Cronaca

Catania, l’omicidio di Elena Del Pozzo: inflitti 30 anni alla madre

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12 Luglio 2024, 16:08

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CATANIA – La Corte d’assise di Catania ha condannato a 30 anni Martina Patti, la mamma 25enne rea confessa dell’omicidio della figlia Elena Del Pozzo, che non aveva ancora 5 anni, uccisa con un’arma da taglio nel giugno 2022 e seppellita in un campo vicino casa, a Mascalucia. La sentenza è uscita pochi minuti fa.

I giudici della corte presieduta da Sebastiano Mignemi hanno dunque accolto la tesi dell’accusa, che con i pm Fabio Scavone e Assunta Musella avevano chiesto proprio questa pena. L’accusa aveva argomentato la mancata sanzione del carcere a vita per le attenuanti generiche e il cosiddetto “giudizio di equivalenza” con le aggravanti contestate.

La richiesta

Sostanzialmente erano stati chiesti 28 anni per omicidio, un anno per occultamento di cadavere e un anno per simulazione di reato. Le attenuanti concesse sarebbero quelle della “confessione”, del fatto che Martina Patti ha ammesso ciò che ha fatto; e della “giovane età” dell’imputata.

L’imputata è difesa dagli avvocati Tommaso Tamburino e Gabriele Celesti. Difensori che oggi hanno svolto le proprie arringhe. Le indagini sono state svolte dai carabinieri del comando provinciale di Catania, coordinate dalla Procura catanese.

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La ricostruzione

La donna avrebbe ucciso la piccola nel luogo del rinvenimento, un campo abbandonato vicino casa e poi avrebbe finto il sequestro della bambina all’uscita dall’asilo. Martina Patti ha confessato il delitto, ma non ha mai fornito particolari spiegazioni sul movente. Una delle piste battute dai carabinieri del comando provinciale di Catania è stata la gelosia nei confronti dell’ex compagno e padre di Elena, Alessandro Del Pozzo, 24 anni.

Il corpicino della piccola sarebbe stato nascosto in cinque sacchi di plastica nera e semi sotterrato con una pala e un piccone. Poi la donna fece scattare la messa in scena: ha avvisato per telefono del falso sequestro i genitori e il padre di Elena, è tornata a casa e subito dopo, accompagnata dalla madre e dal padre, è andata dai carabinieri a denunciare l’accaduto.

La difesa: andremo in appello

La difesa di Martina Patti intanto si prepara a ricorrere in appello. “La Corte ha aderito alla nostra impostazioni e concesso le attenuanti, che ha ritenuto equivalenti all’aggravante della premeditazione ed è una base da cui partire – afferma l’avvocato Tamburino -. Faremo l’appello in cui sosterremo l’incapacità parziale o totale di mente della nostra cliente. Di fatto prendiamo atto di un aspetto positivo, che non c’è stato l’ergastolo, cosa che da più parti pronosticavano”.

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12 Luglio 2024, 16:08

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