni inoltreremo la relazione anche alle Procure di Roma, Catania e Caltagirone, che conducono, per aspetti diversi, le indagini sulla megastruttura della provincia di Mineo preposta all’accoglienza dei migranti”.
“La Commissione ha accertato livelli di responsabilità politica che hanno coinvolto la Regione Siciliana, che ha rinunciato a svolgere un ruolo attivo attraverso la Protezione civile”. Lo scrive la commissione regionale antimafia nella relazione conclusiva sul Cara di Mineo approvata all’unanimità. Nella relazione si stigmatizza “la scelta di coinvolgere Odevaine nella compagine del Cara”, quella di “non intervenire dopo i fatti di Mafia Capitale e dopo il parere dell’Anac sulla gara per la gestione del Cara”. La commissione critica inoltre “i sindaci aderenti al consorzio, che hanno rinunciato a ogni diritto di soci per piegarsi a logiche politiche e subire il condizionamento del sistema imprenditoriale e cooperativo, il sindaco di Mineo, che è apparso subire analogo condizionamento, con l’aggravante di essere presidente dell’Ente, da parte di Paolo Ragusa, vero e proprio ‘cosindaco’ della cittadina e incontrastato regista nella gestione delle risorse umane”. “Nel Calatino – scrive ancora la commissione regionale antimafia – si è determinato una sorta di sodalizio fra un onnivoro sistema imprenditoriale e una parte della rappresentanza politico-istituzionale. Con una specifica caratteristica: mentre di solito è il sistema delle imprese che si pone al servizio della politica, qui è accaduto che la politica (o almeno una parte di quel ceto) si è posta in una condizione di subordinazione rispetto al perno sul quale si è mosso tale perverso sistema di monopolio nella erogazione di servizi”.
“L’attività conoscitiva svolta dalla Commissione ha confermato la esistenza di un ‘filo rosso’ che unisce le vicende del Cara e dei Centri Sprar dell’area Calatina ad ambienti politici ed istituzionali della Capitale”. Lo scrive nella relazione sul cara di Mineo la commissione regionale antimafia, che, parlando della Regione, “stigmatizza la scelta irresponsabile operata, nella grave fase della emergenza, di rinunciare alla gestione del Cara attraverso la Protezione civile regionale”. “Una Regione che rivendica la propria autonomia politica – scrive – avrebbe dovuto giocare in prima persona la partita ed invece ha rinunciato a giocare qualsiasi ruolo in materia di immigrazione”. Per la commissione inoltre “quello di Castiglione è apparso un ruolo meramente politico, tanto nell’avvio e nella gestione del Cara nella fase emergenziale, quanto nel passaggio alla fase successiva. La scelta di optare per la istituzione di un Consorzio tra Comuni, benché verosimilmente suggerita da Luca Odevaine (peraltro in una fase nella quale sullo stesso non incombeva alcuna indagine penale ed era da tutti ritenuto un valido “tecnico” di area PD), sembra aver trovato in Castiglione un convinto sostenitore”. Per la commissione antimafia inoltre Odevaine “è stato l’ispiratore della costituzione del Consorzio dei comuni ed è rimasto, dal 2011 al 2014, l’uomo-chiave del Cara di Mineo per l’accesso alle Amministrazioni centrali, il referente nei rapporti con le forze politiche che si sono avvicendate nel Governo del Paese e con le grandi imprese di erogazione di servizi”. Per la commissione inoltre “i sindaci del Calatino che hanno aderito al Consorzio sono apparsi in gran parte figure marginali, chiamati a condividere un sistema dell’accoglienza del quale sono diventati solo ingranaggio, in cambio di piccoli interventi da parte del Consorzio consistenti nell’assunzione di operatori dei rispettivi Comuni e nella elargizione di modesti contributi finanziari solo apparentemente finalizzati a supportare non meglio definiti ‘progetti di integrazione’ dei migranti, ma che di fatto nulla hanno a che vedere con i metodi integrativi”.
Davanti all’Antimafia, poi, è arrivato l’allarme del procuratore capo di Caltagirone Giuseppe Verzera: “…alcune settimane fa sono sbarcati a Messina 400 migranti, di cui 200 sono stati mandati al Cara di Mineo, senza essere stati identificati. E l’indomani mattina sono scomparsi. Che ci siano, quindi, molti di questi soggetti in giro è certo; che siano gestiti da qualche organizzazione è oltremodo fondato. Lo stesso magistrato – conclude la commissione – ha inoltre evidenziato in quella occasione “le difficoltà non indifferenti che la gestione del Cara comporta a livello di ordine pubblico”.
Non solo: “Dalle audizioni è emerso il tentativo dei politici locali di ritagliarsi un ruolo nelle assunzioni, segnalando personale (persino familiari) spesso privo dei requisiti professionali necessari allo svolgimento dei delicati compiti ai quali sono chiamati”. Lo scrive la commissione regionale antimafia nella relazione sul Cara di Mineo approvata oggi. “Due distinte fasi – scrive la commissione – hanno caratterizzato il reclutamento del personale al Cara di Mineo: la prima, quella dell’avvio e dei contratti a tempo indeterminato; la seconda, quella del Consorzio tra i Comuni, con un organico quasi al completo e con le nuove assunzioni spesso a tempo determinato perché legate al variare del numero degli ospiti presenti all’interno della struttura”(ansa)
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