Catania e le false promesse | dell’Occidente in un corto

di

29 Giugno 2018, 17:12

3 min di lettura

CATANIA. Le magiche terrazze sul mare di Catania impreziosite dalle voci di Frank Sinatra, Giuni Russo e Mina. I colori della pescheria, “piccola città dentro la città”, tra bancarelle, molluschi e secchiate d’acqua. L’Etna fumante. Il destino della Sicilia che si intreccia magicamente con quello della Turchia. Sono solo alcune delle pennellate che prendono forma in “Il pescatore di Kalkan”, un romanzo epico della moderna globalizzazione scritto da Riccardo Di Salvo e Claudio Marchese. Presentato alla Feltrinelli di Catania, l’opera è da poco diventata fonte d’ispirazione per un cortometraggio, edito dalla “Diblasiproductions”, in fuori concorso al prossimo Festival Internazionale del Cinema di Frontiera di Marzamemi. Protagonista è Zorayr, umile pescatore turco dalla pelle ambrata e dal nome che significa “uomo forte”. Quella stessa forza che spinge l’individuo a non rimanere tenacemente attaccati allo scoglio per spirito di sopravvivenza. Per bisogno esistenziale di cambiamento. Per amore. E così la spiaggia di Kalkan si trasforma in luogo d’incontro tra due mondi apparentemente lontani. Quello umile di Zorayr e quello colto di Tina, ricca giornalista siciliana in vacanza sulla penisola anatolica. A raccontare la genesi dell’opera è lo stesso autore, Riccardo Di Salvo.

Da dove nasce l’ispirazione che l’ha condotta, con Claudio Marchese, alla stesura de “Il pescatore di Kalkan”?

“Da un incontro in uno dei pranzi, destinati a barboni ed extracomunitari, che come fondatore dell’associazione culturale ‘Kalon’ ho organizzato tempo fa a Catania. In uno di questi appuntamenti, ho avuto modo di conoscere Zorayr e la sua storia, la scelta di venire in Sicilia dopo aver incontrato in una spiaggia di Kalkan una donna siciliana particolarmente forte e determinata”.

Perché l’ha colpito proprio questa storia?

“Perché incarna, in primis, le false promesse dell’Occidente nei confronti degli immigrati che giungono sulle coste siciliane con speranze tese a trasformarsi presto in false illusioni destinate spesso a finali non certo lieti. Inoltre, mi ha affascinato la figura di Tina, che ama Zorayr, ma per il successo e l’arrivismo finisce per tradirlo. Una donna forte che al contrario di ciò che spesso accade oggi con il fenomeno del femminicidio, riesce a raggirare gli uomini, usandoli a suo piacimento. E in fondo è il mondo della globalizzazione. Il pescatore di Kalkan si riallaccia, infatti, al mito di Ulisse, alle sirene, all’epopea del viaggio inteso come avvenimento dispendioso in termini psichici e non semplicemente per l’allontanamento fisico da un luogo.

Articoli Correlati

L’idea di trasformarlo in corto quando arriva?

“In realtà con Claudio avevamo già scritto la sceneggiatura perché il romanzo, con le sue radici impregnate di realismo, si presta a comunicare un messaggio. Così, quando abbiamo conosciuto i due registi, Giuseppe e Franco Di Blasi, abbiamo deciso di intraprendere quest’avventura e il lavoro finale lo ritengo molto apprezzabile. Se avessimo dovuto attenerci a quelle che sono le descrizioni e i riferimenti geografici del romanzo, il cortometraggio sarebbe stato particolarmente impegnativo. Ci saremmo dovuti spostare in Turchia, a Milano, oltre che in disparate province siciliane. La nostra isola ricorda per diversi aspetti i luoghi in cui Zorayr è nato, posti che io non dimenticherò mai perché pieni di cultura e tanta cristianità. Così, di comune accordo, abbiamo preferito girare in aree siciliane che rispecchiano i colori della Turchia. Mi riferisco ad esempio alle spiagge di Marzamemi, Avola e Portopalo. Non mancano scene ambientate nelle terrazze di ville di San Giovanni Li Cuti, altre tra le vie del cuore pulsante del centro storico etneo”.

Qual è il messaggio che viene fuori?

“Il pescatore di Kalkan rappresenta la svolta rispetto alle opere composte da me precedentemente. È un invito ad uscire dagli schemi, ad allargare i propri orizzonti per affacciarsi a tutto ciò che riguarda l’esistenza. Esistenza che non può concentrarsi solo su determinate tematiche o su individualismi, bensì deve abbracciare il mondo intero. E noi siciliani, forse ancora più di altri, abbiamo il dovere di immergerci nelle esperienze umane. Non è un caso se Zorayr, per amore, accetterà il rito cattolico convinto che quello stesso dio che ogni popolo chiama con un proprio nome, in realtà, è il medesimo per tutti”.

Pubblicato il

29 Giugno 2018, 17:12

Condividi sui social