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Catania, la scia di sangue di Antonio Marano: il “killer delle carceri”

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29 Giugno 2024, 04:57

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CATANIA – Antonio Marano, 80 anni, condannato all’ennesimo ergastolo, spietato sicario della mafia catanese degli anni ’80, ha una storia criminale di grosso spessore ed è passato alla cronaca come uno dei killer delle carceri con il sodale Antonino Faro e il rivale Vincenzo Andraus.

Antonio Marano: la storia criminale

Come quando nel carcere di San Vittore a Milano, con Faro, urlò di essere in possesso di una bomba e col complice fece irruzione nella cella di Andraus per ucciderlo con un tubo della doccia che “avevamo staccato con le mani” per “assassinare un infame”, ma l’intervento dei secondini bloccò il tentativo di omicidio.

Ai giornalisti, durante il processo in cui i due furono condannati a 17 anni di carcere ciascuno, non spiegarono il movente: “se Andraus fosse morto – sostenne Marano – si poteva dire, ma purtroppo è vivo. Quando morirà non riparleremo…”.

Il 5 ottobre 1987 lui e Faro furono vittime di un attentato nell’aula della Corte d’assise di Milano: durante la richiesta del pm Francesco Di Maggio al processo Epaminonda, il detenuto Nuccio Miano sparò con una pistola diversi colpi contro di loro, ma ferì due carabinieri.

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La vendetta

Il tentativo di vendetta arrivò un anno dopo: era il 7 novembre 1988 e nell’aula-bunker delle Vallette di Torino si celebrava un processo-strage contro il ‘clan dei catanesi’ davanti alla Corte d’assise presieduta da Gustavo Zagrebelsky, quando una delle gabbie Marano lanciò una bomba-carta contro la cella in cui si trovavano i fratelli Nuccio e Luigi ‘Jimmy’ Miano.

L’esplosivo

L’ordigno artigianale realizzato con l’esplosivo nascosto all’interno di un pacchetto di sigarette non colpì il bersaglio, ma una canaletta elettrica e un termosifone in ghisa sventrati dall’esplosione.

Storie che sembravano finite impolverate nell’antica sanguinosa storia di Cosa nostra di Catania, rispolverate dalla condanna all’ergastolo dell’ottantenne Antonino Marano per concorso nell’omicidio di Dario Chiappone.

A incastrare il ‘killer delle carceri’ sono le sue impronte digitali trovate dai militari del Ris sul luogo del delitto. Quando gli è stato notificato l’ordine di carcerazione per il delitto, nel dicembre del 2019, era già stato arrestato per detenzione illegale di arma da fuoco: era stato arrestato nel maggio dello stesso anno dai Carabinieri di Catania in possesso di una pistola calibro 7,65, col colpo di canna e pronta a sparare.

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29 Giugno 2024, 04:57

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