04 Marzo 2010, 14:46
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Il day after del Piano Casa in quel di Palazzo dei Normanni può essere definito, come prevedibile, una bufera in piena regola. La legge che dovrebbe rilanciare l’economia dell’Isola, discussa in Aula tra mille polemiche, si è portata dietro i malumori di chi, dentro e fuori il partito di governo, contesta il nuovo e ormai consolidato asse Pd-Mpa-Pdl Sicilia. Tante, le voci che ieri sera hanno dissentito su quello che si proponeva di votare in aula.
Una fra tutte ha fatto clamore: Cateno De Luca, deputato autonomista, è stato l’unica voce fuori dal coro tra i parlamentari di Lombardo. Ha esposto in aula le sue motivazioni, ha gridato allo scandalo davanti all’emendamento governativo sulla delocalizzazione delle strutture abitative che insistono in aree di inedificabilità (come Pizzo Sella o gli edifici entro i 150 metri dalla costa), come se non bastasse, si è accodato alla protesta di Pdl ufficiale e Udc ed è uscito fuori da sala d’Ercole. I motivi? “Perché – spiega lo stesso De Luca – rispetto all’enfasi con cui è stato acclamato il disegno di legge, l’80 per cento della popolazione non potrà usufruire dei benefici del provvedimento legislativo”.
Quali sono i limiti che dettano un’esclusione così alta?
“Per esempio il fatto che le cosiddette ‘zone A’ siano state escluse dal raggio d’azione della legge. I comuni della provincia di Messina, per citarne una, si inseriscono per il 70% proprio nelle zone A. Il governo non ha tenuto conto delle esigenze delle singole anime del parlamento, così si è assistito alla nascita di un provvedimento di cui nei fatti non usufruirà una fetta grandissima del territorio. Alla normativa, inoltre, sono stati collegati diversi provvedimenti che non hanno nulla a che vedere col Piano Casa e che, al contrario, hanno un taglio strettamente urbanistico”.
Tutto questo, come è emerso ieri, ha delle ricadute all’interno del vostro partito.
“È indubbio che l’Mpa stia attraversando un momento delicato. Siamo profondamente condizionati da posizioni antitetiche, tra le quali speravamo di avere un ruolo centrale e dalle quali, invece, siamo rimasti schiacciati. Diciamo le cose come stanno: l’Mpa in questo momento subisce i ricatti di Pdl Sicilia e Pd. La cosa è stata ancor più evidente ieri sera quando proprio il Pd si è ritrovato a difendere l’emendamento sulla delocalizzazione. All’interno del nostro gruppo ormai siamo spaccati, si sono delineate due anime ben precise”.
Se questo è il quadro interno ai rappresentanti in Parlamento, quali sono, invece, gli umori che arrivano dal territorio e dagli elettori?
“Questo è un altro aspetto delicato, che andrà verificato. Io mi auguro che la smettiamo coi grandi proclami, come successo con l’enfasi che è stata dedicata al Piano Casa, sul quale il governo ha dimostrato soltanto in principio una grande rigidità”.
E poi cos’è successo?
“Poi è arrivato il primo ricatto da parte del Pdl Sicilia, che ha voluto fortemente l’allargamento del provvedimento agli edifici non abitativi. È chiaro che nel momento in cui si è aperta la prima crepa, le maglie hanno cominciato ad allargarsi e anche dal Pd sono arrivate dure richieste. Ho comunque apprezzato il gesto di Lombardo che ieri sera, seppure messo alle strette, ha ritirato i discussi emendamenti”.
Il Piano casa è l’unico caso in cui l’enfasi non ha trovato, a suo dire, riscontro con le aspettative?
“No, non si tratta di un esempio isolato. È successo anche col credito d’imposta, al quale non è ancora corrisposta la rispettiva copertura finanziaria. È chiaro che tutto questo alimenta la delusione da parte dei siciliani. È un pericolo che si continuerà a correre fino a quando non cambierà il metodo”.
Si torna quindi al tema centrale, i dissapori interni al partito tra chi condivide questo metodo e chi, come lei, lo contesta. È già possibile individuare un leader all’interno di questa nuova corrente?
“No, non c’è ancora una leadership dell’area che contesta la linea centrale del partito. Un ulteriore confronto si è consumato anche con lo stesso Leanza, che sembra il più movimentista. Ma la questione è un’altra: per quanto il nostro partito non sia il partito delle verginelle, le contraddizioni che emergono riguardano la nuova generazione, che non ha privilegi acquisiti da difendere. Le ripeto: non c’è ancora un leadership, osserveremo le nuove posizioni che si delineeranno. Personalmente mi auguro che i numeri della ‘mia corrente’, chiamiamola così, crescano ancora di più”.
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04 Marzo 2010, 14:46