Città metropolitana nel pantano |Bianco e l’ente fantasma

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30 Ottobre 2016, 05:51

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CATANIA – Non c’è male, davvero. Terzo rinvio e quarta data del voto da mettere in calendario. Eccolo il Consiglio Metropolitano: un realtà che non ce la fa proprio a partire, così come stenta a prendere il volo la Città Metropolitana tutta, l’ente che de iure e de facto ha scalzato la vecchia Provincia regionale. Per una volta le responsabilità di questo pantano istituzionale non stanno a Catania bensì a Palermo. Sì, perché di pantano si tratta e anche profondo, denso di sviste tecniche, incertezze procedurali e grosse miopie politiche. Il “non detto” è, infatti, che il nuovo rinvio avrebbe fornito una stampella al Partito democratico siciliano e ad un centrosinistra privo di unità strategica. Dentro questo quadro, i distinguo de la Sicilia Futura di Nicola D’Agostino e quelli presunti degli ex articolisti di Luca Sammartino avrebbero pesato come un macigno su tutta la coalizione in chiave regionale.

Che si fa in questi casi? Si prende tempo. Ovvero, il più classico, ma anche il meno esaltante, schema di gioco che la politica può offrire a se stessa. Soprattutto quando di tempo ce n’è ben poco. Già, perché stando così le cose, la cittadinanza – la cosiddetta comunità amministrata – se ne fa ben poco di un’istituzione che dopo tre anni anni dalla sua trasformazione è funzionante solo a metà. In fondo, sarebbe riduttivo assai se la Città Metropolitana restasse l’ente che fa da cornice al Museo dello Sbarco, alla proiezione di In guerra per amore di Pif, alla Pubbliservizi e a un patrimonio immenso.

Ci vuole la politica. Ci vogliono gli organismi. Ci vuole il confronto. Senza questi la Città Metropolitana serve a poco anche a Enzo Bianco, che della nuova entità ne è di diritto il capo. Persino in quelle occasioni in cui c’è da sostenere la nomina, ad esempio, di Nico Torrisi alla Sac o l’investitura del nuovo segretario generale. È chiaro che avere un Consiglio a cui riferire dà pur sempre una legittimazione più ampia alle proprie azioni di governo. Una dialettica che sgombera preventivamente il campo da retropensieri e malumori.

Insomma, una Città Metropolitana monca è ancora più inutile di una Provincia ritenuta – forse frettolosamente – inutile. Non che si stava peggio quando si stava meglio, per carità. Ma senza rappresentanza la politica non dà il meglio di sé. Un vuoto che neanche l’esistenza della Conferenza Metropolitana, il tavolo che mette assieme tutti i sindaci dalla provincia, riesce a colmare.

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Non è un caso, infatti, se essa non è convocata dalla scorsa estate. E non solo perché non sta bene mettere troppi galli in uno stesso pollaio. Ma anche perché la coincidenza di troppi ruoli non li amplifica, ma li annulla. Soprattutto quando l’attuale legislazione – voto ponderato o no – fa sì che alcune aree si sentano già da sé sottorappresentate. Solo un Consiglio nel pieno delle sue funzioni può stemperare preventivamente il conflitto tra Ente e territorio. Solo una Città Metropolitana nel plenum delle sue prerogativa può dare valore al cambio di passo istituzionale in corso.

 

 

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30 Ottobre 2016, 05:51

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