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Catania, tradizione e presente: la stagione del Coppola VIDEO

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14 Novembre 2022, 19:30

5 min di lettura

CATANIA. Tutto pronto per il 18 novembre. Al Teatro Coppola di Catania scatta la stagione teatrale.
L’occasione è ghiotta per incontrare il regista Nicola Alberto Orofino.

Che importanza ha oggi l’attività teatrale per la vita culturale, sociale  e politica di Catania?

L’attività teatrale nella vita pubblica della città di Catania dovrebbe avere chiaramente un’importanza primaria, ma questo lo dico perché faccio il regista e faccio teatro, ma anche perché lo credo.
Secondo me non è un problema di Catania, ma un problema nazionale. 
Il teatro oggi è troppo spesso percepito, non del tutto per colpa del pubblico, ma soprattutto per responsabilità nostra, di noi operatori, come una cosa un pò stantia, vecchia, passata, e dovremmo cercare di interrogarci innanzitutto noi, e quiindi poi la politica, ma soprattutto e innanzitutto noi, su come portare il teatro nuovamente ad una posizione primaria, in quanto sicuramente stimolo per la riflessione in generale, quindi non soltanto per la riflessione politica, ma per la riflessione sociale e culturale in generale.

La tradizione teatrale catanese ha radici antichissime ed  è sempre stata una parte importante della vita culturale e sociale della città. A Catania sono presenti 25 teatri, ognuno specializzato in un differente tipo di spettacolo: l’opera dei pupi, l’opera lirica, il balletto, le tragedie greche e il teatro sperimentale. Come si inserisce in questo contesto l’attività culturale del Teatro Coppola?

Secondo me il Teatro Coppola si inserisce all’interno del panorama teatrale come quel teatro che può avere la capacità di prendere la tradizione e di capire come questa tradizione può essere spunto per una riflessione sul futuro. Secondo me, la sperimentazione, perché è chiaro che il Teatro Coppola è un teatro di sperimentazione, può avere soltanto questo tipo di funzione. Non si tratta certamente di un teatro istituzionale, ma anzi è l’esatto opposto.
Prendere per esempio un testo di Shakespeare e cercare di capire come, appunto, dalla tradizione si possano innescare meccanismi per poter parlare agli uomini e alle donne di oggi può essere un obiettivo del Coppola. Riaprire il coppola dopo la pandemia per me, lo devo dire, è un grande onore, perché io avevo intenzione di fare questo Amleto sicuramente da tanto tempo, ma poi ho incontrato Arsinoe ed ho capito subito che il Coppola poteva essere il teatro giusto per riscoprire un classico che tutti conoscono, che tutti hanno sentito, ma che nessuno poi veramente conosce Tra l’altro l’idea mia e del Coppola  è quella di tenere l’Amleto tutto l’anno, quindi debutteremo del 18 di novembre, ma poi la nostra intenzione è quella di replicarlo periodicamente per tutto l’anno.

Il Teatro Coppola è stato il primo teatro comunale di Catania, inaugurato nel 1821, distrutto da un bombardamento nel ’43, trasformato in laboratorio scenografico dal Teatro Massimo Vincenzo Bellini ed in seguito abbandonato, sino alla riapertura spontanea da parte di cittadini volontari, il 16 dicembre del  2011. Cosa significa per te oggi Portare qui in scena l’Amleto, aprendone di fatto, il 18 di novembre, la stagione teatrale?

Portare in scena Amleto oggi significa raccontare un po tutti noi, cioè raccontare un uomo che vive in un contesto che non lo soddisfa. Cosa c’è di più attuale di questo? E’ una cosa che attraversa tutte le epoche, perché la crisi non è, diciamo, confinata ad un singolo periodo storico, ma Lìla crisi è insita, secondo me, nella natura dell’uomo. Raccontare Amleto qundi significa raccontare la crisi che c’è tra l’uomo ed il contesto in cui egli è costretto, nel caso di Amleto, di tutti noi, a vivere.

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“The Tragedy of Hamlet, Prince of Denmark” è un testo scritto da William Shakespeare probabilmente tra il 1600 e l’estate del 1602. Perché hai deciso di portarlo in scena proprio adesso e cosa lo rende ancora attuale?

Fare l’Amleto al Teatro Coppola, quindi in un’ autoproduzione sostanzialmente, ha senso soltanto se chi lo fa, e quindi il regista, lo scenografo, gli attori e tutti gli altri, prendono quest’occasione come  spunto di una riflessione per la propria carriera. Quindi intanto c’è una ragione assolutamente personale. 
Non so se questo Amleto sarà diverso rispetto agli altri spettacoli che ho fatto, però sicuramente questo era l’intento e sicuramente ogni volta che nella mia vita mi è capitato di fare Shakespeare era perché c’era qualche cosa nella mia attività artistica che andava modificata. 

Come sarà l’Amleto di Nicola Alberto Orofino, quali scelte ti sei trovato a fare e perché?

Io ho puntato sul racconto in questo Amleto. Secondo me lo spettatore non troverà lazi, ma troverà un racconto, certo un racconto a modo mio, come so raccontare io, ma allo stesso tempo ho cercato di privilegiare in questo caso innanzitutto la storia, perché di Amleto tutto si è detto e tutto è stato scritto. 
Quindi, secondo me, il modo migliore per per portare in scena questo testo oggi è quello di esaltarne il racconto.

Dal tuo debutto giovanissimo come attore per il Piccolo Teatro di Catania nella “Cantatrice Calva” del ’98 ad oggi sono cambiate molte cose e molto è cambiata la città di Catania. E’ stato così anche per la sua realtà teatrale?

Nel 1998, quando ha debuttato con “La Cantatrice Calva”, è cambiato praticamente tutto. È cambiato il modello organizzativo in primis. Sicuramente nel ‘98 c’era un modello organizzativo più rassicurante per noi artisti, e già ci lamentavamo. L’altro giorno però mi è capitato di leggere una novella di Verga, su uno strano personaggio che si chiama Don Candeloro, che era un marionettista, ed anche allora ci si lamentava dell’organizzazione della vita teatrale, esattamente con le stesse problematiche che viviamo oggi. Però sicuramente diciamo che siamo andati in caduta libera da un punto di vista organizzativo, da un punto di vista economico e purtroppo anche da un punto di vista culturale.

Di che salute gode  esattamente, secondo te, il teatro catanese oggi?

Il teatro catanese secondo me gode sempre di salute piuttosto buona, perché comunque Catania è una di quelle città in cui il fermento teatrale è sempre molto attivo. Quindi, nonostante le difficoltà, secondo me, e nonostante i problemi di tutti, Catania comunque è una di quelle città che riesce a difendersi da un punto di vista teatrale. Io penso che sia così.
Non cedo alle lamentele: voglio credere che sia così!

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14 Novembre 2022, 19:30

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