Classico, fantasy, siciliano | I dieci libri da non perdere

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25 Dicembre 2012, 11:43

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PALERMO – Che fare nei lunghi pomeriggi di festa? Se non si ha voglia di riempire i centri commerciali o di sfidare la pioggia e il vento? In assenza di calcio (sicura) e di buona televisione (probabile)? O, per i fortunati, mentre si attende una coincidenza in qualche aeroporto, o in coda per qualche altra meta? Leggere. Il modo migliore per viaggiare senza biglietto e per oziare senza colpa. La scelta è ampia. Forse troppo. Meglio dunque farsi una lista personale con qualcosa di nuovo, qualcosa di vecchio, e naturalmente – parlando di libri – qualcosa di giallo.

 Capodanno in giallo (Sellerio 2012, 14,00 euro): è una raccolta di racconti che ha per oggetto il ‘dietro le quinte’ delle indagini di popolarissimi investigatori, la loro vita nell’intervallo fra un’impresa ed un’altra. Investigatori professionisti come Salvo Montalbano da Vigàta, il commissario di Andrea Camilleri o Rocco Schiavone, poliziottonoir di Antonio Manzini; ma anche dilettanti, come il pensionato Amedeo Consonni, il dilettante del crimine che si muove nella Casa di Ringhiera immaginata da Francesco Recami; KatiHirschel, libraia turco-tedesca nella seducente Istanbul; l’elettrotecnico Enzo Baiamonte che risolve delitti di quartiere nella Palermo di Gian Mauro Costa; Massimo il Barrista delBarLume del toscano Marco Malvaldi. L’ultima notte dell’anno, fra un brindisi e una festa, svela aspetti non meno interessanti delle loro personalità. 

Chi preferisce invece l’indagine classica, lunga, non può perdere l’ultima del “detective del vino”: il commissario Cosulich in Prendete e bevetene tutti, di G. Negri (Einaudi 2012, 18,00 euro). Ecco subito il mistero: chi ha ucciso Mario Salcetti, inventore in Franciacorta delle bollicine italiane? Che cosa aveva intravisto il beffardo enologo nei suoi viaggi tra i manoscritti miniati e le antiche abbazie d’Europa? Un terribile segreto o, più prosaicamente, un possibile affare? Il libro assicura cieli nebbiosi, due misteriose frasi latine, donne pallide e – fin dall’incipit – una sospetta perfezione: “Mentre ci rimuginava si accorse che adesso la natura era ancora più accogliente. Le gole lasciavano il posto a colline dolci, morbidi seni che lentamente si facevano pianura, eleganti campi da golf coperti di vigne, ville sontuose e case rurali che si mostravano con discrezione. Tutto bello, composto, ordinato. Quasi perfetto”.

Per i fuggiaschi dalla tombola e i nauseati dal panettone, può essere una buona idea El especialista de Barcelona, di Aldo Busi (Dalai Editore 2012, 16,15 euro), libro che richiede silenzio, solitudine e nessunadistrazione perché occorre leggere e certe volte rileggere. Il protagonista del libro è uno Scrittore, seduto su una rambla di Barcellona a dialogare con una foglia, in un turbine variopinto di personaggi – ventiquattro! – improbabili e inafferrabili. Come la trama, pericolante e instabile ma alla fine solidissima. Pregio del libro, inestimabile, è la scrittura: precisa, curata, ora leggera ora struggente; per parlare di idee, di politica, di religione, di sesso, di scrittura e  – di traverso a tutto ciò – dello Scrittore stesso. Il quale riesce a trovare e dire la verità, sfogliando, come i veli di una cipolla, tutti i travestimenti e i rivestimenti da cui  essa è avvolta.

 

La verità è, in qualche modo, anche al centro di Open. La mia storia, di Andrè Agassi (Einaudi 2011, 20,00 euro). La storia di un tennista che odia il tennis e tuttavia gioca, e continua a giocare, pur desiderando smettere, perché sente di non avere altra scelta. La solitudine dell’allenamento; le imprese sportive memorabili ma dolorose; i riflettori che invece di illuminare abbagliano e cancellano la vita; un padre ossessivo che non vuole un figlio ma un “numero uno”: Agassi racconta, più che una storia di sport, una storia di formazione. Open è la storia dello scontro fra un essere umano ed il suo meraviglioso ed esigente “dono”; la contraddizione fra il voler essere un uomo qualsiasi e l’impossibilità di esserlo davvero, raccontata con onestà estrema, con franchezza disarmante e appassionante.
Ma se Frodo e Aragorn ci hanno fatto sognare, e se gli scenari australiani del Signore degli anelli ci hanno stregato, non resta che sperare in Lo Hobbit, di J. R. Tolkien (Bompiani, 2012, 9,35 euro). È il primo capitolo della saga : nella Contea, il mondo pacifico e allegro in cui vivono gli hobbit, Gandalf il mago insieme a tredici nani bussano alla porta del placido e benevolo Bilbo Baggins per trascinarlo in una avventura con draghi e pericoli e, ovviamente, tesori. Fa qui la sua prima comparsa il perfido, bifido e patetico Gollum non ancora ossessionato dal suo “tessoro”.

 

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Dalla fantasia alle fantasie, in senso psicanalitico: L’età dell’inconscio. Arte, mente e cervello dalla grande Vienna ai nostri giorni, di E.R. Kandel (Raffaello Cortina 2012, 33,15 euro) . L’autore è un premio Nobel con grandi doti di divulgatore, indispensabili per ricreare l’atmosfera elettrica e seducente della Vienna del Novecento, popolata da scienziati eccentrici, studiosi geniali e artisti visionari cherivoluzionarono in pochi decine di anni il nostro modo di studiare la mente e di valutarne i prodotti. Una rivoluzione nata in eleganti salotti, dalle discussioni  – animate da Sigmund Freud, Arthur Schnitzler, Gustav Klimt, Oskar Kokoschka e Egon Schiele  – su temi allora inediti o poco frequentati come la sessualità femminile, i sogni, il piacere, il desiderio, l’angoscia e la paura. Si schiudeva, con la scoperta dell’inconscio,una nuova dimensione nella storia intellettuale, ancora aperta e feconda.

E per chi vuol fare il figo? Semplice: deve usare lo scalogno. Se vuoi fare il figo, usa lo scalogno. Dalla pratica alla grammatica: imparare a cucinare in 60 ricette, di Carlo Cracco (Rizzoli 2012, 13,52 euro). Sono lezioni di cucina dettagliatissime, dai piatti più semplici ai più creativi. Per fare bella figura a tavola, ma anche per confrontarsi, per una volta (dopo tanti cuochi e cuoche dilettanti), con un professionista dei fornelli, chef stellato e buon narratore che padroneggia ingredienti e racconti con lo stesso rigore e precisione, ma anche con estro e innovazione.

Regalo di nozze, di A. Vitali (Garzanti 2012, 14,00 euro) è il libro adatto a chi esige almeno un buon inizio e questo, elegantemente classico , indubbiamente lo è: “Era una domenica di fine agosto, non più di mezz’ora prima uno scroscio d’acqua aveva rinfrescato l’aria”. Ercole Correnti, il protagonista, si imbatte in un ricordo che pare banale: una seicento bianca e un comico e goffo viaggio, in compagnia di uno ziocontaballe, Pinuccio, dal lago al mare. La scrittura di Vitali fa rivivere l’atmosfera placida degli anni sessanta, la provincia, la vita familiare appena approdata al benessere; ma sotto la superficie immobile e lacustre del racconto si materializza a poco a poco il sapore salato di un segreto, racchiuso in quel viaggio e restato sopito per tanti anni.

Di padri, figli, morte, risate parla L’ultimo ballo di Charlot, di Fabio Stassi(Sellerio 2012, 16,00 euro). Anche da vecchio – l’attore e regista Charlie Chaplin, protagonista del libro è immaginato ottantenne – un comico non può smettere di essere tale; anche davanti alla Morte che gli si presenta la notte di Natale, nella sua casa in Svizzera. E anche un comico è sempre un padre, e vorrebbe ancora un altro anno da vivere, per il figlio ancora piccolo, per vederlo crescere. La trama più logora, il patto con la Morte, diventa allora lo spunto per un braccio di ferro disperato fra un uomo che deve trovare il modo per stappare alla Morte una risata e il destino che reclama il suo compimento. Ma, intanto, può esserci ancora il tempo, se non di ridere, di raccontarsi a quel figlio che si teme di lasciare troppo presto. Di raccontare come dalla vita stentata e rocambolesca di Charlie Chaplin è nato il miracolo di comicità e malinconia di Charlot.

Felice la trovata che dà vita a La doppia vita dei numeri, di Erri De Luca (Feltrinelli 2012, 8,00 euro). A Napoli (naturalmente) un fratello e una sorella decidono di trascorrere il capodanno senza ‘botti’ e senza musica, giocando a tombola. Al gioco si uniscono due morti: i genitori scomparsi, nel loro aspetto esteriore di quando erano giovani (perché questo è il privilegio degli scomparsi: scegliere l’età con cui vogliono essere ricordati). I numeri estratti rivelano così la loro doppia vita, richiamano all’esistenza le persone che non ci sono più e danno loro una seconda possibilità. Sotterranea protagonista: Napoli (“Non ho mai pensato: se voglio bene a Napoli. Come chiedermi se voglio bene alle mie unghie, ai capelli. Sono parti del corpo che non mi fanno male se le taglio. Sforbicio e ricrescono. Non so se voglio bene a delle parti del mi corpo. Nell’insieme no, non sono affezionato alla carcassa. Ci sto dentro, tutto qua”).

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25 Dicembre 2012, 11:43

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