05 Gennaio 2014, 21:40
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CATANIA – “I ragazzi di oggi, quelli nati dopo l’omicidio di mio padre, sanno perfettamente chi lo ha ucciso e perché. Questa è la nostra vera vittoria”. Lo ha detto Claudio Fava, figlio di Giuseppe, giornalista ucciso trent’anni esatti fa da Cosa Nostra a pochi metri di distanza dal teatro Stabile di Catania. L’occasione è stata quella della consegna del premio giornalistico che la Fondazione dedicata al direttore de I Siciliani ha conferito quest’anno a Maurizio Chierici, già cronista del Corriere della Sera, dell’Unità e blogger oggi de Il Fatto quotidiano. L’evento di stasera è avvenuto quasi in contemporanea con il match di Serie A Juventus – Roma. La metafora calcistica è dunque d’obbligo. Anche quando a consegnare il premio sono quattro, ormai ex, “ragazzi” del team capitanato da Giuseppe Fava. “La Mafia avrebbe voluto che nessuno si fosse ricordato di mio padre – ha aggiunto Claudio Fava -, avrebbero voluto che fosse ucciso due volte. Pensavano di aver vinto loro. Non pensavano sicuramente che trent’anni dopo noi quattro ci saremmo riuniti qui stasera. La vera vittoria è la nostra presenza”.
I quattro sono appunto Claudio Fava, Miki Gambino, Riccardo Orioles e il caporedattore del Tg di La 7 Antonio Roccuzzo. “Dopo trent’anni – riferisce il giornalista in forza al telegiornale di Enrico Mentana – la nostra tattica di gioco è sempre la stessa: ciascuno di noi continua a sentirsi dentro un grande bisogno di verità e libertà. Quello slancio è necessario per chi vuole esercitare qualsiasi mestiere e in particolare il nostro. Noi, inoltre, abbiamo avuto il privilegio di trovare in Giuseppe Fava una grande maestro”.
E nel racconto dei suoi “discepoli”, lo stile giornalistico del direttore de I Siciliani ha dei tratti ben decifrabili: “Lui ci spingeva – racconta Gambino – a mettere del pathos in ogni nostro articolo. Voleva delle vere e proprie sceneggiature, voleva che raccontassimo i personaggi e che entrassimo nelle logiche di chiunque. Questo ho fatto – aggiunge – anche quando mi sono occupato, su spinta di Fava, di investigare sul mondo delle banche. Lui allora già capiva che la vita economica della città sarebbe passata da lì”.
Quella de I Siciliani fu una storia che, ad ogni modo, continuò anche dopo il vile assassinio del suo direttore. E anche dopo le ovvie paure del momento. Un sentimento che portò Riccardo Orioles a non presenziare alle esequie di Fava: “Non me la sentivo – ha raccontato – era un momento delicato e non ce la facevo. Mettiamola così – ha detto Orioles, troncando il discorso – stavo scrivendo un pezzo per il giornale”. Nei fatti, il primo numero de I Siciliani uscito dopo l’omicidio Fava riportava un editoriale scritto e pensato dallo stesso Orioles. Quel testo è per Claudio Fava è uno dei momenti più alti dell’Italia repubblicana. “Mentre tutti avrebbero potuto lanciare strali di vendetta o di vuota retorica – dice il figlio del direttore ucciso – Riccardo ha puntato su di un altro registro: ‘Ci scusiamo coi lettori – ha scritto – per i tre giorni di ritardo di questo numero. Ora però bisogna andare avanti, in modo deciso e organizzato’”.
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05 Gennaio 2014, 21:40