Smettetela di offendere | la memoria di Norman

di

22 Dicembre 2010, 06:13

2 min di lettura

La mia idea sul suicidio non è mutata.  Continuo a considerarlo un errore comunque. Ma Norman Zarcone, almeno ai miei occhi, è un ragazzo da amare per come ha vissuto. La sua intatta dignità respira nelle azioni e nelle parole di coraggio della sua esistenza. Perciò, adesso, mi metto al fianco di suo padre Claudio. E gli offro il sostegno di Livesicilia per denunciare il mercimonio che si sta consumando sulla memoria di Norman. Stavolta il ministro Gelmini non ha sbagliato. Chi scrive crede sinceramente che la lettera ministeriale inviata al rettore di Palermo, con l’auspicio che un’aula venga presto dedicata allo sfortunato dottorando in Lettere, sia stata scritta dal cuore. Viene dalla sensibilità di una giovane donna, vilipesa con toni inaccettabili, ferma restando la possibilità di critica alla sua riforma.

Il mercimonio è degli altri. Di certi studenti che al solo sentire accostarsi il nome del ministro al nome di Norman si sono ritratti con evidente disgusto. E hanno denunciato “l’uso politico” della vicenda. Poniamo il caso che la missiva ministeriale sia un cinico espediente per accattivarsi simpatie, in un momento delicato. Non lo crediamo: il ministro Gelmini – a prescindere dalla valutazione del suo operato – ha mostrato di infischiarsene, forse troppo, del parere degli altri. In ogni caso, la logica sta dalla sua. Perché se Norman si è ucciso da vittima dell’esistente sistema baronale universitario non ha senso utilizzare il suo gesto per opporsi alla riforma, al “cambiamento”. Norman Zarcone, per quanto ne sappiamo e per ciò che è stato raccontato, è un caduto della vecchia università, non è un bombarolo saltato per aria mentre appiccava il fuoco alle polveri della costruzione ministeriale.

Articoli Correlati

Infatti, Claudio – padre e custode principale dei ricordi del figlio – ha avuto aggettivi di apprezzamento per la signora Gelmini. Immaginiamo che le sue parole lo rendano già un paria agli occhi dei barricaderi estremi.  Da qui la necessaria sconfessione del ministro attivata dagli studenti in trincea: “Uso politico”. Come dire: Norman è nostro, ci serve per raccontare il disagio di una generazione. E’ una ferita meno atroce solo perché il ministro Gelmini ha promesso una intitolazione di aula? E qualche domanda la poniamo al rettore Lagalla che denuncia le forzature della vicenda. Ci sono state da parte di qualcuno. Ma è pure vero che il nepotismo, in senso proprio o generico,  è un cancro della sua Università, come di altre. Lo è sempre. E continua a esserlo, nonostante il volo di un ragazzo splendido che non smetteremo di amare. Non è forse questo il vero nodo da sciogliere al più presto, rettore Lagalla? Non è un’oscenità che grida vendetta più di certe strumentalizzazioni? Quanti altri Norman, con o senza tragico epilogo,  occorrono perché si faccia davvero giustizia?

Pubblicato il

22 Dicembre 2010, 06:13

Condividi sui social