Ciancio, chiesto rinvio a giudizio |Cinque pilastri dell’accusa

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10 Aprile 2015, 20:04

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CATANIA- La Procura di Catania ha chiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per l’editore e imprenditore catanese Mario Ciancio, ipotizzando il reato di concorso esterno all’associazione mafiosa. La richiesta è stata depositata – come riporta un comunicato – lo scorso 1 aprile 2015.  In precedenza la Dda etnea aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo, ma il Gip in udienza camerale aveva sollecitato nuove indagini. Secondo quanto apprende l’ANSA, il fascicolo era stato assegnato al Gup Marina Rizza, che si è astenuta restituendo gli atti al presidente dell’ufficio, Nunzio Sarpietro, che non ha ancora assegnato l’incarico a un altro giudice. Nell’avviso di conclusione delle indagini la Procura di Catania sottolineava che “la contestazione si fonda sulla ricostruzione di una serie di vicende che iniziano negli anni ’70 e si protraggono nel tempo fino ad anni recenti” e “riguardano partecipazione ad iniziative imprenditoriali nelle quali risultano coinvolti forti interessi riconducibili all’organizzazione Cosa Nostra” e in particolare a un centro commerciale. Titolari dell’inchiesta sono il procuratore Giovanni Salvi, l’aggiunto Carmelo Zuccaro e il sostituto Antonino Fanara.

Cinque punti e un preambolo rappresentano i pilastri delle accuse, svelate a febbraio dal mensile “S” in esclusiva, che la Procura muove a Ciancio. Ciancio è indagato di concorso in associazione mafiosa “per avere concorso -si legge nell’avviso- pur senza esserne formalmente affiliato, nell’associazione di tipo mafioso Cosa nostra, organizzazione criminale operante in Catania e, in sinergia con altre famiglie, nel territorio siciliano, apportando alla stessa un concreto contributo casuale ai fini della conservazione, del rafforzamento, anche sotto il profilo economico-finanziario e, più in generale, del potere di infiltrazione nel tessuto sociale, e comunque della realizzazione del programma criminoso dell’associazione mafiosa per quanto attiene, tra l’altro, al controllo del territorio, ai rapporti con le varie famiglie di Cosa nostra delle altre province, ai rapporti con le istituzioni politiche e amministrative, all’acquisizione diretta e indiretta della gestione o comunque del controllo di attività economiche, di concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici e al conseguimento di profitti e vantaggi ingiusti”.

Cinque sarebbero, secondo la Procura, i pilastri del presunto contributo che Ciancio avrebbe dato alla mafia. “Metteva -recita l’atto notificato a Ciancio- a disposizione dell’organizzazione criminale la propria attività economica, finanziaria e imprenditoriale avente ad oggetto, tra l’altro, l’editoria, l’emittenza televisiva, la proprietà fondiaria e l’attività edilizia, centri commerciali, centri turistici, aeroporti, posteggi ed altre lottizzazioni”.

Mario Ciancio avrebbe promosso “affari di interesse dell’associazione mafiosa, anche mediando con soggetti politici e della pubblica amministrazione”.

Il potente editore catanese avrebbe costituito “società a cui faceva partecipare persone legate all’organizzazione criminale” e partecipato “alla distribuzione di lavori controllati direttamente o indirettamente dall’organizzazione mafiosa”.

E ancora, Ciancio avrebbe affidato “lavori per la realizzazione di progetti o affari da lui promossi ad imprese mafiose o ad imprese a disposizione della medesima associazione mafiosa”.

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L’INTERVENTO DI SALVI. Il procuratore Capo Giovanni Salvi ha spiegato che “la contestazione nei confronti di Mario Ciancio si fonda sulla ricostruzione di una serie di vicende che iniziano negli anni ’70 e si protraggono nel tempo fino ad anni recenti; si tratta in particolare della partecipazione ad iniziative imprenditoriali nelle quali risultano coinvolti forti interessi riconducibili all’organizzazione Cosa Nostra, catanese e palermitana”.La Procura ha inserito nel fascicolo gli accertamenti condotti con le auotità svizzere che hanno consentito “di acquisire la certezza”, sottolinea Salvi, “dell’esistenza di diversi conti bancari”.

In particolare Ciancio ha depositato 52.695.031 euro in Svizzera, somme “che non erano state dichiarate -sottolinea la magistratura- in occasione dei precedenti scudi fiscali”.

Secondo la ricostruzione della Procura, Ciancio avrebbe fornito indicazione della provenienza dei fondi, che “ha trovato smentita negli accertamenti condotti”.

LA REPLICA. “Alla Giustizia nella quale ho piena fiducia mi presento certamente turbato, amareggiato per le accuse che mi vengono rivolte. Direi indignato, anche, per vedere messa in discussione la mia onorabilità, la mia onestà, quella della mia famiglia e quella del mio giornale. Turbato, amareggiato, indignato e innocente. E pronto a dimostrarlo”. Lo afferma l’editore Mario Ciancio sulla richiesta di rinvio a giudizio per concorso esterno all’associazione mafiosa depositata dalla Procura di Catania. “E’ stato costruito un castello di accuse – osserva Mario Ciancio – utilizzando l’architettura del sospetto, disegnando un teorema che incastra fatti lontanissimi nel tempo con vicende recenti o attuali che nulla hanno a che fare con la mia persona. Inquinando storie private della mia famiglia, con questioni poco chiare che appartengono ad altri soggetti, alcuni da me semplicemente incontrati nello svolgimento del mio lavoro di imprenditore e direttore del mio giornale, e, molti altri, addirittura neppure conosciuti. Ed etichettando questo giornale come anello di una catena di trasmissione di azioni poco trasparenti, mentre chiunque può testimoniare, dai miei giornalisti a migliaia di lettori, che le pagine del quotidiano hanno da sempre dato spazio in questi settant’anni di vita a tutte le voci, a tutte le parti, a tutti coloro che, come me e come noi, si battono per la legalità, per lo sviluppo corretto della nostra economia, per proteggere e garantire a tutti libertà di espressione e spazi per manifestarla. In piena autonomia da tutti e da tutto. Sono innocente, assolutamente estraneo ai fatti che mi vengono contestati, come, del resto, la richiesta di archiviazione già avanzata dalla Procura aveva fatto emergere. Sono semplicemente innocente e lo dimostrerò”.

 

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10 Aprile 2015, 20:04

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