Catania capitale della cultura |”Promessa non mantenuta”

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25 Novembre 2016, 14:13

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CATANIA – Una sfida che le istituzioni e la politica sembravano aver accettato. Ma per affrontare la quale poco o nulla pare sia stato fatto. Almeno secondo Andrea Urzì, ispiratore di Facciamo centro, il progetto civico per la valorizzazione della città partendo dal suo centro storico, che ha lanciato la proposta di candidare Catania a Capitale della cultura per il 2020 (LEGGI IL PROGETTO) e che, sei mesi dopo l’incontro di maggio alla Vecchia dogana, lancia un appello al primo cittadino per portare avanti la proposta prima che sia troppo tardi. “La ufficializzi domani al ministro dei Beni culturali e turismo, Dario Franceschini – afferma Urzì. Quale occasione migliore?”.

Cos’è successo? La proposta aveva raccolto l’entusiasmo generale…

Certo. La proposta è stata accolta con favore dalle istituzioni e dai Comuni. Sei mesi dopo, però, nulla si è mosso proprio a livello istituzionale. L’assessore Licandro aveva detto proprio su questo giornale che l’amministrazione comunale non solo ci stava già pensando, ma addirittura da tempo. Questo significa che a supporto ci doveva essere un processo, uno studio, un lavoro. Evidentemente, la dichiarazione era un po’, come dire, gonfiata dal momento che ancora, di questo processo, non c’è alcunché. Per riuscire a vincere la sfida bisogna imitare il modello vincente, cioè Matera Capitale europea della cultura 2019, quindi lavorare subito e coinvolgendo la comunità, la città, stringendo tutti intorno a questa proposta.

Cosa che non è avventuta?

Qualche timido passaggio di avvicinamento, da parte di alcuni amministratori e soprattutto di alcuni membri dello staff del sindaco c’è stato. C’è stato un dialogo. Ma si continua a non applicare il modello manageriale, un modello che produce risultati concreti e soprattutto che ha una visione di lungo periodo ma che si costruisce giorni per giorno.

A che modello fa riferimento, lei che fa l’imprenditore?

Il metodo è la lealtà e la sincerità. Io mi sono presentato alle persone, molte delle quali non conoscevo, e ho detto loro la mia idea di una città che riparte dal centro storico, e per la quale serve una grande sfida di comunità, non solo di amministrazione. Ma occorre, ripeto, occorre un metodo e un percorso, che ci faccia ritrovare lo spirito di comunità, basato su valori positivi.

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Cos’è successo, se qualcosa è successo, in questi mesi?

Avevamo pensato alla candidatura di Catania per il 2020. Cosa che era stata ben accetta dall’amministrazione che, addirittura, avrebbe dovuto annunciare la volontà di partecipare al bando che, non è ancora uscito, ma al quale bisogna partecipare preparati. Una buona occasione sarebbe stata la manifestazione “Il bello dell’Italia”, che si è svolto ai Benedettini a ottobre. Questo non è successo. Ora abbiamo una eccellente opportunità: sabato ci sarà il ministro dei beni culturali e del turismo, Dario Franceschini a Catania. Questa è un’eccellente occasione per prendere questo impegno formalmente. Il sindaco, e qui faccio un appello, colga questa occasione. Presenti questa volontà della città di ambire a una sua elevazione e consenta anche a tutti di stringersi intorno a lui, in un modo che i questi tre anni non c’è stato.

Lei ha studiato il case history di Matera: il vantaggio di aver assegnato il titolo di capitale della cultura qual è?

Ci sono due tipi di output positivi. Uno e certamente economico – Matera, capitale europea della cultura, acquisisce fondi sia dal ministero, che dell’Unione europea per decine di milioni di euro. E questo per un centro che non ha neanche l’aeroporto. Matera possiede solo una biblioteca, come patrimonio culturale, oltre ai sassi, recuperati grazie all’Unesco e all’impostazione della rigenerazione urbana partendo da un bene culturale. Catania non ha solo siti patrimonio UNESCO, ha 3 teatri di pietra nel pieno centro della città, innumerevoli siti greci e romani, ha un teatro lirico di livello mondiale, resti bizantini, l’Etna. La sfida è della città metropolitana e il sindaco la deve cogliere a livello metropolitano. Caltagirone, Acicastello, Aci Trezza, bisogna coinvolgere tutti i luoghi minori che da soli non hanno capacità di attrarre. Altri vantaggi sono per la popolazione perché gli investimenti restano sul territorio. Il motivo vero è che con questa occasione la città avrebbe 365 giorni di attività culturali, pedonalizzazioni, valorizzazione dei teatri, tutto quello che normalmente si fa fatica a portare avanti. Le risorse sono limitate e vanno a chi è credibile, a chi ha un progetto, ma chiarisce a generare indotto positivo. La reputazione del luogo e la consapevolezza sono i vantaggi. E poi gli investimenti sui teatri, sulla ristorazione, sulle imprese, sulle attività ricettive.

C’è una convergenza in questo momento sulla necessità di valorizzare il nostro territorio?

Sì. Da parte di persone che si parlano, che dialogano, che hanno deciso di scommettersi su questo territorio, hanno scelto di rimanere qua. E quindi sanno che il loro giardino lo devono coltivare. Le istituzioni sono fondamentali perché non si può portare avanti il progetto senza l’amministrazione. Se non si capisce l’importanza, se non si è percepito che questa scelta va oltre il termine del mandato, bisogna farlo capire. Abbiamo già chiesto il sostegno di membri autorevoli della comunità, ci sono tanti sindaci della città metropolitana che sarebbero ben lieti di partecipare a un processo così positivo. Io mi appello al sindaco Bianco, amministratore di lungo corso: questa sarebbe una grande eredità da lasciare a noi, e non è solo chi prenderà il suo posto. Faccia qualcosa che lasci il segno. Se farà questa scelta coraggiosa la città si stringerà intorno a lui.

 

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25 Novembre 2016, 14:13

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