04 Dicembre 2013, 20:07
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CATANIA – Storie di povertà, miseria e sfruttamento. Viaggi della speranza, fughe dalla guerra e traversate rischiando la morte. Pagine di un dramma sociale, ma anche passaggi chiave di molti fascicoli che in questi mesi sono stati aperti dai magistrati della Direzione distrettuale di Catania dopo i numerosi sbarchi nei porti siciliani, da Pozzallo fino a Catania. La Procura etnea, in particolare dopo le morti di San Lorenzo alla playa, ha voluto darsi un grande obiettivo: arginare un crimine, quello dello sfruttamento dell’immigrazione, con azioni penali incisive e “scientifiche”. Le indagini sono state dirette per colpire direttamente il cuore delle organizzazioni.
Il 12 settembre scorso arriva un brillante successo: la Guardia di Finanza, su provvedimento emesso d’urgenza dalla Procura, sequestra un’imbarcazione di 30 metri utilizzata come “nave madre” impiegata nel traffico di clandestini. Per la prima volta vengono posti i sigilli in un natante in acque internazionali anche in applicazione delle Convenzioni internazionali in materia di diritto di Alto Mare e sul crimine transnazionale. Un danno economico fortissimo per il gruppo criminale operante – secondo le indagini della Dda – in Italia e in Egitto.
L’operazione è scattata nel pomeriggio dell’11 settembre: il pattugliatore rumeno impiegato nel dispositivo internazionale coordinato dall’Agenzia Europea “Frontex” ha avvistato a 107 miglia sud di Capo Passero l’imbarcazione con 199 siriani a bordo e con al traino un’unità “figlia” più piccola. E’ scattato un vero è proprio blitz in mare e con l’impiego di unità aeree i militari hanno proceduto all’abbordaggio in acque internazionali della nave priva di bandiera, eseguendo il decreto di sequestro preventivo.
Mentre si procedeva a soccorrere i siriani, i quindici componenti dell’equipaggio furono sottoposti a fermo con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. In conferenza stampa il procuratore di Catania Giovanni Salvi fece comprendere che l’operazione appena conclusa era frutto di una delicata e difficile inchiesta anche con l’ausilio di intercettazioni scattata immediatamente dopo lo sbarco del 10 agosto.” L’indagine – aveva dichiarato allora – ci ha permesso di scoprire che una parte della condotta del reato associativo fosse stato perpetrato in Italia”. Con il lavoro sinergico degli inquirenti di Siracusa infatti si era riusciti a localizzare la cellula che operava dalla Sicilia e manteneva i contatti diretti con l’Egitto.
Tra i presunti scafisti fermati il 34enne egiziano Ibrahim Ibrahim Al Bahlawan. Il Gip, per lui e gli altri 14 aveva convalidato l’arresto e proceduto a spiccare la misura cautelare in carcere. L’indagato però ha presentato ricorso al Riesame. E’ proprio di qualche giorno fa l’ordinanza del Tribunale della Libertà che conferma il provvedimento cautelare ritenendo sussistenti i reati contestati e cioè la partecipazione ad un’associazione finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Dalla lettura dell’ordinanza del Riesame – di cui LiveSiciliaCatania è entrata in possesso – è possibile ricostruire l’importante quadro investigativo costruito dalla Dda di Catania che già a luglio aveva intercettato Ghedu Abdou, un egiziano che viveva in provincia di Siracusa e che forniva base logistica per gli sbarchi dei migranti. Prova del coinvolgimento di Ghedu una telefonata verso un’utenza egiziana dove si discuteva della sua “incapacità” a gestire l’arrivo di alcuni clandestini. Le cimici della procura riescono anche ad intercettare una conversazione tra il capitano di una nave e il vertice dell’organizzazione egiziana proprio nelle fasi di sequestro del natante. Allo scafista era stato assicurato che già era stato contattato un avvocato per la sua assistenza legale.
La Procura di Catania, dunque, diventa fulcro centrale per il contrasto all’immigrazione clandestina, tanto da diventare piattaforma investigativa strategica per l’operazione coordinatata direttamente dal Viminale Mare Nostrum. Una consapevolezza che ha portato la Giunta Esecutiva Centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati presieduta da Rodolfo Maria Sabelli a scegliere Catania come sede per svolgere un incontro per discutere della gestione giudiziaria degli sbarchi di profughi. Il confronto, che si svolgerà domani alle 10 nell’aula adunanze del Palazzo di Giustizia di Catania, è aperto non solo ai magistrati, ma anche a Istituzioni, Forze dell’Ordine ed Associazioni di Volontariato impegnati a fronteggiare il fenomeno. Un’iniziativa che ha anche una forte valenza sociale: un segno – si legge nell’invito alla stampa – di solidarietà da parte della Magistratura Associata.
Una battaglia che supera la semplice azione giudiziaria. E questo lo si era già intuito nelle parole di Salvi nella conferenza del 12 settembre. “Quando ad Agosto ci fu quel tragico evento dei sei migranti morti alla Playa a pochi metri dalla salvezza noi – disse con fermezza il procuratore – prendemmo un impegno con noi stessi affinché riuscissimo a colpire questa organizzazione che lucra sui disastri internazionali e sulla povera gente che cerca una vita migliore”.
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04 Dicembre 2013, 20:07