Colletti bianchi e sentenze di favore |Il “patto” scoperto dalla Finanza

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18 Aprile 2016, 06:43

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CATANIA – Altro che giustizia lumaca. Il secondo capitolo dell’inchiesta Tax Free condotta dal Gico della Guardia di Finanza di Catania ha fatto emergere una serie di sentenze, undici per la precisione, dove i tempi della giustizia (tributaria in questo caso) possono risultare veloci. Il nuovo quadro emerge dalla lettura delle motivazioni del Tribunale del Riesame, depositate da alcuni giorni, riguardanti la posizione del giudice della Commissione Tributaria Provinciale di Catania, Filippo Impallomeni, indagato per corruzione in atti giudiziari, insieme all’imprenditore Giuseppe Virlinzi, Giovanni La Rocca, commercialista della Virauto Spa, Agostino Micalizio, direttore commerciale della concessionaria e Antonino Toscano, cancelliere della commissione tributaria provinciale. Il sistema emerso prevedeva “sentenze di favore” in cambio della “disponibilità” indebita di auto da parte della concessionaria.

I Finanzieri del Gico a febbraio, dopo gli arresti, hanno lavorato per dieci giorni di fuoco, per cercare di trovare nuovi riscontri agli elementi indiziari già inseriti nella richiesta di misura cautelare firmata dal sostituto procuratore Tiziana Laudani. E le analisi documentali effettuate dai militari delle fiamme gialle hanno portato nuovi elementi riassunti in 14 faldoni che hanno portato a blindare “la tesi accusatoria”.

Le presunte sentenze (a favore dei Virlinzi) da tre sono “lievitate” a undici. In una prima fase infatti, la Procura ha contestato il reato di corruzione per le due decisioni di Impallomeni sui ricorsi del 2012 relative al recupero rimborsi dei contributi post Sisma 1990, che ha portato nelle casse della Virauto spa 800 mila euro, e sulla sentenza alla Golden Car del 2014, al centro di una inequivocabile intercettazione. Il Gico però ha scoperto che il “cerchio magico” di Impallomeni ha toccato altre 8 sentenze, sempre favorevoli (manco a dirsi) a società riconducibili all’imprenditore Giuseppe Virlinzi. E il patrocinante dei ricorsi (tranne in un caso) è sempre stato Giovanni La Rocca.

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Oltre a questo il Giudice Impallomeni quando si trattava di decidere sulle imprese riferibili all’imprenditore catanese sembrava mettere il “piede sull’acceleratore”. Perché per una media della Commissione (la stima emerge dagli accertamenti della Finanza) per i ricorsi dei “contribuenti comuni” che vanno dai 3 ai 5 anni, per i casi che rigurdano le società del gruppo Virlinzi la media si sposta dai 6 ai 7 mesi. Il Riesame evidenzia che solo in due casi si superano i 24 mesi.

E se le sentenze sono “lievitate” a 11, come scrivono i giudici del Riesame, anche le auto sono aumentate di numero. Le macchine “concesse” a titolo gratuito da Virlinzi al giudice Impallomeni sono cinque. E la prima “cortesia” risalirebbe al 2006, quando l’ex compontente della Commissione Tributaria Provinciale era all’Agenzia del Tesoro. Prima della scadenza dell’incarico nel 2010 usufruirà di un’altra autovettura sempre a uso gratuito, con assicurazione pagata e manutenzione a carico della concessionaria. E i due mezzi sarebbero stati utilizzati personalmente e unicamente da Impallomeni. La terza macchina risalirebbe al periodo della Commissione Tributaria. Le altre due Ford sono invece quelle al centro dell’ordinanza emessa dal Gip Marina Rizza.

Il giudice Impallomeni, difeso dagli avvocati Giuseppe Napoli e Andrea Gianninò, ha sempre respinto le contestazioni dichiarandosi “estraneo a tutte le accuse”. I legali hanno portato testi documentali e valutazioni di tributaristi che “blindano” nel merito le sentenze firmate da Impallomeni. E sulla famosa intercettazione dove il giudice nel 2015 chiama il cancelliere Toscano per verificare se “c’era la possibilità” di poter ritirare la sentenza relativa alla Golden Car. Quella telefonata sarebbe il frutto della preoccupazione e dello spavento nato dall’aver saputo che la Finanza era interessata all’auto che aveva in uso gratuito. In quel periodo aveva esitato una sentenza a favore di Virlinzi. Impallomeni – asserisce il collegio difensivo – non avrebbe voluto modificare “la decisione” ma solo “migliorarla”, al fine di evitare qualsiasi sospetto di un possibile “scambio” vista la sua funzione pubblica. I difensori hanno prodotto una serie di fatture che dimostrano come il giudice e anche i figli hanno acquistato tre auto dalle concessionarie Virlinzi. Questo al fine di dimostrare che il comodato d’uso era per finalità d’acquisto e non vi era alcun ‘patto’.

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18 Aprile 2016, 06:43

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