06 Maggio 2019, 16:30
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PALERMO – Il Tribunale per le misure di prevenzione dà ragione agli eredi degli imprenditori Cavallotti di Belmonte Mezzagno. I loro beni sono stati tutti dissequestrati. Vincono una battaglia giudiziaria che va avanti dal 2011. Si sono sempre definiti vittime di un sistema malato e puntato il dito contro le decisione adottate, su richiesta della Procura, dal collegio allora presieduto da Silvana Saguto, oggi sotto processo a Caltanissetta e radiata dalla magistratura. “Fateci lavorare”, dissero in una intervista rilasciata a Livesicilia nel 2014, prima che scoppiasse lo scandalo.
I fratelli Vincenzo, Salvatore Vito e Gaetano Cavallotti finirono sotto processo. Il reato di turbativa d’asta fu dichiarato prescritto, mentre arrivò un’assoluzione nel merito dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo il collegio d’appello, non era stata raggiunta la prova della loro colpevolezza, ma erano emersi elementi che ne tracciavano la contiguità con i boss Ciccio Pastoia e Benedetto Spera, fedelissimi di Bernardo Provenzano, grazie ai quali avrebbero ricevuto alcune importanti commesse.
Tanto bastò per sottoporli a misure patrimoniali e personali perché ritenuti “socialmente pericolosi”. Tra le imprese finite sotto sequestro c’erano la Comest e la Imet, citate nella corrispondenza di Provenzano per il pagamento del pizzo per i lavori di metanizzazione nei comuni di Agira e Centuripe. In un altro pizzino era Giovanni Brusca a scrivere a Provenzano per affrontare il tema della messa a posto dell’impresa dei Cavallotti che stava realizzando la metanizzazione a Monreale.
Finite sotto sequestro la Imet e la Comest, i tre fratelli, secondo l’accusa, avrebbero dirottato i loro interessi sulle imprese intestate fittiziamente a figli e nipoti, aperte con i soldi dei tre fratelli. Ed è questa impostazione che oggi non ha retto davanti al collegio delle misure di prevenzione presieduto da Raffaele Malizia e composto dai giudici Francolini ed Ettorino Contino.
Il risultato è che sono state dissequestrate le imprese Euroimpianti plus, Tecno Met, Energy Clima Service, 3C Costruzioni, Eureka, Vmg Costruzioni e Servizi, Prorison e tutti i relativi beni aziendali. I proposti erano difesi, tra gli altri, dagli avvocati Rocco Chinnici, Franco Inzerillo, Baldassare Lauria, Sergio Iacona, Salvino Pantuso, Giovanni La Bua, Daniela Ciancimino, Alessandro Mandalà. Indagando sulla Euroimpianti gli investigatori arrivarono a chiedere, nel 2015, il controllo giudiziario di Italgas, la società controllata dalla Snam e leader del settore della distribuzione del metano in Italia. La contestazione a Italgas nasceva dal fatto che l’azienda avesse continuato ad avere rapporti di lavoro con i Cavallotti nonostante conoscesse i loro guai giudiziari.
Va in confisca soltanto la Immobiliare Santa Teresa srl, ritenuta riconducibile a Salvatore Vito. Per il resto, secondo il collegio, la lunga perizia avviata nel 2014 ha fatto emergere che figli e nipoti dei Cavallotti avevano provviste economiche sufficienti a giustificare gli investimenti. In alcuni casi, invece, non è stato dimostrato che nelle aziende fossero confluiti soldi illeciti. Il punto è capire da dove si può ripartire, visto che delle imprese restano le macerie.
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06 Maggio 2019, 16:30