22 Luglio 2011, 17:07
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Il silenzio. A far male agli oltre mille lavoratori del Cefop è il silenzio. Lo racconta una di loro, nel baccano assordante dei locali della presidenza dell’ente. Dove, per poco, oggi non raccoglievano un cadavere. Un giovane, disperato, che ha tentato di gettarsi dal terzo piano dell’edificio di via Cordova.
Hanno scritto a tutti. Compreso il presidente della Repubblica. Questo raccontano i dipendenti, “ma nessuno ci ha mai risposto”. Nel frattempo, si accumulavano gli stipendi arretrati. Sono quattordici, oggi. Nel frattempo, nello stesso tempo, scadevano le rate dei mutui, gli affitti, le bollette. E cresceva l’angoscia.
“Siamo le vittime di un sistema che è da riformare”, dicono oggi. “Ma la riforma non può passare sulla nostra pelle”. Ieri s’è inseditato un tavolo di crisi. E mai la parola fu più azzeccata. Quello della Formazione professionale, del Cefop, oggi, è davvero uno stato di crisi. Diecimila i lavoratori a rischio licenziamento. Mille solo nell’ente presieduto da Nino Perricone. Ente che ha perso la sua partita al Tar qualche giorno fa. “Il Cefop non può rientrare nel Prof” ha sentenziato il giudice amministrativo.
Di speranze, insomma, ne sono rimaste poche. E una “è dolorosa, triste, tristissima” dicono i dipendenti. “Ieri ci hanno detto che l’unica cosa che ci resta è chiedere le cassa integrazioni in deroga. Diventeremo dei cassintegrati. E, qui sta la tristezza della situazione, molti di noi si sono quasi sentiti più sereni dopo questa notizia. Tra l’altro – aggiungono – a noi risulta che questa misura non può essere prevista per i lavoratori degli sportelli multifunzionali, che sono finanziati dal Fondo sociale europeo”.
Ma la notizia dell’assegnazione della cassa integrazione in deroga, per un po’, è rimasta tale. Dopo il documento sottoscritto ieri dai componenti del tavolo di crisi (oltre al presiedente Perricone, i sindacati, un dipendente del Cefop e il responsabile della taslk force occupazione Totò Cianciolo), serviva l’ok del Cda dell’ente.
“Ma stamattina, qui in sede – raccontano i dipendenti – non si è visto nessuno. Serviva la loro decisione, che non arrivava. Così è esplosa la rabbia”. E la rabbia ha portato a liti tra i dipendenti, vetri rotti e persino al tentativo di suicidio di un giovane lavoratore: “Un ragazzo – raccontano – che sta già attraversando numerose difficoltà. E questa situazione rischia di rendere la sua situazione insostenibile. Ha provato – aggiungono i testimoni – a gettarsi dal terzo piano, dalla tromba delle scale. Lo abbiamo fermato appena in tempo”.
Il silenzio. Lo cercava anche quel lavoratore del Cefop. Fermato in tempo. Mentre il frastuono non diminuisce, nella sede del Cefop di via Cordova. “Stanno preparando gli elenchi da inviare al ministero”, raccontano. Già, il Cda s’è presentato. Per forza. C’è un limite anche al silenzio.
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22 Luglio 2011, 17:07