03 Novembre 2024, 07:38
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(*) Un mese prima delle elezioni in Liguria, il destino della coalizione di centrodestra sembrava segnato, nonostante l’individuazione di un candidato serio ed autorevole come il sindaco di Genova, Marco Bucci. Un mese dopo questa coalizione ha vinto, sia pure sul filo di lana, ma comunque con uno scarto superiore all’1% dei (pochi) votanti.
E tutto ciò nonostante il centrosinistra avesse proposto una candidatura di assoluto rispetto, indicando uno dei leader più autorevoli e riconosciuti del PD, Andrea Orlando.
Molto semplicemente è accaduto che ancora una volta il centrosinistra ha scelto di dividersi, di non mettere in campo una coalizione compatta e coesa, ma di procedere per esclusioni, di fare prevalere i veti anziché dedicarsi alla raccolta dei voti.
A ciò si è aggiunta l’ulteriormente divisiva decisione di Giuseppe Conte, leader dei 5stelle, che ha scelto di licenziare pochissimi giorni prima del voto il fondatore del movimento, Beppe Grillo. Scelta ancor più improvvida considerando che la Liguria è proprio la terra di origine di Grillo.
Facile immaginare lo sconcerto ed il disimpegno dei sostenitori dell’ex comico e quindi il disastroso risultato dei 5stelle alle elezioni.
Ma torniamo alle divisioni. Dopo la scelta di Matteo Renzi di rinunziare definitivamente al progetto del Terzo Polo e di tornare nell’alveo del centrosinistra, con l’obiettivo di costituire la frazione moderata, riformista e di centro della coalizione, Italia Viva ha dato la disponibilità di aderire rinunciando al simbolo ed allineandosi in una lista riformista a sostegno di Orlando, schierando propri candidati con esponenti di liste civiche e di altre forze moderate.
Non è bastato. Giuseppe Conte (sempre lui) ha posto il veto e ottenuto l’esclusione dei candidati riconducibili ad Italia Viva dalla coalizione.
Col senno di poi è facile dimostrare che questa scelta è stata rovinosa per la candidatura di Andrea Orlando. Sarebbero bastati i voti, sia pure non esondanti, ottenuti da Stati Uniti di Europa in Liguria alle elezioni europee per sovvertire l’esito delle elezioni.
In un contesto sostanzialmente spaccato a metà, anche una forza del 2-3% può risultare determinante. Uniti si vince, con i veti si perde. In Italia il centrosinistra è riuscito ad unirsi esclusivamente con Prodi, che, non a caso è riuscito a battere ben due volte Berlusconi. In Sicilia il centrosinistra ha vinto solo con Crocetta, ma perché, una volta tanto, era stata la destra a dividersi in due tronconi…
Insomma, una “lezione” chiara e non nuova, che la segretaria del PD, Schlein, ha già dimostrato di aver compreso, ma che Conte si ostina a rifiutare, se è vero come è vero che subito dopo il voto ha dichiarato che con Renzi “avremmo preso ancora meno voti” …
Ma ormai è tempo di guardare al futuro. E di provare a costruirlo.
Autorevoli commentatori come Paolo Mieli sul Corriere, ma anche esponenti di rilievo del PD, come Andrea Bonaccini, si sono già espressi con chiarezza. “Il PD deve rendersi conto che è un azzardo lasciare alla destra l’intero spazio dell’area moderata”, ha detto Mieli. “Non si può rimanere ostaggio di queste scorie. Servono anche i moderati”, ha aggiunto Bonaccini.
Altre voci hanno invece riaffermato le ragioni della divisione, ribadendo l’impossibilità di costruire un programma comune a tutto il centrosinistra su alcuni temi fondamentali, dall’energia alla politica estera. Come mettere insieme la propensione al nucleare dei centristi con la fideistica affermazione dell’esclusività delle energie rinnovabili propugnata dai Verdi? Come conciliare le critiche più volte espresse nei confronti del green deal europeo con la totale adesione di AVS? Come rendere compatibili il pacifismo ed un certo antiamericanismo propri della sinistra più estrema con il dichiarato atlantismo delle forze moderate?
In realtà il partito che più apertamente si è mosso in favore del nucleare è Azione, che sta raccogliendo firme per una proposta di legge che propugna un mix di fonti energetiche quale soluzione per il futuro (strategia peraltro totalmente condivisa dal sottoscritto). Ma non risulta che ci siano stati veti nei confronti di Calenda in Liguria…
E d’altra parte la posizione del PD è stata ferma e chiara fino a questo momento in occasione dell’invasione russa dell’Ucraina e della guerra in Medio Oriente. Mai il PD ha messo in discussione il sostegno anche in termini di aiuti militari all’Ucraina per difendersi dall’aggressione; mai ha dubitato sulla vicinanza ad Israele, pur con le giuste e doverose riserve sulla proporzionalità della reazione attuata dal governo di destra di Netanyahu. Anche qui non risulta che ci siano stati veti nei confronti della Schlein…
Insomma, è estremamente difficile che possa esistere un programma sul quale tutte le forze di una coalizione di centrosinistra possano convergere in modo completo ed assoluto. Spesso neanche in un solo partito questo accade, ma nemmeno il centrodestra è granitico nelle sue posizioni, sia a livello nazionale che, ancor di più, a livello regionale. Quello che invece serve per costituire una coalizione è un collante, un principio unificatore.
Qualcuno, forse malignamente, sostiene che il collante del centrodestra è la gestione del potere. Per il centrosinistra il collante non può essere soltanto l’avversione a questo governo, alla sua presidente e ai suoi ministri. Non può bastare.
Il collante può e deve essere la difesa della sanità, della scuola e dell’università pubblica, la difesa dei diritti, la visione del fenomeno migratorio come opportunità e non come maledizione. Il collante può essere la difesa dei salari, sempre più insufficienti, che stanno creando ampie fasce di nuovi poveri.
Ma soprattutto il collante, in questo preciso momento storico, può e deve essere la difesa della Costituzione italiana. Quella Costituzione che il governo Meloni, nelle sue diverse anime, cerca di demolire ogni giorno.
Che sancisce l’Unità e l’Indivisibilità del Paese, che l’autonomia differenziata verrebbe inevitabilmente a compromettere. Che mette al centro la suprema figura di garanzia del Presidente della Repubblica quale Capo dello Stato, che verrebbe scalfita dal premierato. Che si basa sul bilanciamento e sull’indipendenza dei Poteri, ogni giorno minacciata dai continui attacchi alla Magistratura.
Non mi sembra che questi punti siano pochi per costituire un collante. Il resto sono questioni personali che non portano a nulla se non ad un perpetrarsi della vittoria della destra: divisa, ma unita quando serve. (*) L’autore è componente dell’esecutivo di Italia Viva
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03 Novembre 2024, 07:38