Ascensori, passaggi e tesori: le leggende del Duomo di Catania - Live Sicilia

Ascensori, passaggi e tesori: le leggende del Duomo di Catania

Svela gli arcani della Cattedrale catanese, don Giuseppe Maeli, il viceparroco: "E' pur sempre una costruzione normanna".

CATANIA – Non c’è culto senza mistero e viceversa. E neanche misteri, ma rigorosamente al plurale. Sono inevitabili, infatti, le leggende metropolitane connesse ai palazzi storici della città. Storie e storielle dal vago sapore d’ignoto. Non sfugge a questo destino neanche la basilica cattedrale di Catania. Il cuore pulsante del culto agatino. Ed proprio su Agata e i luoghi che accolgono i suoi resti mortali, che la fantasia di tutti si fa più fervida. LiveSicilia ha passato in rassegna le storie più colorate, e quindi meno fondate, che riguardano la sede della cattedra vescovile, avvalendosi della consulenza di don Giuseppe Maieli: “Molti luoghi non sono facilmente accessibili – esordisce – e siccome la gente è curiosa ci s’immagina chissà che cosa”.

Le leggende più persistenti riguardano, ovviamente, il sacello, il luogo dov’è conservato il busto reliquiario e lo scrigno: “Molti pensano – spiega il viceparroco – che nella cameretta di sant’Agata ci siano sette porte. No, sono semplicemente due. Quella esterna, aperta il 4 febbraio dal capovara assieme agli esponenti del Comune, e poi una seconda porta di ferro. Immediatamente, poi, si arriva alla Santa. In realtà è una stanzetta piccolissima. Se si vuole capirne la grandezza, bisogna andare dall’altro lato della cattedrale. I due lati sono a specchio. A sinistra del santissimo sacramento c’è uno spazio uguale, dove teniamo gli strumenti per l’amplificazione. Sant’Agata, comunque è posta lateralmente nella stanzetta. Non è messa chissà da quale parte. E non c’è neanche alcun fiume sotterraneo che scorre”.

All’interno del sacello non c’è neanche alcun ascensore: “Non si scende e non si sale”, insiste Maieli. “Non c’è dove andare. Entrando, sulla sinistra, c’è una specie di armadio. Ci sono due ante d’argento molto preziose. Sopra c’è il busto reliquiario e sotto lo scrigno. Per estrarli, si entra nella stanzetta con un piccolo carrellino che può essere sollevato fino al busto. Insomma, è un’operazione semplicissima”.

“Non ci sono neanche passaggi segreti”, Maieli sfata un altro bisbiglio leggendario. “Ci sono ovviamente, però, dei percorsi che portano dalla cattedrale al campanile. È pur sempre una basilica normanna. Allora, non si pensava a delle vie ordinate con scale e corridoi a norma come oggi. Certo, percorrerli dà un po’ l’idea del castello, ma non c’è nulla di tetro in tutto ciò. Ce n’è poi un altro, all’interno della cappella della Madonna che ci conduce alla casa del Vescovo. Era ovvio che fosse escogitato un simile sistema. Non si può pensare che il Vescovo, per entrare nella sua chiesa, debba passare dall’esterno. Quindi, un percorso esiste. Ma, anche in questo caso, non c’è nulla di fantasioso. Ci sono semplicemente delle porte che si chiudono e si aprono come in qualsiasi casa. Dovesse piovere, scusando la battuta, il Vescovo arriverebbe asciutto”.

Sotto il pavimento della Cattedrale, come in ogni chiesa immaginata prima delle vicende napoleoniche, vi è una cripta per seppellire i defunti. Secondo alcune leggende metropolitane, vi sarebbero custoditi dei tesori. Nulla di tutto ciò anche in questo caso: “Ci sono soltanto i corpi di alcuni dei nostri vescovi del passato. Ma è tutto chiuso. Sono zone inaccessibili”.

Nelle speranze di Maieli c’è invece che sia resa fruibile al pubblico la parte sottostante il presbiterio: “C’è una tomba o, forse, una cappella. Per accedervi c’è un ingresso, ma normalmente è chiuso. Lo abbiamo dovuto aprire, ultimamente, per verificare la stabilità della base dell’altare in previsione del ponteggio che è stato costruito. Allora ho visto per la prima volta questo monumento. È caratteristico e in più ci dimostra come ci fosse, in epoca precedente alla costruzione della cattedrale, un luogo per il culto dei defunti. Quest’area, quindi, è stata considerata importante sin dalle origini della presenza cristiana a Catania. Sarebbe bello renderlo visitabile. Ma ci vuole tempo, soldi, e, perché no, qualche finanziamento”.


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