16 Giugno 2022, 12:38
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CATANIA – Antonio Tomaselli, penna bianca, sarebbe stato una sorta di ‘fantasma’ ispiratore dei boss di Cosa nostra catanese. Ma con il suo arresto, nel 2017, la cupola è decapitata del vertice. E senza un reggente non sarebbe stato facile gestire le fila complesse di estorsione e appalti. Così, in mancanza di un capo, ci sarebbe stata una sorta di ‘regia condivisa’ dei vertici di ogni quartiere o squadra.
Ma in primo piano c’è la figura di Salvatore Rinaldi, Turi Millimachini, che avrebbe avuto già un ruolo di ‘vicinanza’ con Antonio Tomaselli (come è emerso già in diverse inchieste anche della Dda di Caltanissetta, ndr). Il boss è chiamato così per la sua officina meccanica che si è trasformata nel quartier generale di Cosa nostra catanese, anzi della Sicilia orientale. L’anno scorso i Lupi dei Carabinieri arrestano Rinaldi per averlo trovato con della droga. Ma mesi prima le cimici del Ros immortalano summit e riunioni anche con i boss del clan Nardo e delle famiglie di Caltagirone e Ramacca.
Il giorno di San Lorenzo, il 10 agosto 2018 Antonino Guercio e Salvatore Giarrusso (di Lentini) discutono con Rinaldi della ‘competenza criminale’ per Vizzini. Su questa vicenda ci sarebbe stata molta tensione tra i Nardo e i La Rocca (con il figlio del patriarca Cicco scomparso, Gianfranco) anche per l’affidamento dei servizi del cimitero che ‘sarebbero stati gestisti’ da una ditta riconducibile al capomafia di Caltagirone. Rinaldi però ha avvallato le pretese dei Nardo: “siete tornati dove eravate trent’anni fa… anzi esattamente vent’anni fa… Vizzini con Catania, con Francofonte e Lentini, chiusa la discussione”. Le tensioni tra Caltagirone e Lentini sarebbero state molto aspre anche per la diga di Pietrarossa.
Un mese dopo, sempre nel 2018, Rinaldi avrebbe saputo che “Luca di San Giovanni” (Luca Marino, già arrestato in Chaos come responsabile di San Giovanni Galermo) avrebbe inviato una missiva a Renna (“una lettera tanta così”) in cui avrebbe dato disposizioni per il pizzo “ai paesi… si fa riferimento… soldi di qua, soldi di là” e a “cose che si sono perdute e ora si dovrebbero… in più dovremmo ripristinare”. A quel punto Rinaldi chiede la consegna del manoscritto: “mi devi dare la carta”.
A novembre 2017, a un anno esatto dal blitz Chaos, Alfredo Palio (ancora all’epoca non collaboratore di giustizia) e Michele Schillaci (all’epoca tra i vertici dei Nizza) discutono con Rinaldi della “mancanza di rispetto” di Pasquale Oliva (famiglia di Ramacca) che avrebbe inviato un suo delegato per discutere con il gruppo di Lineri: “ma dico: ma tu al tuo figlioccio l’hai mandato là, perché dico non lo mandi da un’altra parte?”
Mancano pochi giorni a Natale. Turi Millimachini ha uno sfogo sulle difficoltà che ha Cosa nostra dopo l’arresto di Antonio Tomaselli. “Mi sto trovando in serie difficoltà… io mi sto trovano un pesce fuor d’acqua… in due anni ho trovato le cose ancora peggio di peggio… è da venti giorni che sono in giro e cerco… …mi sono trovato in un altro mondo» e «non è tua la colpa, non è mia… sono quelli là che da quel giorno fino ad oggi hanno gestito a modo loro… fino ad oggi, fino all’anno scorso… fino all’anno scorso a ottobre, a novembre quando c’è stato l’undici novembre il mandato di cattura”.
Del ruolo non apicale, ma di ‘coordinamento’ di Turi Rinaldi ne parla ampiamente Salvatore Giarrusso del clan Nardo. Nel novembre 2019 all’officina di zia Lisa porta l’imprenditore Paolo Burgio. Quando sono in macchina, in riferimento a ‘millimachini’ rivela: “quello che dirige la baracca è lui… quello che era seduto là, Salvatore… lui conosce a Caltagirone… a Caltagirone lo conoscono un mare… le persone le conosce… a Caltagirone… io gliel’ho fatti presentare… io gliel’ho fatti presentare a Caltagirone, Paolo perché prima ce n’era un altro… prima di lui c’era un altro… e ha questo battibecco con… con Caltagirone … appuntamento, cose, inc… poi lui quando hanno arrestato a quello inc… è uscito lui, hai capito? E poi io gli ho fatto fare gli appuntamenti… lui quello che non conosce di persona… è Gianfranco, Gianfranco non ne ha… non ne ha voluto fare appuntamenti perché la cosa è un poco, un poco trubbola”.
Rinaldi insomma non avrebbe mai conosciuto Gianfranco La Rocca, che invece avrebbe incontrato Tomaselli. Il figlio del boss forse non gli avrebbe riconosciuto ‘l’autorità’. Ma l’indagato infatti è una figura per poter tenere uniti ‘la strategia dei quartieri”. “Questi Santapaola sono… a Catania… ognuno ha la sua frange… nei quartieri – dice Giarrusso all’imprenditore – ora lui è quello che li riunisce tutti”.
Rinaldi non sarebbe solo nella ‘gestione’ degli affari di famiglia: il gip Stefano Montoneri nella lunga ordinanza di 1300 pagine scrive che “insieme a Luigi Ferrini, Carmelo Renna e Michele Schillaci” avrebbe creato “una gestione coesa dei quartieri e nelle relazioni con gli altri gruppi
mafiosi della provincia”. E come già emerso in altre inchieste, a Lineri avrebbe assunto un potere decisionale Enzo Sapia che avrebbe avuto rapporti qualificati con Pasquale Oliva di Ramacca.
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16 Giugno 2022, 12:38