Cinque indagati in cinque mesi | La Lega in Sicilia è già nel caos

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05 Aprile 2018, 06:04

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PALERMO – Cinque indagati in cinque mesi. I recenti exploit elettorali dei leghisti in Sicilia rischiano di tradursi presto in materiale da cronache giudiziarie. Il risultato del movimento “Noi con Salvini” alle elezioni regionali del 5 novembre, e poi quello della Lega capace di lanciare verso Montecitorio e Palazzo Madama esponenti isolani era apparso uno dei dati più interessanti del panorama politico. Era il segno di quella “trasformazione” del partito che accuratamente faceva sparire la connotazione geografica, il Nord, dal suo nome. Ma non riusciva, allo stesso tempo, a rinunciare ai soliti nomi, alle solite facce.

È la versione rovesciata, o comunque sghemba, della metafora della “palma” di sciasciana memoria. Se al Nord, insomma, rischiavano di giungere, secondo lo scrittore racalmutese, vizi e abitudini della vita politica e civile della Sicilia, ecco che adesso è il Nord, in qualche modo, a “cercarseli” certi vizi, almeno potenzialmente. Anche col fatto, essenzialmente politico, di ricorrere, per mettere le radici in Sicilia a esponenti di una politica già nota. Nessuna novità, insomma, nei nomi dei leghisti di Sicilia. E, al netto di ogni accusa, tutta da dimostrare nei tribunali, sorprende semmai la “sorpresa” dei leader nazionali del Carroccio.

Bisogna ovviamente intendersi. Non c’era certamente la possibilità di prevedere “reati”, ancora del resto, come detto, solo allo stato di ipotesi, ma è anche quantomeno un azzardo politico pensare che esponenti della vecchia politica possano essere i promotori di una politica nuova.

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Per farla breve, da Tony Rizzotto eletto all’Ars e subito dopo indagato per una presunta appropriazione indebita nel mondo della Formazione, a Salvino Caputo e Alessandro Pagano, fai fatica a individuare il “nuovo” che avrebbe dovuto irrorare la “novità” della lega sicula. E invece, vai a guardare bene e scopri che Rizzotto fu già un fedelissimo di Raffaele Lombardo, ex governatore condannato per voto di scambio. Anche se adesso ne prende le distanze: “Ormai da parecchi mesi – scrisse a LiveSicilia poche settimane fa – ho aderito con la massima convinzione alla nuova Lega di Matteo Salvini e, pertanto, Lombardo rappresenta per me soltanto il passato”. Un passato dove le ombre di una politica “allegra” si erano allungate, eccome. È il 2012 infatti quando l’allora governatore Raffaele Lombardo sceglie proprio Rizzotto, che si era candidato senza successo nel 2008 alle Regionali tra le fila del Pdl, per guidare la società regionale “Italia Lavoro Sicilia”. Nomina che “salta” a causa di una incompatibilità: Rizzotto è infatti un dirigente del Comune di Palermo, ruolo che gli impediva di ricoprire quello di presidente dell’ente regionale. Poco male, Lombardo allora decise di nominare, al suo posto, Salvina Profita, la “compagna” del politico. Cosa che oggi farebbe saltare sulla sedia un fustigatore come Salvini.

Eppure, anche a queste vicende attinge la “nuova” Lega per trovare il proprio consenso in Sicilia. E di Salvino Caputo si conoscevano già le disavventure giudiziarie. Fu il primo siciliano a incorrere nelle conseguenze dettate dalla legge Severino: decadenza dall’Ars dopo una condanna a un anno e cinque mesi per tentato abuso d’ufficio: cercò di fare annullare alcune multe quando era sindaco di Monreale. Adesso l’accusa è quella del reato elettorale, insieme al fratello Mario. E l’inchiesta come detto coinvolge anche Alessandro Pagano e Angelo Attaguile, nemmeno loro proprio politici “di primo pelo”. Pagano fu assessore di quel Totò Cuffaro mai amato dai leghisti, poi deputato nazionale passato attraverso le varie esperienze del Pdl, del Nuovo centrodestra di Alfano alleato del Pd, prima dell’approdo nella “nuova” Lega di Salvini che un giorno sì e l’altro pure ha attaccato negli ultimi anni quel governo formato da Alfano e dal Pd. Una Lega che alle Regionali si è mostrata ai siciliani sotto le insegne del movimento “Noi con Salvini”, guidato da Angelo Attaguile, ex democristiano figlio di un senatore e ministro democristiano anche lui ha rappresentato un elemento di vertice del Movimento per le Autonomie di Raffaele Lombardo, prima della svolta “leghista”.

Da qui è ripartita, anzi partita la Lega dei siciliani. Questo il prezzo pagato per farsi spazio in Sicilia. Ma in cinque mesi ha portato a casa cinque indagini. E non solo. Oltre agli ottimi risultati elettorali, è stata capace di litigare, all’interno, soprattutto. E anche con gli alleati. Fin dalla nascita del governo Musumeci, che non contiene assessori leghisti. Una scelta che ha spinto l’unico deputato salviniano di Sala d’Ercole, Rizzotto appunto, a tirarsi fuori dalla maggioranza. E poi, ecco le altre le ultime, recentissime polemiche. Quelle tra lo stesso Rizzotto e Pagano, colpevole quest’ultimo, di avere “proceduto alla proclamazione di sé stesso quale segretario regionale del partito, nominando nel contempo il segretario provinciale e i quadri dirigenti in provincia di Palermo”. Una decisione contestata da Rizzotto: “Non risulta che qualcuno abbia mai proceduto ad assegnare, a chicchessia, incarichi di coordinamento territoriali, nel partito di Matteo Salvini nella sua nuova organizzazione”. Liti che ricordano quelle tra le correnti dei vecchi partiti. Quella vecchia politica che, al di là delle indagini, allunga le sue ombre sulla “nuova” Lega di Sicilia.

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05 Aprile 2018, 06:04

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