31 Marzo 2017, 19:30
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CATANIA – Raffaele Lombardo assolto dal reato di concorso esterno in associazione mafiosa perché il fatto non sussiste. Dopo quasi 9 ore di camera di consiglio il collegio giudicante della Terza sezione penale della Corte d’Appello presieduto da Tiziana Carruba procede alla lettura del dispositivo che ha ribaltato in parte la sentenza di primo grado. Rimane “solamente” il reato di voto di scambio con la condanna a due anni. Per questa fattispecie inoltre è stata tolta parte dell’aggravante mafiosa: avrebbe commesso il reato con soggetti appartenenti a Cosa nostra non avvalendosi però del metodo mafioso. La parte del dispositivo relativa a questo reato recita infatti: “ed esclusa l’aggravante di cui all’art 7 della legge 152/91 limitatamente ad essersi avvalso della forza di intimidazione dell’associazione denominata Cosa nostra e dalle condizioni di assoggettamento e di omertà che ne derivano lo condanna alla pena di anni due di reclusione e di euro millequattrocento di multa, ordina la sospensione condizionale dell’esecuzione della pena nei termini di legge. Revoca le pene accessorie e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, revoca la misura di sicurezza della libertà vigilata. Dichiara la sospensione dai pubblici uffici per anni due e sette anni di sospensione dal diritto elettorale e dal diritto di eleggibilità”.
L’avvocato Benedetti, difensore dell’ex governatore siciliano, dopo la lettura del dispositivo commenta a caldo: “La mafia non esiste più nella vita di Lombardo”.
IL PROCESSO. Raffaele Lombardo è salito per l’ultima volta al banco degli imputati davanti la Terza sezione penale della Corte d’appello nel processo per concorso esterno in associazione mafiosa. La Procura Generale ha chiesto una pena di sette anni e otto mesi per l’ex presidente della Regione Siciliana. L’accusa, rappresentata durante tutto il processo dai Pg Agata Santonocito e Sabrina Gambino, ha chiesto la conferma della sentenza di primo grado per il concorso esterno con l’aggiunta di un anno per reato elettorale, dal quale è stato assolto il 29 ottobre 2015.
Anche il collegio difensivo dell’ex dominus Mpa ha avuto un gran da fare in questi mesi, non si contano infatti i testimoni contro-interrogati dagli avvocati Alessandro Benedetti e Filippo Dinacci: Rosario Di Dio – boss di Palagonia che con le dichiarazioni acquisite in questo processo è diventato il principale accusatore di Lombardo – Giuseppe Tuzzolino e l’ex uomo d’onore Fabrizio Nizza. Alla lunga requisitoria è seguita un’altrettanta intensa arringa difensiva. Siamo alle ultime battute di un processo che ha raccontato un decennio di relazioni politiche e interessi affaristico-criminali.
Nato da un troncone di Iblis, il primo grado del processo a Raffaele Lombardo si concluse con la condanna a sei anni e otto mesi con il rito abbreviato, una sentenza definita “storica” da Giovanni Salvi, Procuratore capo dell’epoca, accanto a lui il 19 febbraio 2014 alla lettura del dispositivo c’erano: Carmelo Zuccaro che guida attualmente la procura e Giuseppe Gennaro scomparso qualche mese fa.
Raffaele Lombardo ha sempre ribadito la sua estraneità alle accuse durante tutta la durata del processo: “In questi anni è stato gettato solo fango e discredito ai miei danni – ha dichiarato durante una delle ultime dichiarazioni spontanee – ma ritengo doveroso dire queste cose al processo, non fuori. Posso dimostrare che la mia azione politica ha nuociuto alla criminalità organizzata: io sono stato contro i parchi eolici e i termo-valorizzatori”. É stata l’intercettazione nello studio dell’editore Mario Ciancio – acquisita proprio nella fase finale del dibattimento – la prova definitiva per la condanna in primo grado. Intercettazione che – come sostenuto dalla difesa di Lombardo e da lui stesso – “è importante per quello che non dice, poiché non c’è nulla su un mio interesse per l’assegnazione di lavori di qualsiasi natura”.
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31 Marzo 2017, 19:30