Maas, l’omicida ai domiciliari| “Deve andare in carcere”

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20 Dicembre 2013, 21:54

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CATANIA – Non hanno più parole e nemmeno lacrime. Le dita tremano tenendo in mano la sigaretta e gli occhi del papà di Giuseppe Giuffrida, morto al Vittorio Emanuele dopo che aveva ricevuto una pallottola all’addome, sono lucidi di dolore, disperazione e senso di impotenza. “Non c’è giustizia” è il grido della famiglia Giuffrida. Due giorni fa hanno dovuto leggere sul web che il Tribunale del Riesame ha confermato i domiciliari per Graziano Longo Minnolo, la guardia giurata che al culmine di una lite al Mercato Agroalimentare scoppiata la notte del 3 ottobre scorso ha esploso un colpo dalla sua pistola di ordinanza. Resta a casa, dunque, il 24enne accusato di omicidio volontario. Non hanno la forza di lottare, ma per la memoria di Giuseppe, strappato alla vita alla sola età di 21 anni, mamma Giovanna, papà Vincenzo e i fratelli Agatino e Anna hanno deciso di non arrendersi, anche “se la fede e la speranza  – dicono – è morta insieme a lui”. E allora nello studio legale dell’avvocato Giuseppe Lipera, che li assiste nel procedimento come parte offesa, hanno deciso di parlare alla stampa, anche se mamma Giovanna promette: “Questa è l’ultima volta”.

“E’ una cosa vergognosa che chi ha ucciso mio fratello è a casa e non in carcere”. Parole dure quelle di Agatino, il fratello che ha visto davanti ai suoi occhi consumarsi la tragedia quella maledetta notte al Maas. A microfoni spenti ripercorre quei momenti di orrore: suo fratello in un lago di sangue, incredulo lo ha caricato in macchina, con una ferita alla testa ha guidato fino in ospedale. Ore di attesa e, poi, la notizia devastante. Davanti all’obiettivo della telecamera vuole rivolgere una domanda ai giudici che hanno deciso per la misura cautelare ai domiciliari: “Se fosse stato un figlio loro ad essere ucciso che avrebbero fatto?”

Anna, la sorella, è un fiume in piena. Aspramente critica nei confronti della magistratura e della legge italiana. “Come è possibile che una persona che uccide un ragazzo che sta andando a lavorare e non a rubare o a fare il delinquente sia a casa? Come possiamo avere fede nella giustizia quando giustizia non ce n’è?”. Giovanna sfoga la disperazione di una madre che ha perso la sua creatura: “Dicono che la legge esiste, ma dove è la legge. Perchè non la tolgono la statua dal tribunale perchè la giustizia –  incalza – non esiste”. Alza la voce, con il cuore straziato. Il dolore più grande, quello più innaturale: un genitore non dovrebbe mai seppellire il proprio figlio.

“Non si può descrivere, non si può spiegare il dolore che ha una famiglia”. Voce rotta per papà Vincenzo che racconta: “Mio figlio era ancora all’obitorio, dovevamo ancora celebrare i funerali e  chi lo aveva ucciso era già a casa, questa legge permette ad un omicida di andare agli arresti domiciliari”. Poi ad un certo punto spunta l’ombra di un sorriso pensando a Giuseppe, ai suoi sogni: “Aveva tanti progetti nella sua professione, si alzava tutti i giorni alle mezzanotte per andare a lavorare. Era orgoglioso di quello che faceva, era un lavoratore instancabile, non si è mai tirato indietro”. Restano i ricordi, ma Giuseppe merita “giustizia e verità” e per la famiglia Giuffrida, Giuseppe Longo Minnolo deve stare “in carcere”.

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L’avvocato Giuseppe Lipera ha gia intrapreso le azioni che come parte offesa possono portare avanti. “Questa mattina – dice a LiveSiciliaCatania –  abbiamo informato Salvi, il pm Toscano e Brugaletta,  idue magistrati che avevano impugnato il provvedimento del Gip Recupido che in sede di convalida da disposto gli arresti domiciliari, ed anche il procuratore generale Tinebra, affinchè essi possano ricorrere ai giudici della Suprema Corte di Cassazione”.

 

 

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20 Dicembre 2013, 21:54

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