23 Febbraio 2024, 05:01
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CATANIA – Si sentiva intoccabile. Invincibile. Imbattibile dalle forze dell’ordine, che credeva di eludere grazie ai suoi accorgimenti spicci sull’utilizzo dei telefonini, da non usare in maniera spregiudicata e da tenere distanti durante le riunioni, e gli appuntamenti fissati all’ultimo minuto. E insuperabile dagli altri mafiosi, che secondo lui dovevano rispettarlo e basta: perché lui “la forza”, per parafrasare le sue parole, ce l’aveva “per davvero”. Del resto lui, mezzo parente della famiglia Santapaola, per gli inquirenti apparteneva a una sorta di elité mafiosa. Si sentiva un “nobile” della mafia.
Lui non era mica come gli altri, che avevano bisogno di farsi vedere in compagnia di tanti per incutere timore: poteva anche andare da solo a incontrare tanti “uomini d’onore”, ché non l’avrebbe toccato nessuno. In realtà però Ciccio Napoli, al secolo Francesco Maria Tancredi Napoli, rampollo del clan Santapaola-Ercolano a cui a un certo punto sarebbero state date le mostrine del capo provinciale di Cosa Nostra, aveva fatto male i suoi conti.
Ieri infatti il gup di Catania Chiara Di Dio Datola gli ha inflitto 14 anni di reclusione. È la sentenza di primo grado. Ciccio Napoli è in carcere da quasi un anno e mezzo, da quando scattò l’operazione “Sangue Blu”. Il titolo scelto dai carabinieri per il blitz era già una sorta di tributo alla sua appartenenza a una sorta di aristocrazia di Cosa Nostra. E nel frattempo, qualche tempo dopo la cattura, gli hanno pure inflitto il 41 bis, il cosiddetto “carcere duro”.
Era stato arrestato il 28 settembre 2022. “Protagonista delle dinamiche mafiose catanesi fine degli anni 90”, scrive il Gip, “Napoli ha precedenti per traffico di stupefacenti”. Sarebbe “un personaggio carismatico”, “gravato da una lunghissima carcerazione”. Nonostante questo, però, uscito dal carcere assunse subito “un ruolo di grande responsabilità in seno all’associazione mafiosa”. Divenne un “uomo d’onore riservato”, una strana locuzione con cui i mafiosi mirano, pure qui con scarsi risultati, a proteggere i loro pezzi da Novanta.
Nel caso di Napoli, peraltro, cercare di mantenere la riservatezza circa la sua presunta “mafiosità”, era perlomeno un obiettivo ambizioso. 47 anni, Ciccio Napoli è nipote di Giuseppe Ferrera “Cavadduzzu”. Un nipote di Nitto Santapaola, parlando di lui, lo avrebbe definito “mezzo parente nostro”.
Aveva sbagliato i conti con lo Stato, si diceva, visto che alla fine i carabinieri e la Dda lo hanno arrestato e hanno pure trovato le prove, che – quantomeno sin qui – hanno retto al giudizio di primo grado. “L’attività investigativa è riuscita anche a neutralizzare tutte le cautele assunte dal Napoli – scrisse, in sintesi, il gip nell’ordinanza –, sistematicamente contrario all’uso dei telefoni, con rinvio delle discussioni in presenza, ed a ricostruire gli spostamenti e gli incontri effettuati dallo stesso per finalità legate alla sua posizione all’interno del clan mafioso”.
“I risultati delle indagini hanno dimostrato l’appartenenza del Napoli al clan Santapaola, ma anche il ruolo dirigenziale dallo stesso ricoperto – era scritto sempre nell’ordinanza – tale da rendere il suo intervento indispensabile per la soluzione di contrasti tra gruppi mafiosi”. Questo sia all’interno dello stesso clan Santapaola, “sia tra quest’ultimo clan e quello dei Cursoti milanesi e per risolvere questioni economiche della famiglia di sangue”.
Inoltre, pure circa i rapporti di forza con gli altri mafiosi, la percezione di essere un “intoccabile”, a sentire le parole del pentito Salvatore Scavone, era un’esagerazione. Anzi, si direbbe che a Ciccio Napoli è andata fin troppo bene. All’interno di Cosa Nostra, ha raccontato Scavone, c’era chi aveva deciso di fargli la pelle. Parlava di sé stesso, Scavone, uno che ha comandato il clan dei Nizza. Lui lo voleva uccidere.
In questo senso, a un certo punto, anzi il boss dal sangue blu aveva pure mangiato la foglia. Ma l’agguato non saltò certo per questo. Scavone aveva deciso di ucciderlo, una decisione presa assieme a Natalino Nizza. Ma poi, “il 10 febbraio 2021”, mentre stava andando ad ammazzarlo, Scavone subì un lutto in famiglia. “Ricevetti la telefonata della dottoressa che mi informava che era morto mio padre – ha sottolineato – a quel punto sono andato via, mi sono recato in ospedale a vedere la salma di mio padre e così Napoli si è salvato”.
Fu il pentito Santo La Causa, il 15 maggio 2012, a parlare così di Napoli: “L’uomo d’onore riservato viene “fatto” dai familiari stretti ed è noto solo a chi lo ha ritualmente affiliato che poi decide quando e se presentarlo. So da Antonio Motta e da Enzo Santapaola che Ciccio Napoli, nipote di Ferrera Giuseppe, è un uomo di onore riservato. Le ragioni per le quali si fa un uomo d’onore riservato sono le più varie, tra le altre v’è anche la possibilità di utilizzarli in modo occulto evitando di “bruciarli” e se del caso contro taluni esponenti della medesima organizzazione”.
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23 Febbraio 2024, 05:01