20 Settembre 2013, 06:00
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CATANIA – Il silenzio rende più potenti le forze criminali. La conoscenza della loro organizzazione, del loro modo di muoversi e di agire hanno permesso agli inquirenti di poter alcune volte anticipare le loro mosse e sbattere dietro le sbarre i componenti del gotha di Cosa Nostra. La mafia però si riorganizza, cambia forma e quando i “capi” finiscono in galera allora i vertici si riformano e si riconsolidano.
La sparatoria di Monte Po in piazza Mercato in un primo momento aveva fatto pensare ad un momento di tensione, ma una volta fatta luce sul tentato delitto si è ben compreso che si trattava di “piccoli criminali”, lontani da chi gestisce una delle piazze di spaccio più fruttuose di Catania. Quel colpo di pistola, però, deve servire per alzare le antenne e tornare a parlare per rompere un muro di omertà che scendendo dalla macchina in Piazza del Mercato fa accapponare la pelle.
Monte Po è un territorio storicamente regno incontrastato della famiglia Santapaola. Le dichiarazioni di Natale Di Raimondo, uomo d’onore, hanno permesso ai pm di poter scattare una foto nitida su quali famiglie avevano il potere in quel quartiere. Di Raimondo, ne sono fonti diversi processi, gestiva il chiosco di Piazza del Mercato, luogo dove negli anni ’80 si sono dati appuntamento esponenti di spicco e gregari di Cosa Nostra catanese.
Nella gerarchia territoriale della mafia catanese ogni quartiere, solitamente, fa famiglia a sé. Monte Pò almeno fino al 2007, secondo gli atti d’indagine e le carte processuali, è nelle mani di Mario Strano e dei suoi fratelli Marco e Alessandro. Una gestione che si allargava fino al quartiere di Librino, che, dunque, indirettamente dipendeva da Monte Po. Nella città satellite, però, qualcosa si muove e spiccano due famiglie affiliate ai Santapaola: gli Arena e i Nizza che si contendono le piazze di spaccio di Librino. Un controllo che crea tensioni palpabili negli stradoni del quartiere dormitorio, tanto che per evitare uno scontro aperto alla fine del 2007 si svolge un summit che ha come oggetto la risoluzione dei contrasti tra gli Arena e i Nizza. Accade che i Santapaola si schiereranno con i Nizza, determinando il transito degli Arena nel clan degli Sciuto Tigna.
Gli equilibri sul controllo del quartiere si sfaldano: Librino diventa un territorio indipendente e non più legato al potere della famiglia di Monte Po. I Santapaola perdono il controllo del quartiere tra il 2008 e il 2009, l’inchiesta Revenge della Dda di Catania incastra Mario Strano che è condannato per associazione mafiosa come affiliato del Clan dei Carateddi. Gli Strano, quindi, non essendo più legati a Cosa Nostra catanese hanno consegnato di fatto il potere su Monte Po ai Carateddi, frangia del Clan Cappello.
Negli ultimi anni emerge da indagini in corso che c’è la volontà dei Nizza a voler allargare le loro piazze di spaccio da Librino verso Monte Po. Appetitoso è infatti il piatto offerto da un territorio crocevia della droga dal volume d’affari settimanale superiore ai quattro zeri. Ed è proprio su questi piani di controllo che ci sarebbe qualche tensione tra Clan storicamente rivali. I Nizza insomma potrebbero minare gli affari dei Carateddi, già imperatori indiscussi della roccaforte dello stupefacente a San Cristoforo. Tra i vicoli e i gli scorci del rione, cerniera tra Catania e Misterbianco, si consumano movimenti per rimodulare gli equilibri nel controllo e nella gestione territoriale del traffico di droga. Fibrillazioni che stridono con l’alzata di testa delle nuove generazioni, che rivogliono diventare “i protagonisti” della loro casa e non “sottostare” alle regole dei “picciotti” di Monte Po. Alcuni giovani stanno scrivendo una nuova pagina sulla storia del quartiere. La storia, quella criminale, potrebbe cambiare a Monte Po: da territorio di potere potrebbe diventare quartiere ombra della mafia di Librino.
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20 Settembre 2013, 06:00