02 Aprile 2009, 16:55
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Semplificare il burocratese per rendere l’apparato della pubblica amministrazione uno strumento di reale servizio per la collettività. E’ la ricetta, frutto di un’analisi congiunta tra un sociologo ed un funzionario pubblico, fornita dal volume “Comunicazione pubblica e burocrazia” (Edizioni Franco Angeli) presentato ieri presso la Sala Gialla di Palazzo dei Normanni a Palermo e scritto a quattro mani da Antonio La Spina – ordinario di Sociologia presso l’Università di Palermo, e da Antonino Cangemi – dirigente presso la Regione Siciliana.
“Il burocratese – ha spiegato Giovanni Ilarda, assessore alla Presidenza della Regione Siciliana, intervenuto alla presentazione – è un muro che separa la gente da chi la dovrebbe amministrare in modo chiaro e trasparente. Questo muro spesso deriva da una precisa volontà di mantenere il distacco tra cittadini e istituzioni, attraverso un ‘linguaggio della casta’, esoterico, autoreferenziale, farcito di termini comprensibili solo agli addetti ai lavori. Tutto ciò – ha concluso Ilarda – fa del libro di La Spina e Cangemi un’opera attuale, gustosa, ricca di contenuti e di spunti interessanti per migliorare e semplificare la comunicazione interna ed esterna della pubblica amministrazione, rispondendo all’esigenza di trasparenza del cittadino medio”.
“Già nel 1940 – ha ricordato Antonino Cangemi – Sir Winston Churchill ammoniva i suoi ministri a scrivere frasi brevi, mai contorte, in modo che il loro fosse tutt’altro che un linguaggio settoriale. In Italia, nonostante le numerose leggi e direttive emanate in materia di trasparenza nella P.A., dal Codice di Stile del 1993 alla normativa tutt’oggi in vigore (L. 150/2000), c’è ancora un’evidente discrasia tra quanto pensato e quanto effettivamente realizzato nell’ottica di una semplificazione del linguaggio e della prosa burocratica in uso negli uffici pubblici”.
“Del burocratese – ha sottolineato Cangemi – amo dare tre definizioni. In primis esso è la stessa negazione della trasparenza: scrivere ricorrendo a frasi sibilline, non chiare, è un modo di porsi non paritario nei confronti dei propri interlocutori. In seconda battuta arrivo a definire la burocrazia come ‘un’entità del brutto’, nella convinzione che la bellezza della parola potrebbe rappresentare un’ottima ancora di salvataggio per la pubblica amministrazione. In ultimo il burocratese è uno strumento non etico per confrontarsi con i cittadini”.
E sull’aspetto etico della questione si è particolarmente soffermato Padre Gianni Notari, direttore dell’Istituto Pedro Arrupe. “Partendo dall’assunto che il busillis, ovvero l’intoppo, è sempre più diffuso e paralizzante per la comunicazione pubblica e che quella di semplificare il linguaggio burocratico è prima di tutto una scelta etica, quattro sono i passi fondamentali affinché un cambiamento sia possibile: dopo il primo step che vede il burocrate impegnato ad imparare ad ascoltare la realtà, occorre attivare logiche dialogiche che diano la parola a tutti i soggetti coinvolti nel processo comunicativo. Una volta superata la brutta abitudine, altamente penalizzante, dei funzionari pubblici di ‘trascinarsi’, toccherà entrare nell’ottica di servizio alla collettività nel nome della dignità della persona”.
“Sono lieto – ha concluso Antonio La Spina – che Cangemi, dopo avermi inizialmente contattato per scrivere l’introduzione del volume, mi abbia voluto accanto a sé anche per la redazione dei capitoli successivi. Il testo è già stato adottato dall’Università di Palermo e mostrerà alle future generazioni di dirigenti o funzionari pubblici che la comunicazione non è semplicemente una delle tante funzioni dell’amministrazione, quanto piuttosto un punto cruciale del suo modus operandi”.
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02 Aprile 2009, 16:55