17 Febbraio 2011, 09:57
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Ha ragione Gaetano Savatteri: per un giudizio lucido sul “sistema Cuffaro”, con le sue implicazioni contemporanee, è necessario separare l’analisi dall’ultimo ciak, dalla scena dignitosa dell’ingresso in carcere. E’ il modo migliore e non emotivamente condizionato per riannodare i fili di un contesto cinico e bidirezionale, in cui non si capisce quale sia la causa e l’effetto, ma si intravvedono solo gli estremi del discorso: la mancanza di scrupolo di un sovrano e l’assenza di dignità complessiva del cittadino elettore, fatto suddito.
Tuttavia, il significato del tramonto è un aspetto che non può essere distolto dal giudizio personale e dalla generale analisi sull’identità degli uomini della cosa pubblica di oggi. Esiste un rito del passo d’addio al potere che è differente e che diversamente qualifica, in termini di sobrietà, eleganza, ignavia o protervia, colui che lo compie. E’ una similitudine evidente con la cerimonia di commiato alla vita. Non tutti la affrontiamo allo stesso modo. E non è la stessa cosa varcare l’ultima porta, col lumicino della fiducia o con l’incendio della bestemmia. Non è la stessa cosa riuscire a trascinare la propria umanità sulla soglia dell’estremo limite, per tentare di attraversare con lei il dolore assoluto, o abbandonarla in mezzo alla via, tra i rovi dello scoramento, come se la fine – nel senso laico della memoria o in quello teologico del cielo – fosse davvero il capolinea di ogni sguardo.
Totò Cuffaro è tramontato, dopo una bieca pratica politicante, portando con sé l’uomo, dentro la sua cella. Non sappiamo se questa sia una forma di riscatto. E’ forse un segno di speranza per tutti, perché anche gli innocenti possono trarre insegnamento dal coraggio dei colpevoli. Per altri, il tramonto del potere personale è invece una catastrofe cui non sopravvivere. La persona coincide col ruolo, il secondo si tira appresso la prima nell’abisso. E’ proprio come accade per la nostra sorella, la francescana morte corporale. E ancora una volta hanno ragione i poeti, Valerio Magrelli in questo caso: “C’è chi tramonta solo col suo corpo, allora più doloroso ne è il distacco”.
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17 Febbraio 2011, 09:57