06 Novembre 2018, 10:48
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PALERMO – I palermitani hanno salutato per l’ultima volta le nove vittime della tragedia di Casteldaccia. Nel giorno del lutto cittadino, i funerali si sono svolti in Cattedrale: in corso Vittorio Emanuele i negozianti hanno abbassato le saracinesche, la banda ha accompagnato l’entrata e l’uscita dei feretri in chiesa. Il corteo funebre, stamattina, è partito dalla parrocchia Madonna di Lourdes di piazza Ingastone ed ha percorso le strade della Zisa, il quartiere in cui erano originarie le vittime, con una breve sosta in via Costantino Lascaris, dove si trovano l’officina e la rivendita moto di Giuseppe Giordano, uno dei quattro sopravvissuti alla strage del maltempo di sabato notte.
Una volta giunte in Cattedrale, le bare sono state accolte dagli applausi. A fare per prime ingresso in chiesa, quelle di Stefania Catanzaro e dei suoi figli, la piccola Rachele di un anno e Federico, che aveva soltanto 15 anni ed è stato travolto dall’acqua mentre tentava di mettere in salvo la sorellina. Il feretro del ragazzo è stato sollevato dai familiari: “Federico, Federico”, hanno urlato in coro, “Sarai per sempre il nostro piccolo eroe”. La messa è stata celebrata da monsignore Giuseppe Oliveri, vicario generale di Palermo, a concelebrare monsignor Filippo Sarullo, parroco della Cattedrale.
Giuseppe Giordano, Alessandro Catanzaro, Luca Rughoo e la piccola Asia sono rimasti seduti in ginocchio vicino ai feretri. Giordano, in lacrime, ha abbracciato quello della moglie, dei suoi figli. “La morte è sempre dolorosa – ha detto monsignor Oliveri durante la sua omelia – specie quando ci priva di persone che erano parte della nostra stessa vita e bisogna rendere giustizia a chi non c’è più, senza polemiche o rimpallo di responsabilità. Siamo qui per manifestare a questa famiglia tutta la nostra solidarietà, per riaffermare la nostra fede nella resurrezione. La preghiera soltanto può confortare l’anima esasperata. Speriamo nel conforto del nostro cuore e nell’insegnamento, comunque, dato purtroppo da questa tragedia. Vogliamo credere che queste nostre sorelle e i nostri fratelli siano adesso oltre la porta della vita eterna. Il Signore li accoglierà nella sua dimora. Noi che siamo ancora pellegrini nella terra, dobbiamo avere la fede, pregare per questi nostri defunti”.
Poi la lettura del messaggio dell’arcivescovo Corrado Lorefice, che non si trovava a Palermo, ma ha voluto ugualmente far sentire la propria presenza ai familiari delle vittime. I funerali si sono conclusi tra le lacrime e gli applausi, all’uscita si sono alzati in cielo decine di palloncini bianchi, la musica della banda ha accompagnato l’ultimo viaggio di Stefania, Rachele, Federico, Monia, Marco, Antonino, Nunzia, Matilde e del piccolo Francesco. Le salme saranno trasferite al cimitero dei Cappuccini.
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La diretta della cerimonia
13.01. Con l’uscita dei 9 feretri dalla cattedrale di Palermo, stracolma di gente, si sono conclusi i funerali delle nove vittime dell’alluvione di Casteldaccia. Palloncini bianchi sono stati liberati in aria mentre venivano portate fuori le bare dei tre bambini morti nella piena del fiume Milicia: la più piccola, Rachele, aveva solo un anno. Alla cerimonia officiata dal vicario generale del vescovo, Giuseppe Oliveri, che ha chiesto verità e giustizia per le vittime, hanno partecipato i sindaci di Palermo e Bagheria e il presidente della Regione Nello Musumeci. Grande commozione dei familiari delle vittime che si sono chinati a baciare le bare: diverse persone sono state colte da malore e sono dovuti intervenire i medico dell’Asl. Ancora sotto shock Giuseppe Giordano che nella tragedia ha perso la moglie, due figli e i genitori.
12.18. La messa è terminata, i feretri stanno lasciando la chiesa tra gli applausi. Fuori dalla cattedrale c’è tutta la città.
12.07. In Cattedrale è il momento della Comunione. Giuseppe Giordano, sorretto da due parenti, si è avvicinato all’altare in lacrime. Alessandro Catanzaro, fratello di Stefania, morta insieme alla sua bimba di un anno e il figlio Federico di 15, è seduto accanto alla bara della sorella. Le lacrime si alternano agli abbracci con familiari.
11.37. Una delle familiari delle 9 vittime dell’alluvione di Casteldaccia si è sentita male ed è svenuta prima dell’inizio dei funerali nella cattedrale a Palermo. La chiesa è gremita e per la calca ci sono stati anche momenti di tensione. I partecipanti vengono invitati a mantenere la distanza dalle bare e dai parenti delle persone decedute. Sulla bara bianca della piccola Rachele, la più giovane delle vittime morta a un anno di età, sono stati sistemati dei peluche. Sotto è stata messa una foto della bambina con scritto: “Nessuno muore sulla Terra finché vive nel cuore di chi resta”. In cattedrale c’è il sindaco di Palermo Leoluca Orlando che tenta di consolare i familiari delle vittime.
11.33. Ancora l’omelia: “Vogliamo credere che queste nostre sorelle e i nostri fratelli siano adesso oltre la porta della vita eterna. Il Signore li accoglierà nella sua dimora. Noi che siamo ancora pellegrini nella terra, dobbiamo avere la fede, pregare per questi nostri defunti”.
11.29. La morte è sempre dolorosa, specie quando ci priva di persone che erano parte della nostra stessa vita – dice monsignor Oliveri durante la sua omelia – e bisogna rendere giustizia a chi non c’è più, senza polemiche o rimpallo di responsabilità. Siamo qui per manifestare a questa famiglia tutta la nostra solidarietà, per riaffermare la nostra fede nella resurrezione. La preghiera soltanto può confortare l’anima esasperata. Speriamo nel conforto del nostro cuore e nell’insegnamento, comunque, dato purtroppo da questa tragedia”.
11.28. In prima fila i familiari delle vittime.”Siamo ancora tutti sgomenti. Lo sono ancora di più i familiari e gli amici, a cui ci stringiamo. Il nostro arcivescovo ha mandato un messaggio, tutta la Chiesa è con le vittime di questa tragedia. Un pensiero di umana solidarietà lo rivolgiamo al dottore Giuseppe Liotta, di cui si sono perse le tracce”, dice monsignor Oliveri.
11.20. Messaggio dell’Arcivescovo Corrado Lorefice per le esequie delle vittime dell’esondazione del Fiume Milicia a Casteldaccia Cattedrale di Palermo: “Care Sorelle, Cari Fratelli, mi trovo lontano da Palermo, ma sento l’urgenza di far giungere a voi la mia voce in un momento di dolore così forte e lacerante. Di fronte alla morte innocente e allo strazio di chi resta non possiamo che levare lo sguardo verso il nostro Signore. Egli non offrì mai spiegazioni alle tragedie umane, ma si fece carico, con una commozione intensa, dei nostri smarrimenti e dei nostri lutti. Poniamo la sua figura davanti ai nostri occhi e contempliamolo sulla via di Nain, quando fremette interiormente – come ci racconta l’evangelista Luca (7, 11-17) – di fronte al funerale dell’unico figlio di una madre già vedova. Possiamo immaginare il grido di quella donna che risuona ancora oggi e che tocca nelle viscere me, vostro pastore, e tutta la comunità dei credenti in Cristo. Osserviamo però al contempo anche il gesto di Gesù che, vedendo quel dolore, risuscitò il ragazzo e lo riconsegnò a sua madre. Questo gesto è per tutti noi fonte di speranza in mezzo alle contraddizioni e alle doglie del parto di questa nostra storia che rimane in attesa di liberazione e di vita piena (cfrRm 8, 22). Per questo insieme alziamo la nostra voce e gridiamo a Gesù, Figlio di Dio e figlio dell’uomo, nostro Fratello e Signore: Gesù di Nazareth, dobbiamo fermarci, non possiamo proseguire oltre, indifferenti, dinnanzi a tanta sofferenza. Dobbiamo ‘sentire’ queste morti, far nostro questo dolore, com-patirlo, portarlo insieme a quanti ora ne sono schiacciati. Dobbiamo cambiare. Tutti. Dobbiamo convertirci. Se non ci convertiremo… (cfr Mt 13, 5). Gesù facci guardare al mondo e agli uomini con i tuoi occhi, con stupore, rispetto, attenzione, amore. Facci abitare la terra da custodi sapienti e da pellegrini impavidi, non da padroni stanziali. Facci avvicinare ad ogni dolore per stendere le mani e toccarlo, assumerlo, fino a sentirlo nelle nostre viscere. Continua tu a narrarci che la tua incarnazione, la tua morte ingiusta – accolta liberamente e per amore – e la tua risurrezione sono la vicinanza di Dio che fa suo il travaglio e il dolore del mondo, il grido delle vittime che attendono riscatto e liberazione, gioia e vita, giustizia e pace. Gesù, Agnello immolato e innalzato, mite e mansueto, tieni desta la nostra attesa. Ma tu non tardare! Vieni presto. Ascolta e vieni, non indugiare! Riscatta per Dio e per i giusti le vittime della storia, perché possano ereditare la terra, finalmente liberata dalle grandi acque del male, della sofferenza e della morte. Amen”.
11.15. La messa è appena cominciata nella Cattedrale di Palermo. A celebrare i funerali monsignore Giuseppe Oliveri, vicario generale di Palermo. Concelebra monsignor Filippo Sarullo, parroco della Cattedrale.
10.55. Applausi e lacrime all’arrivo dei nove feretri. All’ingresso della bara di Federico Giordano, la folla ha urlato il suo nome. “Dobbiamo rendergli onore – dice una zia – il piccolo Federico ha perso la vita a soli 15 anni per salvare la sorellina”. I feretri, su ognuno dei quali si trova una foto, sono stati posizionati davanti all’altare. Giuseppe Giordano, uno dei quattro sopravvissuti che ha perso quasi tutta la famiglia, ha abbracciato le bare della moglie e dei figli, in lacrime.
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