16 Luglio 2020, 12:07
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Il percorso comune tra maggioranza e opposizione si ferma sul binario morto dell’articolo 18 del ddl edilizia. Il mancato stralcio dell’articolo votato in Commissione Ambiente (con il voto favorevole di Italia Viva e il no di Pd e Cinquestelle) infiamma il dibattito politico siciliano. Se l’assessore Totò Cordaro difende il provvedimento, ormai “patrimonio del Parlamento”, come risoluzione a una “Babele giuridica”, il deputato pentastellato Giampiero Trizzino promette battaglia dicendo che l’articolo 18 è palesemente “incostituzionale”.
L’iter in Commissione
Per capire cosa sta accadendo dobbiamo riannodare il nastro. Il deputato pentastellato Giampiero Trizzino ripercorre la strada del disegno di legge sull’edilizia fino all’introduzione dell’articolo 18, passato in Commissione Ambiente con il voto favorevole di Italia Viva e il no di Cinquestelle e dem. “Abbiamo condiviso il percorso del disegno di legge edilizio fino a questo articolo: eravamo pronti a votare a favore qualora l’articolo fosse stato stralciato”, spiega Trizzino. “Pensavamo ci fosse condivisione anche da parte dell’assessore, poi durante il dibattito in Commissione in occasione del quale ho rappresentato tutte le motivazioni per le quali secondo noi questo articolo rappresenta un pericolo visto che allarga le maglie del terzo condono edilizio”, argomenta il pentastellato. “L’assessore si è dimostrato disponibile a stralciare la norma in caso di voto favorevole della Commissione, soltanto che il presidente della Commissione, Savarino, ha visto che aveva la maggioranza e ha messo l’articolo al voto e facendo cadere qualunque tipo di possibile collaborazione”, spiega.
Una situazione che, nei fatti, rende impossibile al gruppo pentastellata il voto favorevole in aula. “Io ho subito annunciato che a causa di questo articolo il voto del Movimento sarà contrario, mi auguro ovviamente che in sede di aula l’assessore lo ritiri e si possa andare avanti, ma per il momento la situazione è questa”, dice Trizzino. Il deputato chiarisce la natura della norma. “Non è un condono, ma l’allargamento di un condono. Con questa manovra si ricorre al terzo condono edilizio del 2003 voluto da Berlusconi e allargarlo a tutti gli immobili abusivi costruiti con vincolo relativo”, spiega . “Ad esempio, aree paesaggistiche dove è necessaria la Sovrintendenza o zone colpite da dissesto idrogeologico dove è necessario il parere del Genio Civile o aree archeologiche. Si tratta di aree vincolate dal parere di un ufficio tecnico che con questa norma si possono sanare, cosa che non si può fare nel resto d’Italia perché il terzo condono non si applica ad aree con vincolistica relativa: questo è quello che succede”, chiarisce.
Tutti i dubbi di Trizzino
Numeri a parte, il nodo è tutto giuridico. “Le pratiche non sono tantissime, ma così si allargano le maglie. Questa norma, tra le altre cose, rischia di essere dichiarata incostituzionale perché il condono edilizio è norma nazionale e quindi soltanto il legislatore nazionale può decidere di allargare o restringere la maglia”, continua Trizzino che prima del voto ha inviato in Commissione una relazione giuridica (forte di richiamai a diverse sentenze della Corte Costituzionale) in cui si ribadisce l’alta probabilità che la norma possa essere dichiarata incostituzionale. “È bene ricordare che, avendo anche riflessi sulla materia penale, il condono edilizio non sfugge alla competenza esclusiva dello Stato, neppure in relazione alle Regioni a Statuto speciale. In particolare, sono attribuiti allo Stato: la previsione del rilascio del titolo abilitativo in sanatoria, il limite temporale dell’esecuzione delle opere condonabili, la determinazione delle tipologie e delle volumetrie ammesse, nonché l’individuazione degli interventi abusivi non suscettibili di sanatoria” , si legge nel documento.
E ancora. “Alle Regioni, pur tuttavia, oltre al riconoscimento della facoltà di legiferare in relazione all’articolazione della disciplina amministrativa, viene riconosciuta la facoltà di restringere, limitatamente al profilo amministrativo, gli effetti estintivi del condono, dunque introdurre deroghe a favore di una maggiore tutela del territorio. In altre parole, viene loro consentita la possibilità di escludere dal condono talune tipologie di abusi edilizi – fatti salvi, ovviamente, gli effetti estintivi del reato, sui quali le Regioni non possono incidere – o sottoporre il rilascio del permesso in sanatoria a condizioni più restrittive non previste dallo Stato”, scrive il deputato. “Diversamente, alle Regioni – in nessun caso – è consentito estendere le ipotesi di applicabilità del condono edilizio, poiché spetta al legislatore nazionale definirne la portata, attraverso l’indicazione delle opere non suscettibili di essere sanate, delle volumetrie e delle tipologie ammesse e dei limiti temporali di realizzazione delle stesse”, si legge nel documento.
La replica dell’assessore Cordaro.
Non si lascia attendere la replica dell’assessore Cordaro che, a più riprese, difende il provvedimento che, dopo il voto in Commissione, è patrimonio di tutta l’assemblea e non di una sola parte politica. “Quello che è accaduto in Commissione è questo: a un certo punto l’articolo 18 viene accantonato e viene trattato per ultimo, prima degli emendamenti aggiuntivi, perché il presidente ne riconosce la complessità e quindi lo accantona”, racconta. Esitati tutti gli articoli si passa quindi all’articolo 18. L’onorevole Trizzino interviene nel merito, ribadendo il suo pensiero sulla illegittimità e chiede in chiusura una richiesta di stralcio dell’articolo 18 perché possa costituire un articolo autonomo, cioè un ddl autonomo, in modo che si possa capire meglio il tema”, precisa l’assessore. “Io prendo la parola, confuto nel merito le argomentazioni di Trizzino e tuttavia concludo dicendo che qualora la commissione dovesse decidere per lo stralcio dell’articolo posso garantire che da parte del governo non ci sarebbe nessuna polemica politica perché, come ho detto, prima che assessore sono un parlamentare e ho profondo rispetto della volontà del Parlamento che oggi verrebbe espressa attraverso la commissione. Il presidente Savarino, a quel punto, propone lo stralcio dell’articolo 18”, prosegue Cordaro.
“E’ chiaro che lo stralcio in Commissione ha bisogno di un voto, la Commissione vota, ripeto con la mia totale apertura allo stralcio non perché io abbia rinnegato l’articolo ma perché mi rendo conto che c’era una difficoltà nell’approccio unanime e io ho sempre tenuto molto al dialogo. La Commissione vota, boccia la proposta e decide di trattare l’articolo 18”, spiega.
Cordaro sulla presunta incostituzionalità
L’assessore rivendica la bontà della norma. “L’onorevole Trizzino parla di una categoria che è quella della inedificabilità assoluta che prevede, in quel caso, a contrario il termine di sanatoria. Con riferimento all’articolo 18 stiamo parlando di una categoria assolutamente distinta che è quella dei vincoli relativi. I vincoli relativi esistenti ex lege in determinate zone della Sicilia prevedono che nel caso in cui l’istante avanzi in zona sottoposta a vincolo relativo una richiesta di edificazione è necessario il previo parere favorevole dei soggetti preposti al controllo, siano essi Sovrintendenza, corpo forestale o genio civile senza il quale il soggetto non può ottenere l’autorizzazione edificatoria”, spiega l’assessore. “Quindi l’utilizzazione stessa del termine sanatoria è strumentale perché non siamo in presenza di una costruzione abusiva in zona di inedificabilità assoluta ma siamo in presenza di un vincolo relativo, di una zona a vincolo relativo nella quale senza la previa autorizzazione non si può fare nulla”, dice Cordaro.
Non manca una nota polemica all’indirizzo della minoranza che si accompagna a un amarcord che tira in ballo il governo Crocetta. “Considero strumentale la posizione dei Cinquestelle e ancor di più quella del Pd. Nel 2014, a fronte di una Babele giuridica che ha messo in contrasto sindaci e amministratori che davano autorizzazioni con giudici amministrativi e penali, ma che ha messo in contrasto giudici penali che disponevano la demolizione del manufatto in pendenza di giudizi amministrativi, il mio predecessore all’assessorato al Territorio, Mariella Lo Bello, con la circolare 2 del 2014 stabilì quello che oggi vogliamo stabilire per legge: laddove gli enti preposti avessero dato parere favorevole era possibile edificare in zone a vincolo relativo”, ricorda.
Cordaro ripercorre la vicenda. “Qualche mese dopo l’assessore Sgarlata che le successe revocò quella circolare, nel 2015 l’assessore succeduto alla Sgarlata, Croce, con ulteriore circolare ripropose la stessa impostazione della Lo Bello e quindi, di fatto, il governo Crocetta attraverso una circolare ha stabilito quello che oggi noi vogliamo stabilire per legge però raggiungendo l’obiettivo di un disastro giudiziario e giuridico perché una circolare può essere ignorata: questo ha determinato il protrarsi di una Babele giuridica alla quale noi vogliamo mettere fine”, spiega. “Il senso della legge è ripristinare la certezza del diritto altrimenti se l’impostazione è quella dell’onorevole Zanna di Legambiente è che se paradossalmente la sanatoria la fa la magistratura va bene e se invece noi vogliamo fare una legge per stabilire un percorso nei casi di vincolo relativo non va bene”, attacca Cordaro.
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