27 Gennaio 2023, 05:01
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CATANIA – Che l’uso dei fondi del Pnrr, Piano nazionale di ripresa e resilienza, sia una sfida per i Comuni non è una novità. Che per Catania, dopo il dissesto, questi soldi siano la manna dal cielo, nemmeno. Le possibili difficoltà, però, sono dietro l’angolo e sono talmente grandi da definire il capoluogo etneo una “assoluta emergenza, da affrontare con la massima urgenza“. È la valutazione che emerge studio commissionato dalla Fondazione con il Sud al professore Gianfranco Viesti dell’università di Bari. Il quale, prendendo in considerazione una serie di fattori, tra i quali la quantità di dipendenti comunali laureati, con ruoli dirigenziali e con meno di 50 anni di età, ha analizzato “la capacità delle amministrazioni comunali di erogare servizi e di realizzare investimenti pubblici a vantaggio dei propri residenti”.
Il rapporto pubblicato dalla Fondazione tiene conto dei Comuni con popolazione superiore ai 60mila abitanti, con dati compresi tra il 2008 e il 2019. Restano fuori, quindi, gli anni post pandemia. E le eventuali assunzioni che siano state fatte nel periodo successivo al 2019. Che, a Catania, superano il centinaio di unità. Però a tempo determinato, quindi con scadenza compresa tra la fine del 2023 e la fine del 2024.
Nel documento stilato, Catania si attesta tra i Comuni che avranno le maggiori difficoltà nell’utilizzo, con profitto, dei fondi del Pnrr. Insieme al capoluogo etneo, c’è Napoli. “Due fra le maggiori città italiane – si legge – sono in una posizione fra le più critiche“. A cui vanno ad aggiungersi, tra le siciliane, anche Trapani, Caltanissetta e Messina. “Questi sono Comuni certamente in grandissima difficoltà – prosegue lo studio – sia nella fornitura di servizi ai propri cittadini sia nella realizzazione di infrastrutture, perché le amministrazioni presentano forti carenze in quantità e/o qualità del personale disponibili, ovvero perché il personale si è contratto in misura assai significativa”.
Un fatto che, a partire dagli uffici di Palazzo degli elefanti, è ben noto. In Consiglio comunale da mesi i senatori cittadini sottolineano quanto i pensionamenti influiscano sulla tenuta degli uffici e, addirittura, sulla possibilità che alcuni servizi rimangano operativi. “Il problema non sarà più il dissesto – ha detto spesso Sebastiano Anastasi, presidente dell’assise civica – ma il fatto che dovremo chiudere il Comune tutto per mancanza di personale”. Un ritornello che trova conferma, adesso, nel report commissionato dalla Fondazione con il Sud.
Catania segna dati in negativo non solo nella proporzione tra numero di abitanti e di dipendenti comunali, ma soprattutto nella quantità di lavoratori municipali con meno di cinquant’anni di età. Per quest’ultimo parametro, è la città più vecchia d’Italia. “Affidarsi alle procedure a bando per allocare fondamentali investimenti pubblici, in presenza di disparità così nette nelle competenze disponibili nei Comuni per potere proporre i progetti, rappresenta una indubbia criticità nel Pnrr“. A sostegno di questa tesi, il dato sui progetti Pnrr per il finanziamento di nuovi asili nido: la Sicilia è la regione d’Italia con il rapporto più basso tra fondi stanziati e progetti andati in porto. Il capoluogo etneo, con circa quattro milioni di euro, dovrebbe costruirne due: uno in via Montenero, per 60 bambini, e l’altro in via Fratelli Rosselli, per 45 bambini.
“Ciò che rileva ora è che le Amministrazioni in condizioni più critiche possono conoscere notevoli difficoltà nell’attuazione degli investimenti affidati loro – aggiunge il report – e poi nella successiva fornitura di servizi da essi resi possibili”. In altri termini: concludere i cantieri, come scadenza impone, entro il 2026 rischia di essere un’impresa titanica. E anche riuscendoci non è detto che i Comuni più fragili dal punto di vista del personale possano poi riuscire a rendere operativi gli investimenti realizzati. Il timore evidenziato dal professore Viesti è quello, insomma, di costruire nuove cattedrali scintillanti in deserti già pieni di vecchie carcasse.
Un bicchiere mezzo vuoto, insomma, ma non certo per immotivato pessimismo. Perché se si mettono poi in relazione gli stanziamenti allocati su alcune città con le criticità precedentemente sottolineate, dice ancora lo studio, “l’analisi mostra una situazione decisamente preoccupante”. Catania, Messina, Trapani, Napoli, Brindisi, Taranto e Reggio Calabria hanno ricevuto investimenti, assegnati alle Città metropolitane o ai Comuni capoluogo anche senza bando (e quindi senza graduatorie di merito per i progetti presentati), per un totale di 2,5 miliardi di euro. “Si può sostenere che, alla luce delle evidenze presentate, queste città rappresentino una assoluta emergenza, da affrontare con la massima urgenza”.
Sempre in riferimento a questi Comuni, il professore barese conclude: “Affinché il Pnrr si possa realizzare, appare indispensabile un’immediata e forte azione di sostegno, attraverso nuove assunzioni di personale o tramite sostegni tecnici esterni assai cospicui”. Nel caso della città dell’elefante, oltre un centinaio di nuovi lavoratori sono già nell’organico. Con una scadenza contrattuale che, però, una città in default non può sanare. Almeno per il momento.
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27 Gennaio 2023, 05:01