10 Agosto 2014, 07:57
5 min di lettura
Perché parliamo del fallimento Crocetta? Oggi, a due anni dalla sua elezione, un referendum confermativo lo boccerebbe. Lo stesso non sarebbe accaduto a Cuffaro e a Lombardo (parliamo dei loro primi due anni di legislatura).
Commenti ben argomentati (tra gli altri, uno di Salvo Toscano apparso su questo giornale subito dopo l’approvazione della finanziaria ter) hanno descritto le caratteristiche del fallimento. Noi vorremmo qui ricordare le cause che lo hanno provocato e gli effetti che ne iniziano a scaturire.
Partiamo dalla situazione complessiva di contesto assolutamente sfavorevole. Letta prima e Renzi ora hanno cancellato la Sicilia dalla loro mappa politica. Vien da ridere (se non ci fosse da piangere) quando nel decreto sblocca opere di Renzi la posa della prima pietra per la ristrutturazione della linea ferroviaria Messina-Catania-Palermo risulta prevista per febbraio-marzo 2017.
Seconda ragione. La sovrastima dell’effetto band-wagon, in forza del quale tante persone, seguendo l’onda (e la moda) del momento sono salite sul carrozzone del vincitore. Crocetta, ben conoscendo le pieghe del PD siciliano, aveva addirittura pensato di costruire un suo partito a dimensione nazionale. Illusione pericolosa. Proprio grazie al band wagon sono nati due simil-partiti che lo appoggiano, subordinando però questa collaborazione ad un continuo rapporto di scambio. Si è formato un inedito superpotere, il Crocalum (Crocetta, Cardinale, Lumia), innescando reazioni non sempre controllabili nei partiti della maggioranza ufficiale.
Terza ragione. Un esordio, quello di Crocetta, in chiave antimafiosa, anticorruzione, antimanciugghia. Con i clamori di scarpe chiodate in marcia verso una Rivoluzione imprecisata ed un afrore non gradevole di calzini rovesciati. Dopo qualche tempo tutto questo si è risolto in trasferimenti di massa in cui sono stati coinvolti dipendenti regionali con puro effetto immagine, visto che molti di loro sono tornati ai vecchi incarichi, in qualche roboante denunzia al momento senza seguito. La formazione professionale è stato il primo campo di battaglia. Tutta una truffa, si è detto. Forse. Aspettiamo ancora, dopo le accuse, i riscontri giudiziari. Intanto, non si dica che il settore è stato bonificato. Semplicemente “affamato” nella credenza popolare che il cavallo se non beve si manterrà onesto anche a costo di cadere stecchito. Ovviamente, niente del genere per la sanità, il settore di rifiuti, quello dell’energia alternativa, le società partecipate.
Con una conseguenza. Il messaggio che è passato inizialmente era quello di un uomo che lottava mafia, corruzione, affarismo. Positivo. Ma a breve questa lotta non ha fornito risultati convincenti e resta quindi l’immagine di una Sicilia mafiosa, corrotta, in mano a comitati d’affari. Quale imprenditore vorrà consolidare i suoi investimenti o farne di nuovi (green field, le chiamano gli economisti) in una terra con queste caratteristiche così propagandate senza che in due anni si possa dire che mafia, corruzione,affarismo, hanno ricevuto contrasti sostanziali? Individuare l’ENI come soggetto “golpista” contro Crocetta rimanda alle multinazionali affamatrici della periferia del mondo. Purtroppo né Crocetta né Faraone hanno l’imprinting di Che Guevara.
Quarta ragione. Crocetta solo contro tutti. E controfigure come assessori. Qualche eccezione, Marino, è fuggito a gambe levate e nessuno si è veramente prodigato per fermarlo. Un governo monocratico che tesse tele di Penelope con alle spalle politici che, con qualche eccezione, ricordano i ladri di Pisa.
Quinta ragione. L’incompetenza tecnica del cerchio magico, dei funzionari di riferimento, dei consulenti di relazioni pubbliche. Il rivoluzionario alla Pepe Mujica, il presidente dell’Uruguay che vuole togliere ai ricchi per dare ai poveri, si è trasfigurato in un bugiardo tragediatore (dote comune a molti politici) il quale, giusto per fare un esempio, con noncuranza prima irride ad un’istituzione, il Cerisdi, e poi ne fa oggetto primario di finanziamento regionale, senza fornire alcuna spiegazione per questo ribaltone di giudizio. Che ignora cultura, storia, ricerca.
Scegliendo di volta in volta bersagli su cui convogliare odio sociale. Che non ricorderà neppure (o farà finta di) la promessa di occupare 40 mila giovani con il piano delle energie alternative, realizzato dietro finanziamento europeo, dai comuni. Ma zelante nel denunziare livelli stipendiali spesso citando casi sui quali non ha potere di intervento.
I guasti prodotti sul tessuto socio-economico siciliano sono devastanti: dai rapporti col governo centrale al fallimento dell’applicazione sul territorio siciliano delle leggi nazionali. La stessa Assemblea è come se avesse assorbito, irrancidendosi, gli umori cattivi del presidente. Quasi si fosse sollevato il coperchio della mediocrità nel momento in cui per scarsità di risorse gli scambi divenivano a rischio e quindi per realizzarli occorreva innalzare il tasso di volgarità politica.
Sesta ragione. Crocetta ha navigato solo ma non c’è rimorchiatore che si sia mosso in suo aiuto. I messaggi che gli sono pervenuti erano tutti finalizzati alla conquista di poltrone. Nessuno ha avuto l’idea di proporgli un progetto (forse, timidamente, all’inizio, i sindacati), un’idea forza, linee guida per sedare il malessere che oggi corrode la società siciliana. Come avviene per il sistema monetario la moneta cattiva (Crocetta) messa in circolazione ha scacciato la moneta buona.
Una precisazione. La nostra analisi è squisitamente politica e non tocca profili umani, vicende personali, solitudini forzate. Come in ogni fallimento gli errori possono essere stati compiuti in stati di pressione psicologica, difficili da ricostruire e giudicare. Ora si aprono le procedure di liquidazione con una massa roboante di creditori: dalla Confindustria agli eredi della band-wagon. Che per forza di cose resteranno nelle loro postazioni per i prossimi tre anni visto che gli attuali deputati non hanno alcuna intenzione di interrompere questa legislatura. In questo senso non si possono sottacere le colpe della cosiddetta “oppomaggioranza” e dei grillini che pur elevando grida al cielo non hanno mai fatto passi decisivi in questa direzione, al contrario di azioni di protesta intraprese nel Parlamento nazionale.
Ritroverà la Sicilia – alla fine del tunnel – un nuovo imprenditore politico cui i curatori del fallimento potranno affidare la nuova gestione?
Pubblicato il
10 Agosto 2014, 07:57