04 Dicembre 2015, 07:05
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TRAPANI – Duro colpo a una rete di presunti fiancheggiatori del superlatitante Matteo Messina Denaro. Polizia, carabinieri e guardia di finanza hanno eseguito un sequestro preventivo di beni per un valore di tredici milioni di euro. Il sequestro riguarda beni mobili, immobili ed aziende nel Trapanese: Mazara del Vallo, Castelvetrano, Salemi, Partanna, Santa Ninfa e Trapani. Nel dettaglio otto aziende e una quota societaria (supermercati, aziende agricole e d’allevamento ovino); 68 immobili (27 fabbricati e 41 terreni), due autovetture, 36 rapporti finanziari e bancari. Il provvedimento è stato emesso dal gip del tribunale di Palermo, Maria Pino, su richiesta dell’aggiunto Teresa Principato e dei sostituti Paolo Guido e Carlo Manzella.
Nel mirino della magistratura i patrimoni di: Vito Gondola, 77 anni, allevatore, considerato dagli investigatori il reggente del mandamento di Mazara; Michele Gucciardi, 62 anni, imprenditore agricolo, considerato il reggente della famiglia di Salemi; Giovanni Domenico Scimonelli, 48 anni, imprenditore, considerato uomo d’onore della famiglia di Partanna; Pietro Giambalvo, 77 anni, allevatore, considerato uomo d’onore della famiglia di Santa Ninfa. I quattro si trovano in carcere dal 3 agosto, quando furono arrestati nell’ambito del blitz Ermes che portò allo smantellamento di una rete di fiancheggiatori di Messina Denaro. Le accuse sono di associazione mafiosa e favoreggiamento aggravato
Le indagini patrimoniali sono state condotte dagli uomini del Servizio centrale operativo (Sco) e delle squadre mobili di Palermo e Trapani, del Gico della guardia di finanza di Palermo e del Ros – Reparto anticrimine dei carabinieri di Palermo.
*Aggiornamento ore 12.55
Le indagini patrimoniali sfociate nel sequestro di beni per 13 milioni nei confronti di quattro presunti fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro hanno evidenziato il palese disvalore tra i redditi dichiarati dagli indagati ed i beni posseduti, per cui il provvedimento “si rendeva urgente e necessario anche al fine di scongiurare eventuali alienazioni a prestanomi o a terzi”. Recenti indagini avevano evidenziato infatti come sia Vito Gondola che Giovanni Domenico Scimonelli, dopo essere stati arrestati, avessero dato mandato ai loro congiunti di vendere parte dei loro beni a terzi proprio per evitare eventuali provvedimenti di sequestro. I destinatari del provvedimento erano rimasti coinvolti nelle indagini svolte dagli investigatori del Servizio Centrale Operativo e delle Squadre Mobili di Palermo e Trapani, finalizzate alla cattura del boss Matteo Messina Denaro, che avevano consentito di individuare, fin dai primi mesi del 2012 la rete che veicolava i pizzini diretti al latitante o inviati dallo stesso e destinati alle famiglie mafiose della provincia di Trapani.
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04 Dicembre 2015, 07:05