Valeria uccisa dalla chemio killer | Stangata per cinque imputati - Live Sicilia

Valeria uccisa dalla chemio killer | Stangata per cinque imputati

Valeria Lembo e la prescrizione che l'ha uccisa

La giovane donna, aveva 34 anni, quando nel 2011 fu uccisa da una dose eccessiva di farmaco. Un'incredibile storia di malasanità che si conclude in primo grado con una raffica di condanne. Il giudice Claudia Rosini è andata oltre le richieste dei pubblici ministeri. Il marito: "Contento per la sentenza ma resta la tragedia".

PALERMO - LA SENTENZA
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PALERMO – “Inaccettabile, vergognoso”, erano andati giù duro con le parole i pubblici ministeri Emanuele Ravaglioli e Francesco Grassi per ricostruire quanto accaduto a Valeria Lembo. La giovane donna, aveva 34 anni, quando nel 2011 fu uccisa da una dose killer di chemioterapia. Un’incredibile storia di malasanità che si conclude in primo grado con una raffica di condanne. Il giudice Claudia Rosini è andata oltre le richieste dei pm e ha pire assegnato risarcimenti milionari ai familiari della vittima.

Ecco gli imputati e le rispettive pene: 4 anni e sei mesi, per omicidio colposo,l’ex primario di Oncologia del Policlinico Sergio Palmeri; sette anni l’oncologa Laura Di Noto accusata, oltre che di omicidio colposo, anche di falso; sei anni e mezzo lo specializzando Alberto Bongiovanni, anche lui accusato di omicidio colposo e falso. Quattro anni ciascuna alle infermiere professionali Clotilde Guarnaccia e Elena D’Emma, accusate di omicidio colposo. L’unico assolto è lo studente universitario Gioacchino Mancuso, difeso dagli avvocati Giovanni Di Benedetto e Paolo Sanfilippo.

Fu una catena di errori a segnare la condanna a morte di Valeria. Il tutto culminato con un numero 9 diventato 90. Tanti furono i milligrammi di antitumorale – la Vinblastina – iniettato nel sangue della paziente. Una dose dieci volte superiore a quella necessaria che non lasciò scampo alla donna, madre di un bimbo di pochi mesi, affetta di un linfoma di Hodgkin. Morì al termine di un calvario dopo che “il farmaco divorò il suo corpo”.

“Sono stati commessi errori macroscopici e grossolani – avevano spiegato i pm – sia nella preparazione che nella somministrazione del farmaco. Eppure “erano suonate campane, altro che campanelli d’allarme”. La Vinblastina fino a quel giorno maledetto era stata somministrata in vena con una siringa e improvvisamente fu necessaria una flebo. La stessa vittima lo fece notare, ma le fu risposto che andava bene così. Il tutto “perché non avevano alcuna conoscenza del farmaco, non avevano alcuna idea. Altro che 90, potevano essere pure otto chili perché i sanitari non sapeva nulla della Vinblastina. Non possiamo accettare – continuavano i pm – che non sapessero costa stavano facendo. Posso non saperlo io, oppure un meccanico, da parte loro è inaccettabile”.

“Vergognoso – così fu definito – è il fatto che né nella cartella clinica del giorno del ricovero, né in quella con la quale la paziente venne trasferita si faccia riferimento all’errore. Si parla di gastroenterite”.

“Giustizia è stata fatta – spiega il legale dei familiari di Valeria, l’avvocato Marco Cammarata -.I familiari ringraziano la Procura per il lavoro svolto. Le pene sono congrue di fronte ad un episodio imperdonabile e senza precedenti”. Il giudice, infatti, si è spinto, nel caso di uno degli imputati, fino al massimo della pena previsto dal codice, stabilendo anche un lungo periodo di interdizione dalle rispettive professioni per gli imputati. Non solo, la sentenza sarà trasmessa agli ordini professionali e pubblicata sul sito del Ministero della giustizia. Infine, il giudice ha trasmesso gli atti alla Procura per valutare se siano stati commessi altri reati.

*Aggiornamento ore 19.42
“Sono felice perché il giudice ha dato condanne che fanno in parte giustizia, riconoscendo le responsabilità di chi ha sbagliato. La nostra tragedia rimane la stessa. Sono contento però dell’interdizione dalla professione che il giudice ha voluto riconoscere perché questo può impedire che succedano le stesse cose in futuro”. Così Tiziano Fiordilino, marito di Valeria Lembo, la donna uccisa nel 2011 da una dose eccessiva di un farmaco chemioterapico: la vinblastina. I due coniugi hanno anche un bambino di tre anni. “Mi chiede sempre della mamma – ha detto – Ovviamente non sa nulla del processo. Ogni volta che c’è stata un’udienza, gli abbiamo detto che andavamo dal dentista. Un giorno gli spiegherò la verità”.

 

 


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