27 Luglio 2021, 05:51
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PALERMO – Il pre-dissesto del comune di Palermo adesso è una realtà. Ieri pomeriggio la giunta guidata da Leoluca Orlando ha infatti approvato la delibera per avviare l’iter del “riequilibrio finanziario pluriennale”, ossia una delle alternative al dissesto introdotta nel 2012 per gli enti locali con i conti al disastro. Una procedura che, a differenza del dissesto, non comporta il commissariamento del comune o della provincia ma affida alla giunta e al consiglio comunale il compito di rimettere le cose a posto.
Più facile a dirsi, che a farsi. Il comune di Palermo non riesce infatti a chiudere il bilancio di previsione 2021 perché mancano all’appello 80 milioni di euro: una voragine che è strutturale, cioè si che ripeterà ogni anno, e che in qualche modo va colmata ma nessuno sa in che modo. Il bilancio andrebbe approvato entro luglio, cioè entro sabato prossimo, altrimenti scatterà la dichiarazione di dissesto, cioè di fallimento del Comune. Da qui la trovata del sindaco che, senza neanche consultare gli uffici, ha deciso di puntare tutto sul pre-dissesto che dà all’amministrazione qualche altro mese di tempo.
In realtà il Comune di Palermo non è poi messo così male: non ha grandi debiti, paga i fornitori e gli stipendi, fa fronte alle spese. Il problema principale, semmai, è la scarsa capacità di riscuotere le tasse (Tari in primis), non solo quelle in corso ma soprattutto quelle pregresse e c’è un dato che la dice lunga su quanto la situazione sia grave: in dieci anni Palazzo delle Aquile ha perso per strada qualcosa come 800 milioni di euro. E il legislatore, per evitare che i comuni continuassero a fallire mettendo a bilancio entrate che poi non arrivavano mai, ha varato una normativa stringente: per tutti i crediti di dubbia esigibilità, cioè quelli che è prevedibile che non si incasseranno, bisogna mettere da parte un gruzzoletto che eviti eventuali ammanchi nei conti. Un meccanismo che per Palermo si è rivelato un cappio al collo, visto che ha accantonato centianaia di milioni e ha dovuto fare ricorso sempre più all’anticipazione di tesoreria su cui si pagano gli interessi.
Problemi ben noti che si trascinano da tempo, ma che adesso sono arrivati a un punto di non ritorno. Il sindaco non avrebbe alcuna intenzione di dichiarare un dissesto che rappresenterebbe una macchia indelebile per la sua storia politica, ma soprattutto un pessimo biglietto da visita in vista delle prossime elezioni in cui pare deciso a giocare un ruolo di primo piano con la maglia del Partito Democratico. Finora le richieste di aiuto a Enrico Letta, nonostante l’adesione ai dem di quasi tutta la giunta, non hanno sortito gli effetti sperati e così il Prefessore ha imboccato una strada che gli consente di prendere altro tempo.
La delibera approvata ieri adesso andrà al vaglio del consiglio comunale che dovrà decidere se avviare o meno l’iter del riequilibrio finanziario: l’alternativa sarebbe l’immediato dissesto e quindi è plausibile che Sala delle Lapidi non si opponga. A quel punto il Comune avrebbe 90 giorni per approvare un piano pluriennale (da 4 a 20 anni) con cui trovare 80 milioni l’anno, allo scadere dei quali scatterebbe comunque il dissesto. La speranza del sindaco è che intanto il Parlamento venga in aiuto dei comuni siciliani (quasi tutti con l’acqua alla gola) modificando le norme, ma se ciò non avvenisse gli uffici (a cui spetterà comunque verificare preventivamente se ci siano o meno le condizioni per optare per il pre-dissesto) dovrebbero capire cosa tagliare.
Il piano di riequilibrio pluriennale infatti dovrebbe garantire 80 milioni l’anno e il problema sarà decidere da dove prenderli, con inevitabili effetti sui servizi. Le entrate una tantum (come quelle che potrebbero derivare dalla dismissione di quote societarie) non ripianerebbero lo squilibrio e a quel punto partirebbero i tagli, con le partecipate a forte rischio. La vera domanda però è un’altra: chi si prenderà la responsabilità di annunciare misure draconiane con le elezioni alle porte?
Ammesso che il consiglio approvi la delibera a settembre, a quel punto scatterebbero i tre mesi e calendario alla mano si arriverebbe praticamente all’inizio del 2022, con le Comunali fissate in primavera. Un ingorgo che potrebbe provocare uno scaricabarile tra sindaco e Aula: Orlando vorrebbe lasciare il consiglio col cerino in mano, i consiglieri vorrebbero che fosse il sindaco a dire cosa tagliare. Un braccio di ferro dagli effetti imprevedibili, ma in cui l’unica cosa certa è che Palermo ne uscirà male, anzi malissimo. Tagliare 80 milioni di euro è già difficile, farlo con una pandemia ancora in corso e un’economia allo stremo è ancora più complicato: si tratterà di tagli dolorosi per un Comune che ha già stretto la cinghia e che quindi dovrà sobbarcarsi enormi sacrifici per i prossimi anni. Con buona pace del prossimo sindaco.
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27 Luglio 2021, 05:51