“Caso Lembo, la mia condotta | è stata ineccepibile”

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21 Giugno 2012, 18:18

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In relazione all’articolo pubblicato in data 15 giugno 2012 ritengo opportuno fornire i seguenti chiarimenti anche alla luce delle risultanze della relazione di consulenza medico – legale disposta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo:

Nei mesi che sono seguiti alla tragica morte della Sig.ra Lembo, lo scrivente ha sempre scelto di assistere, quale mero spettatore, alla gogna mediatica nei propri confronti innanzitutto per rispetto del dolore e della tragedia di tutti i familiari della sig.ra Lembo nonché per rispetto dell’attività di indagine posta in essere dalla competente Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo. Tuttavia, contrariamente a quanto letto sugli organi di stampa e, peggio, dai commenti di alcuni autorevoli Colleghi, la su detta relazione di consulenza tecnica, invero, restituisce dignità e rispetto all’operato dello scrivente pur in presenza di un tragico evento quale quello verificatosi.

Dal contenuto della stessa, infatti, risulta, chiaramente, come ineccepibile sia stato da parte del sottoscritto l’inquadramento della patologia da cui era affetta la Sig.ra Lembo che per ben tre volte, prima del trattamento chemioterapico del 7 dicembre 2011, veniva trattata correttamente e secondo i più accreditati e sicuri protocolli terapeutici a disposizione. Si legge, infatti, nel corpo della relazione che “la diagnosi di linfoma di Hodgkin è stata formulata in maniera corretta e circostanziata, così come le procedure di stadiazione sono state rispettate e condotte secondo gli standard internazionali”.

Dal contenuto dell’elaborato emerge, altresì, come anche le cure prestate, quando si ebbe il sospetto e poi la certezza dell’errore di somministrazione della vimblastina, fossero le uniche che potevano applicarsi. Al riguardo, gli stessi consulenti della Procura sottolineano come “la condotta professionale dei Sanitari che ebbero in cura la Lembo… non è da considerarsi oggetto di censura, sia nell’ambito della discrezionalità diagnostica che delle relative scelte terapeutiche adoperate, con sanitari che si sono sempre adoperati nel contrastare gli effetti da tossicità sistemica del farmaco vinblastina.”

Inoltre e sempre dalla stessa relazione emerge che mai al sottoscritto sia stato sottoposto in visione il foglio di terapia con il macroscopico errore di trascrizione. Lo scrivente intende precisare che quella mattina (7 dicembre 2012), prima di allontanarsi dal reparto per svolgere il proprio dovere istituzionale poiché impegnato in Consiglio di Facoltà, ottemperava pienamente alle proprie funzioni di Tutor. Procedeva alla riunione quotidiana con il proprio gruppo e predisponeva il programma ordinario giornaliero, incardinato (anche per quanto riguarda la sig.ra Lembo) su un rigido schema terapeutico, scientificamente accertato e ben appuntato tanto sul frontespizio della relativa cartella clinica quanto nella diaria clinica alla quale occorreva scrupolosamente attenersi.

In particolare, mai lo scrivente ebbe a discostarsi dai precetti della normativa nazionale e regionale sugli specializzandi: nessuno specializzando è stato mai lasciato da solo in reparto. Al riguardo, non può e non deve farsi confusione tra la figura del tutor accademico e quella del tutor di reparto. Suscitano meraviglia, ove fossero vere, le dichiarazioni del Preside della Facoltà medica secondo cui “quanto accaduto è riferibile ad un gruppo che si muoveva in autonomia … ”. E’ notorio, a tal proposito, che il protocollo della Regione Sicilia, in linea con il D.Lgs. 368/99, specifica chiaramente che l’attività dello specializzando, con autonomia vincolata, “dovrà avvenire in presenza di almeno un dirigente medico strutturato divisionale/interdivisionale e/o interdipartimentale, in funzione del livello di intensità e complessità di cura.” Ciò proprio alla luce della circostanza che rientrano a pieno nelle facoltà e nei compiti/doveri del medico specializzando le attività rivolte a pazienti già valutati da un medico strutturato o seguiti dalla struttura secondo definiti percorsi diagnostici e terapeutici.

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Non può e non deve sfuggire, pertanto, come la norma regionale faccia esclusivo riferimento alla figura del dirigente medico strutturato e non al tutor. A ciò aggiungasi che la mattina del 7 dicembre 2011, dopo le consegne, la paziente venne affidata, tra l’altro, a specialista in oncologia (la Dott.ssa Laura Di Noto) che da oltre due anni frequentava il reparto in qualità (oltre che di specializzanda in patologia clinica) proprio di medico interno volontario già specializzato in oncologia medica, peraltro regolarmente autorizzato a prestare la sua assistenza. Senza trascurare, poi, che contestualmente erano presenti in reparto idonee figure di appoggio per gli specializzandi.

Quanto, poi, al ruolo ricoperto dal sottoscritto si precisa che, contrariamente a quanto riportato dagli organi di stampa, all’epoca dei fatti, lo scrivente non rivestiva affatto la carica di Primario né il reparto, per quanto a conoscenza del sottoscritto, nel periodo intercorrente tra il 18 novembre ed il 15 dicembre 2011 aveva un Primario facente funzioni. In ordine, infine, alle contestazioni mosse allo scrivente e cristallizzate con l’avviso di conclusione delle indagini preliminari emesso dai Sostituti Procuratori titolari delle indagini, il sottoscritto intende precisare che allo stesso non è stata contestata alcuna ipotesi di falso in relazione alla trascrizione di prescrizioni interne che sarebbero state effettuate presso il reparto di Oncologia.

In definitiva nonostante il pensiero di chi scrive (a far data dal 7 dicembre u.s.) sia solo per la tragedia della sig.ra Lembo e dei suoi familiari non è, tuttavia, accettabile creare un capro espiatorio dipingendo una realtà distorta della storia professionale ed umana del sottoscritto.

 Prof. Sergio Palmeri

 

 

Pubblicato il

21 Giugno 2012, 18:18

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