"Chiamate con il telefono aziendale" | Assolta l'ex direttrice del Pagliarelli - Live Sicilia

“Chiamate con il telefono aziendale” | Assolta l’ex direttrice del Pagliarelli

L'ex direttrice del carcere di Pagliarelli Laura Brancato

Laura Brancato (nella foto) aveva rinunciato alla prescrizione. Passa la linea che il danno di appena 20 euro non giustifica l'esistenza del dolo che serve a fare scattare l'accusa di peculato d'uso.

PALERMO – Il fatto non sussiste. Laura Brancato incassa un’assoluzione piena dall’accusa di peculato d’uso. L’ex direttrice del carcere Pagliarelli di Palermo aveva rinunciato alla prescrizione certa di potere scrollarsi di dosso l’ipotesi di avere commesso un reato utilizzando il telefono aziendale per delle chiamate private.

Il processo era tornato in appello dalla Cassazione che aveva annullato con rinvio la sentenza di condanna a due mesi e dieci giorni, commutata in una sanzione da 2.340 euro. “L’assoluzione ripaga da tante amarezze, ma la ferita, personale e professionale, non si rimargina”, dice la Brancato nel corridoio del Palazzo di giustizia, tradendo la commozione. La funzionaria, proprio a causa dell’inchiesta, era stata sospesa dall’incarico e trasferita al ministero a Roma. Un trasferimento che ha segnato una brusca frenata nella sua carriera.

In primo grado la condanna era stata più pesante – un anno – perché il reato contestato era il peculato, poi derubricato nel più lieve peculato d’uso. Il procedimento era nato da un esposto del Sinappe, il sindacato di polizia penitenziaria. Le contestazioni, all’inizio, erano pure più ampie. La Brancato, secondo l’accusa, non aveva pagato il ticket facendo finta che alcuni esami clinici eseguiti all’ospedale Civico non erano suoi ma dei detenuti. Ed ancora: si era ipotizzato che l’imputata avesse ascoltato le chiamate fatte dai dipendenti dell’istituto di pena. Queste accuse, però, erano cadute già in primo grado.

Era rimasta in piedi la storia delle telefonate con il marito e il figlio risalenti al periodo ottobre 2007- maggio 2008. L’avvocato Vincenzo Lo Re aveva prodotto i tabulati e concentrato la difesa sull’irrilevanza del danno: le telefonate contestate avevano avuto un costo di poco superiore ai venti euro in virtù di una convenzione favorevole siglata dall’amministrazione penitenziaria con una compagnia telefonica. Una manciata di euro che facevano venire meno l’elemento soggettivo del reato legato al dolo. Ora è arrivata l’assoluzione in appello.


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