04 Giugno 2024, 05:01
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CATANIA – Era l’11 gennaio 2019. Un’inchiesta dei carabinieri, sfociata nell’operazione “Stella Cadente”, portò a decine di arresti e sequestri di droga. Tutto partiva da San Cristoforo. Quell’operazione rese evidente un fenomeno che gli investigatori stavano studiando già da tempo: esisteva un modello-Catania.
Un narcotraffico di dimensioni elefantiache. I clan Santapaola-Ercolano e Cappello-Bonaccorsi, qui, di fatto hanno creato un sistema non dissimile dall’organizzazione della Camorra: la base di tutto sono le piazze di spaccio. Un sistema di vedette, vendite al dettaglio, ricetrasmittenti e controllo delle forniture. Il tutto sotto il controllo mafioso. Così come le “esportazioni” in altre province.
Una gestione strutturata, si disse allora, capace di fruttare anche 11 mila euro al giorno. E la situazione di fatto non è mai cambiata. Quel modello, anzi, è diventato routine anche in altri luoghi dell’Isola. Con un comune denominatore: i fornitori. Quasi tutti, quasi sempre, catanesi.
Due anni fa i carabinieri sgominarono un’organizzazione di trafficanti di droga. Da un bar di Aci Bonaccorsi, è emerso, rifornivano vari centri della provincia, dall’Etna ai paesi della litoranea. La chiamarono operazione Tiffany. Da Aci Bonaccorsi partivano cocaina e marijuana.
Il controllo delle forniture arrivava fino a zone lontanissime da Catania. L’anno scorso, a maggio, i carabinieri di Trapani scoprirono un giro di cocaina importata a Marsala attraverso auto a noleggio. Pure qui scattò una raffica di arresti. Fu battezzata operazione Fox. La cocaina arrivava dritta da Catania.
Nell’Ennese decine di operazioni condotte dalla Squadra mobile, dai commissariati, dalle compagnie dei carabinieri e dal reparto operativo dell’Arma, hanno fatto emergere sempre lo stesso dato: le forniture provengono sempre da Catania. Da Barrafranca ad Agira, centri più attivi, poi Catenanuova, Leonforte e Pietraperzia.
I piccoli pusher comprano a Catania. Comprano dal clan Cappello o dai Santapaola. Un mese fa i carabinieri del Ros hanno sgominato una banda di spacciatori a Barrafranca (operazione Albana). C’erano preoccupanti intrecci internazionali in Germania. E c’era il tradizionale punto di riferimento catanese, in questo caso il clan di Cosa Nostra di Ognina.
Più indietro nel tempo, basti pensare ai traffici di droga organizzati da Catania e gestiti dai clan di Barrafranca e Pietraperzia tra il 2018 e il 2021, nel periodo in cui i Santapaola, di fatto, spodestavano il vecchio boss provinciale di Cosa Nostra per mettere al suo posto gente più “sveglia”, più pratica, soprattutto, con la droga.
In Terra ennese Agira, da sempre, è uno snodo nevralgico del traffico di droga. E pure in questa città, dove ripetutamente negli anni sono state catturate bande di spacciatori, i fornitori sono catanesi. A comprare a Catania, a Librino o a San Cristoforo, o alla Zia Lisa, in genere sono “piccoli” corrieri automuniti.
C’è poi il caso di Catenanuova, dove la gestione del pizzo e del traffico di droga sono passati di mano, da Cosa Nostra al clan Cappello, con un fiume di sangue. Fu compiuta una strage, nel 2008, e un delitto, nel 2012. Gli assassini, in entrambi i casi, venivano a Catania.
A Caltanissetta, nel dicembre del 2022, sono stati arrestati 9 spacciatori di crack, di hashish e di marijuana. È uno dei tanti episodi analoghi da queste parti. E si è scoperto che i pusher compravano la droga a Palermo, Enna (Barrafranca) e Catania. Poi la distribuivano nelle strade del capoluogo nisseno.
Nel febbraio del 2021 a Catania, la paventata concorrenza della ‘ndrangheta e i potenziali affari nel Catanese, provocarono anche un delitto. Un pusher, Vincenzo Timonieri, fu ucciso perché voleva gestire un traffico suo, in barba al clan dei Nizza, con dei fornitori suoi della ‘ndrangheta. Seppellirono il suo corpo in una duna di Vaccarizzo.
In altri casi, Cosa Nostra e ‘ndrangheta hanno di fatto collaborato. Il 3 marzo dell’anno scorso, la squadra mobile della Questura di Messina ha arrestato 15 persone per traffico di droga e associazione a delinquere. I canali di rifornimento, nella Città dello Stretto, erano tre. Due in Calabria, dove il Porto di Gioia Tauro è tradizionalmente ritenuto il “porto internazionale della droga”, in mano alla ‘ndrangheta. Il terzo, solidissimo, a Catania.
Nel 2020 a Siracusa i carabinieri arrestarono 12 persone. Vendevano cocaina, marijuana e hashish. L’avevano acquistata a Catania, a Palermo e in Calabria. Pure qui la ‘ndrangheta era uno dei canali, ma non mancano le interazioni con la mafia catanese.
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04 Giugno 2024, 05:01