19 Luglio 2018, 20:07
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CATANIA – È stata condannata a 16 anni di reclusione Barbara Bregamo, la donna accusata di aver organizzato insieme (due volte) ad un uomo l’omicidio del compagno Santo Giuffrida, morto a dicembre del 2002. È questa la sentenza del Gup Giovanni Cariolo, che ha anche condannato a 10 anni l’altro imputato Francesco Giuseppe Indorato, accusato di aver accoltellato la vittima nel 2001. Si tratta del primo tentativo di uccidere il marito, che però fallisce. Santo Giuffrida, infatti, riesce a salvarsi. L’omicidio viene riorganizzato. Questa volta il piano è più subdolo. Il marito, infatti, sarebbe stato avvelenato e soffocato mentre dormiva. La Bregamo – ormai battezzata la “Circe” di Misterbianco dai media – avrebbe fatto introdurre in casa le due persone ingaggiate per fare l’iniezione fatale. Nel certificato di morte però c’è scritto infarto fulminante.
Ad inchiodare la donna è stato Luciano Cavallaro che ha deciso di diventare collaboratore di giustizia. È lui l’uomo – secondo la prima ricostruzione dell’accusa – che sarebbe stato contattato e pagato per uccidere Giuffrida. Cavallaro a sua volta avrebbe assoldato una prima volta il suo conoscente Indorato, difeso dall’avvocato Pierpaolo Montalto, e poi Antonio Zuccarello e Alfio Maugeri, che stanno affrontando il processo ordinario. In un secondo momento, la donna confessa l’omicidio e racconta i rapporto sentimentale che l’aveva legata a Cavallaro e i maltrattamenti che aveva subito dalla vittima per anni.
Il Gup Giovanni Cariolo ha condannato Barbara Bergamo, difesa dall’avvocato Mirella Viscuso, a una pena ancor più severa di quella avanzata dal pm Marco Bisogni, che aveva chiesto 14 anni e 8 mesi. Il Giudice inoltre ha condannato gli imputati al risarcimento del danno ai familiari che si sono costituiti parte civile e sono assistiti dall’avvocato Eugenio De Luca. Il Gup ha stabilito per Barbara Bregamo una provvisionale di 10 mila euro per ogni parte civile costituita, mentre per Indorato la provvisionale è stata fissata a 2500 ciascuno.
LA PRECISAZIONE DELLA DIFESA DELLA BREGAMO. “L’imputata ha confessato il reato di omicidio contestato – afferma l’avvocato Mirella Viscuso – ricostruendo il rapporto con il proprio convivente Giuffrida, caratterizzato da maltrattamenti continui, minacce di morte, violenze fisiche e psicologiche (in ultimo una proposta di scambio di coppia dalla stessa rifiutata). Il Cavallaro ha avuto con la Bregamo una relazione sentimentale (provata nel processo) e, ad un certo punto, le ha chiesto, con insistenza, di lasciare il Giuffrida per andare a vivere insieme. Ma la mia assistita aveva paura di ritorsioni da parte del Giuffrida poiché quest’ultimo, più volte, l’aveva minacciata di morte e picchiata (è stato acquisito un certificato di pronto soccorso compatibile con percosse subite) perché non voleva che la loro relazione finisse. La Bregamo ha condiviso il progetto omicidiario, deciso dal Cavallaro, il quale ben sapeva (come ha dichiarato) che la “sua donna” veniva maltrattata dal Giuffrida. Tutti questi elementi risultano riscontrati dalla attività di indagine effettuata dal P.M. dopo l’emissione della misura cautelare. La confessione della Bregamo è stata ritenuta credibile ed “altamente qualificata” da parte dell’accusa. Il Giudice con sentenza – conclude – ha concesso le attenuanti generiche richieste proprio in ragione della citata confessione e del contesto in cui è maturata l’uccisione del Giuffrida”.
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19 Luglio 2018, 20:07