20 Settembre 2022, 14:10
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CATANIA – Credeva di avere preso un fungo commestibile, ma dopo averlo mangiato ha iniziato ad avere nausea, vomito e altri sintomi. Il primo caso di intossicazione da fungo della stagione micologica è stato segnalato oggi dall’Asp, che consiglia: “Prima di consumare funghi colti in montagna è necessario farli vedere da un micologo esperto”.
Una gita in montagna a raccogliere funghi: come molti casi di intossicazione, anche il primo della stagione 2022 inizia con una persona, un uomo di 40 anni, che va a fare un giro per boschi. Durante il quale trova quella che le sembra una “mazza da tamburo”, nome scientifico Macrolepiota Procera, fungo molto ricercato dagli appasionati per la sua prelibatezza.
Poco dopo averlo mangiato, però, il cercatore di funghi inizia ad avvertire tutti i sintomi del Morganismo, una intossicazione gastrointestinale a breve latenza con complicanze neurologiche. Dopo la corsa al pronto soccorso di Acireale, il 40enne è stato curato con una lavanda gastrica e con idratazione endovenosa e l’allarme è subito rientrato.
Un classico della raccolta di funghi: si pensa di averne trovato uno commestibile e invece si è incappati nella sua versione velenosa. È esattamente quello che è successo al malcapitato ricoverato ad Acireale, che ha raccolta un Chlorophyllum molybdites, nome scientifico della “falsa mazza di tamburo”.
Una specie fungina presente in America, Africa e nelle regioni temperate e sub-tropicali di tutto il mondo, ma che da qualche anno risulta molto presente anche nel territorio etneo. E che può facilmente essere confusa con la mazza di tamburo. Già l’anno scorso, infatti, si registrarono due casi di intossicazione da falsa mazza di tamburo.
Per questo le autorità sanitarie invitano a un consumo responsabile di funghi spontanei raccolti autonomamente: “Tutte le partite di funghi spontanei, raccolti occasionalmente o posti in vendita, devono essere accompagnate da tagliando di avvenuta certificazione da parte dell’Asp – dice la dottoressa Elena Alonzo, direttore del Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione (Sian) dell’Azienda sanitaria catanese – Questa certificazione garantisce la commestibilità dei funghi e riporta altresì la data entro la quale gli stessi vanno tassativamente consumati”.
La raccomandazione rivolta ai consumatori in un comunicato dell’Asp è di “far controllare tutti i funghi raccolti presso gli sportelli micologici aziendali all’uopo attivati e/o di acquistarli esclusivamente da venditori che espongano sui contenitori dei funghi il tagliando Asp di avvenuta certificazione, riportante la denominazione delle specie fungine, data e orario di validità”.
Il Chlorophyllum molybdites non è l’unico rischio per i consumatori di funghi. L’attenzione dei micologi dell’Asp di Catania, si legge ancora nel comunicato dell’Azienda sanitaria, si rivolge anche ai funghi a pori rossi, cosiddetti muss’i voi, russeddi, funci niuri, in quanto sotto tale dizione i venditori occasionali della zona dell’Etna erano soliti vendere funghi appartenenti alle specie di Boletus luridus (Suillellus luridus), Boletus erythropus (Neoboletus erythropus), Boletus rhodoxanthus (Rubroboletus rhodoxanthus) e Boletus luteocupreus (Imperator luteocupreus).
Oggi grazie all’azione espletata nel corso degli anni sul territorio etneo dagli ispettori micologi dell’Asp di Catania, la vendita di tali funghi è notevolmente diminuita, ma di recente si sono verificati alcuni nuovi casi di intossicazione, che hanno richiesto l’intervento dei micologi dell’Asp di Catania presso i Pronto Soccorso ospedalieri.
Da sottolineare che se alcune specie, pur risultando commestibili dopo trattamento di prolungata e completa cottura, non possono essere commercializzate (es. Boletus luridus, Boletus erythropus), altre (es. Boletus rhodoxanthus, Boletus luteocupreus) sono da considerarsi tossiche, provocando Sindrome gastrointestinale.
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20 Settembre 2022, 14:10