27 Giugno 2010, 00:11
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Giovanna Maggiani Chelli, vicepresidente dell’associazione dei familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili (Firenze 26 maggio 1993, 5 morti), perché è così difficile trovare soluzioni ai grandi misteri che listano a nero la bandiera della Repubblica democratica italiana?
“Dopo le stragi del ’92-‘93 io nella democrazia di questo Paese non c’ho più creduto. Avevo sempre lavorato a fianco alle istituzioni, ma in quel momento la mia fede nella giustizia venne messa in crisi. Però c’è da dire che nonostante quell’attacco lo Stato ha tenuto, mentre poteva succedere qualcosa di irrimediabile”.
La verità sembra sempre troppo lontana da raggiungere.
“La politica ha le sue colpe. La classe dirigente fa di tutto per nascondere le cose che non vanno. C’è un cuscinetto insano tra le sfere della malavita e le istituzioni”.
In altre parole, ci scontriamo con interessi in collusione?
“Mi riferisco all’amoralità di quei politici che si servono di una rete tentacolare di conoscenze per tenere sotto silenzio la verità. Ma io credo ancora che ci sia chi non è disposto a entrare in questi giochi perversi”.
Riguardo la strage che ha visto coinvolta la sua famiglia, in prima persona sua figlia, per anni si è creduto ad una matrice mafiosa, mentre da qualche tempo si intravedono le ombre delle istituzioni deviate. Come ci si sente ad essere stati traditi, se così fosse, da chi invece doveva difendervi?
“È una consapevolezza che ci fa stare malissimo. Ma la sensazione che doveva esserci qualcosa oltre le colpe mafiose, l’abbiamo sempre avuta. Poi queste sensazioni hanno preso forma in alcune verità acquisite durante il processo, con deposizioni e intercettazioni che tirano in ballo ‘menti raffinate’”.
Quando l’anno scorso sua figlia si è laureata, lei ha scritto una lettera a Salvatore Riina, per comunicargli “una rivincita su quei 300 chili di tritolo usato sulla pelle di innocenti”. Da cosa viene la spinta a cercare sempre la verità?
“La nostra è la forza della disperazione. Quando si ha a che fare con alte sfere che vogliono nascondere qualcosa di molto grave, allora si fa anche un tentativo col ‘capo dei capi’. Vediamo se parla lui. Perché credo nei collaboratori di giustizia, per fare luce in quelle sacche dove la verità e la democrazia non ci sono”.
Ci vuole un impegno più concreto delle istituzioni?
“Ci devono ridare la fede che ci hanno tolto. Continuiamo a crederci, ma devono aiutarci a ritrovare quello che abbiamo perso”.
Nell’anniversario della strage di Ustica, il presidente Giorgio Napolitano ha ammesso che è difficile fare luce su un drammatico evento come quello.
“Le istituzioni non possono avere paura nella lotta alle forze oscure. La nostra paura è che questa debolezza possa aprire di nuovo la strada al tritolo e agli aerei che saltano”.
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27 Giugno 2010, 00:11