07 Novembre 2016, 14:08
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CATANIA – Marcello Magrì avrebbe conquistato un posto di rilievo nella cupola della famiglia Santapaola – Ercolano. Il fratello del killer Orazio Magrì è finito in manette nell’ambito della maxi inchiesta Kronos, coordinata dai pm Agata Santonocito e Antonino Fanara, che lo scorso aprile hanno decapitato i vertici della famiglia. In quell’occasione è stato arrestato Francesco Santapaola, ritenuto il nuovo boss di Catania.
Marcello Magrì è stato fermato dal Ros e dai Carabinieri del Nucleo Investigativo lo scorso 3 novembre. Il Gip lo scorso sabato ha accolto la richiesta della Procura ed ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti dell’esponente di spicco dell’ala militare della famiglia Santapaola Ercolano.
Nel corso dell’indagine Kronos erano emersi qualificati e sinergici rapporti con Francesco Santapaola, reggente della famiglia catanese di cosa nostra. Magrì attendeva, per il prossimo 15 novembre, il pronunciamento della Suprema Corte in ordine ad una condanna a sei anni di reclusione, comminatagli dalla Corte d’Appello di Catania su più fattispecie estorsive, talché sussisteva il ragionevole pericolo che si sottraesse alla cattura.
I vari incontri di Marcello Magrì documentati dal Ros nel corso dell’indagine:
Il 20.8.2015, in Catania, incontrava Di Benedetto Salvatore e Pappalardo Giovanni, questi ultimi in veste di emissari di Seminara Salvatore, comunicando loro che un affiliato alla famiglia di Mistretta aveva riferito di aver consegnato proventi estorsivi spettanti a cosa nostra catanese e cosa nostra palermitana a Rampulla Maria, sorella dei più noti Pietro (artificiere della strage di Capaci) e Sebastiano (già capo della famiglia di Mistretta), che li aveva trattenuti per sé;
Il 6 ed 23.11.2015, in Catania, unitamente ad altri affiliati, riceveva Di Benedetto, Pappalardo Giovanni e Ferlito Cosimo Davide che intervenivano a favore di soggetti operanti in area ragusana i quali vantavano crediti nei confronti di soggetto che, per sottrarsi alle relative obbligazioni, aveva manifestato la propria appartenenza alla famiglia Santapaola.
Il 17.12.2015, in Catania, unitamente a Santapaola Francesco (presenti anche Di Benedetto e Pappalardo) prendeva parte ad un incontro con Maranto Antonio Giovanni che aveva per oggetto le pretese vantate da cosa nostra etnea nei confronti di assetto imprenditoriale proveniente dall’area occidentale dell’isola;
Il18.12.2015, a Lentini (SR), unitamente a Santapaola Francesco ed altri, partecipava ad una riunione con esponenti della famiglia calatina, tra cui i noti Di Benedetto e Pappalardo, nel corso del quale chiedeva che fossero riviste le percentuali di ripartizione degli utili derivanti dalla messa a posto del parco eolico esistente in area calatina.
Il 22.12.2015, in Catania, unitamente a Santapaola Francesco e Ercolano Aldo, incontrava Di Benedetto e Pappalardo al fine di ribadire le pretese di cui all’incontro precedente.
Il 27.1.2016, in Catania, si riuniva riservatamente con Santapaola Francesco e Romeo Vito (esponente del gruppo di Mascalucia) e con altri esponenti della squadra di Picanello, oltre che con Amantea Francesco e Mirenna Giuseppe, esponenti del gruppo di Paternò;
Il 3.3.2016, in Catania, unitamente a Santapaola Francesco, riceveva Di Benedetto Salvatore e Pappalardo Giovanni, affiliati a cosa nostra calatina, rassicurandoli sul fatto che la loro estromissione a favore di Ferlito Cosimo Davide era volontà di Seminara e non loro né dei vertici del clan Nardo.
Proprio la vicenda relativa agli addebiti mossi a Rampulla Maria consente di cogliere ulteriori elementi di riscontro rispetto a quanto documentato nel corso del summit del 15 aprile u.s., allorquando, all’interno di un caseggiato rurale nella disponibilità di Galioto Antonino, quest’ultimo si riunì con Seminara Salvatore, Amanta Francesco e Floridia Pippo.
In quel contesto emerse che Seminara e la Rampulla nel corso del summit del 29 febbraio precedente, erano stati accusati di aver trattenuto per sé proventi estorsivi ricavati da una messa a posto di un’azienda di Palermo che, operante nel settore della raccolta dei rifiuti, stava dando esecuzione ad una gara d’appalto in area messinese.
Tali accuse erano state respinte da Seminara che, il 29 febbraio, parlando a nome proprio e nell’interesse anche della Rampulla, aveva chiesto l’incontro con colui il quale lo accusava di avere trattenuto indebitamente il denaro. L’incontro però non aveva avuto luogo e, nel corso di quello del 15 aprile, Seminara aveva stigmatizzato duramente il comportamento assunto dalle controparti, ed in particolar modo da Santapaola Francesco, al punto da trovarsi costretto a ribadire le regole mafiose in forza delle quali mai avrebbe potuto pretendere ed ottenere denaro posto che, in quello specifico caso, la messa a posto era di competenza di esponenti di cosa nostra palermitana.
Gli elementi raccolti evidenziano il ruolo di rilievo del Magrì rivestito all’epoca delle indagini che sicuramente era divenuto più importante dopo il fermo delle altre figure apicali di cosa nostra catanese dell’aprile del 2016.
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07 Novembre 2016, 14:08