“Comitato d’affari” sugli appalti | Inchiesta al Comune di San Cataldo

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09 Luglio 2018, 07:33

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CALTANISSETTA – Un “comitato d’affari” – composto da appartenenti a Cosa nostra di San Cataldo, funzionari comunali e imprenditori – che avrebbero condizionato gli appalti pubblici gestiti dal comune nisseno nei settori dei rifiuti e dell’edilizia. Queste le conclusioni a cui sono giunti i carabinieri e i finanzieri del Nucleo polizia economica (Pef) di Caltanissetta al termine di una indagine sfociata questa mattina con l’esecuzione di 16 misure cautelari. Il provvedimento è stato emesso dal gip. Al centro delle indagini della procura nissena guidata da Amedeo Bertone il sistema di gestione dei rifiuti e degli appalti in città.

Tra gli arrestati l’ex presidente del consiglio comunale di Caltanissetta ed ingegnere capo del comune di San Cataldo, Paolo Iannello, finito ai domiciliari. Secondo gli investigatori gli indagati avrebbero condizionano le gare d’appalto nel settore dei rifiuti. La famiglia di San Cataldo imponeva assunzioni di manodopera fittizia, e anche esborso di denaro, alle società che gestivano la raccolta dei rifiuti. Le gare venivano gestite in via d’urgenza in attesa della gara settennale, che con “artifizi amministratativi” veniva differita nel tempo. Arrestato anche un sottufficiale dei carabinieri, un maresciallo, che avrebbe trasmesso notizie sulle indagini in corso. 

L’indagine ha avuto inizio nel 2016 ed ha monitorato gli assetti della ‘famiglia’ mafiosa di San Cataldo. E già nella prima fase degli accertamenti, eseguiti dai carabinieri di Caltanissetta, emergevano “gravi forme di infiltrazione mafiosa nella gestione del servizio di rimozione dei rifiuti solidi urbani al Comune di San Cataldo”. Secondo l’accusa, in particolare, il sodalizio mafioso aveva imposto alla cooperativa “Geo Agriturismo” di San Cataldo che – in Ati con la società “Ecolgest” – si occupava del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani, la continua assunzione di soggetti organici alla famiglia mafiosa o contigui alla stessa i quali, peraltro, spesso percepivano lo stipendio senza lavorare. Ai vertici della ‘famiglia, secondo la ricostruzione della Dda di Caltanissetta ci sarebbero Calogero Maurizio Di Vita, già detenuto, e Gioacchino Chitè, Massimo Scalzo, Raimondo Scalzo e Luigi Vivacqua, che sono stati arrestati. Dalle intercettazioni è emerso che “Paolo Iannello, ex capo dell’Ufficio Tecnico Comunale di San Cataldo, col figlio Davide Francesco, avevano raggiunto accordi corruttivi con Liborio Li Pari, amministratore della Ecolgest, per turbare la regolarità della gara per consentirne l’aggiudicazione, effettivamente avvenuta, alla Multiecoplast di Messina, capofila di Ati con la Ecolgest”.

Su questo filone si sono innestate indagini della guardia di finanza di Caltanissetta, scaturenti dall’operazione “Perla nera bis” – che nel mese di ottobre 2017 aveva già portato all’arresto del dipendente pubblico Daniele Silvio Baglio e dell’imprenditore Salvatore Ficarra – giungendosi così, scrive la Procura di Caltanissetta, “a ricostruire l’esistenza in San Cataldo di un ‘comitato d’affari’in grado di condizionare pesantemente le più rilevanti gare d’appalto”. Contestualmente all’esecuzione dell’ordinanza del Gip, personale della Compagnia carabinieri di San Cataldo e del Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria della Guardia di Finanza di Caltanissetta sta effettuando perquisizioni domiciliari e l’acquisizione di documentazione in pubblici uffici, su apposita delega dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura Nissena.

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Questi i nomi dei destinatari dei provvedimenti eseguiti nell’ambito dell’operazione denominata ‘Pandora’ e cordinata dalla Dda nissena: in carcere sono finiti Gioacchino Chitè, Calogero Maurizio Di Vita (già detenuto), Raimondo Scalzo, Massimo Scalzo, Luigi Vivacqua, Cristian Ivan Callari, Alessandro Scalzo, Angelo Giumento e Domenico Terenzio. I primi cinque sono ritenuti “organici” alla famiglia mafiosa di San Cataldo, mentre per quanto riguarda Cristian Ivan Callari, Alessandro Scalzo e Angelo Giumento gli investigatori parlano di “soggetto contiguo” al clan. Terenzio è invece un carabinieri in servizio presso la Tenenza di San Cataldo. Le accuse vanno dall’associazione mafiosa al concorso esterno in associazione mafiosa e alle estorsioni aggravate.

Ai domiciliari per estorsione aggravata è finito invece Salvatore Raimondi. Domiciliari anche per Liborio Lipari e Paolo Iannello, accusati di corruzione e turbata libertà degli incanti. Obbligo di firma, infine, per Cataldo Medico, Davide Francesco Iannello, Salvatore Schifano e Alfonso Gaetano Ippolito: per loro l’accusa è di corruzione.

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09 Luglio 2018, 07:33

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