20 Settembre 2015, 10:05
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Destagionalizzare, ovvero estendere la stagione turistica a 12 mesi l’anno. Il sogno di ogni imprenditore del settore, ma termine di cui troppo spesso e sempre più ricorrentemente si fa un uso smodato, quasi come un jolly da usare a fini statistici e/o come slogan per campagne elettorali.
Chi fa questo mestiere ha perfettamente idea dei movimenti e dei potenziali flussi turistici che la Sicilia sarebbe in grado di accogliere e non ha certo bisogno di nascondersi dietro a un neologismo, ma oggi, nella nostra terra, avere lo stesso o un costante flusso di turisti tutto l’anno, differenti target (età, ceto sociale, professione, interessi, passioni e motivazioni) e una programmazione più ampia è solo una chimera.
Le ragioni sono molteplici, e in linea di massima esulano dalle strutture ricettive. Ma purtroppo una risoluzione non è facilmente auspicabile perché tutte le ragioni riconducono allo stesso punto, il sistema. Che non funziona.
Oggi la Sicilia è una destinazione stagionale con un forte appeal “destagionalizzato”. Sono moltissimi i viaggiatori pronti ad arrivare nell’isola anche in autunno e inverno, e soprattutto negli ultimi mesi, grazie a una oculata opera di promozione e commercializzazione soprattutto del prodotto “Luxury Travel” (che per sua essenza non ha stagionalità), si sono moltiplicate le richieste di viaggiatori di alta gamma interessati a trascorrere l’inverno in Sicilia. Si tratta di turisti per lo più indipendenti, di fascia socio-economico altissima e noti opinion-leader interessati a unire cultura e tradizione, calore e colore, e a scoprire eventi, itinerari enogastronomici e strutture ricettive di livello superiore. Il sogno di ogni addetto ai lavori, insomma. Gente facoltosa pronta a spendere, in destinazioni top. Come Taormina. Che da novembre a marzo chiude i battenti. Sì. La stessa Taormina che, fino agli anni ‘60 ospitava scrittori, artisti, attori, capi di stato ed era al centro dell’universo turistico mondiale, oggi si ritrova a essere deserta per tutto l’inverno. Deserta.
Chiudono le migliori strutture alberghiere, i negozi e i ristoranti. Quella stessa Taormina regina del turismo dell’isola, immortalata e descritta da tutti i grandi viaggiatori degli ultimi tre secoli, chiude per ferie, una sorta di “fuori stagione”. Come se fosse un negozio. Qualsiasi albergo di categoria superiore preferisce chiudere, sostenendo comunque gli oneri invernali dovuti, piuttosto che rischiare di scommettere sulla bassa stagione. E così, pian piano, è morta una delle nostre più importanti destinazioni. E purtroppo Taormina, soggiogata anche dalla recente politica turistica punitiva adottata dall’amministrazione, cioè l’aumento massimo dell’imposta di soggiorno, è solo la punta dell’iceberg. Quella più esposta, poiché più nota.
Perché la vera origine del problema è sempre lì, il sistema: il turista vuole poter contare su determinati servizi che, se non trova, lo spingono, inevitabilmente, a cambiare destinazione. Quindi anziché scegliere una Sicilia deserta, lontana dai circuiti mondiali perché priva di qualsiasi forma di intrattenimento che spazi dalle manifestazioni teatrali e concertistiche alle tappe delle più importanti competizioni sportive, finiscono per optare per il deserto, sì, quello vero del Kalahari o del Sahara, in cui a differenza della Sicilia è plausibile aspettarsi un lungo elenco di disservizi: spiagge non attrezzate, collegamenti difficili se non addirittura interrotti, alberghi e ristoranti chiusi. Come salvarci? Come parlare di destagionalizzazione, allora?
Ai singoli imprenditori turistici non si può addebitare nulla. Sono gli unici che continuano a credere che un cambiamento sia possibile. Solo che farlo con abnegazione non serve, né tantomeno in maniera del tutto autoreferenziale, come spesso accade, perché é improduttivo. Il cane che si morde la coda, insomma. Urge cambiare. Il turismo necessita di una sinergia che deve nascere da un dialogo chiaro, forte tra gli interessati, imprenditori e istituzioni, che abbia come fine ultimo l’interesse e il miglioramento comune. Prima di qualsiasi destagionalizzazione che al momento non è chiaramente possibile. Servono tavoli tecnici concreti. Serve investire pensando al domani, non a un futuro lontano. La prossima (e vicina) stagione è già in arrivo.
Limitarsi a ribadire quanto la “Sicilia possa vivere di turismo” è solo un bla bla bla riempi vuoti che non salva nessuno. Qui si tratta di sopravvivenza, di capire che la concorrenza si è già attrezzata a misura di turista. Persino il deserto oggi ha più appeal della Sicilia in inverno. Vogliamo restare a guardare? Concorrenti che hanno indiscutibilmente messo al primo posto il comune interesse mirato a uno sviluppo e a un potenziamento forte del settore turistico stanno avendo la meglio. E’ indiscutibile. Servono fatti concreti e istituzioni disponibili a rivalutare la nostra Isola. Addetti ai lavori, chi apre il tavolo tecnico?
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20 Settembre 2015, 10:05