17 Aprile 2014, 07:42
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CATANIA – Estirpato un patrimonio di oltre 200 milioni di euro a Mario Giuseppe Scinardo. Ufficiali della Dia di Catania e Messina hanno eseguito un provvedimento di confisca definitiva emesso dalla Corte di Cassazione con sentenza del 20 giugno 2013. Scinardo, originario del comune messinese di Capizzi, è ritenuto dagli inquierenti uomo di fiducia del capo di Cosa Nostra Mistrettese, Sebastiano Rampulla, deceduto nel 2010. Il boss era il fratello di Pietro Rampulla, l’artificiere condannato per avere confezionato l’ordigno della strage di Capaci in cui morirono il giudice Giovanni Falcone, la moglie e gli agenti della scorta.
La confisca scaturisce da una serie di accertamenti supportati da una perizia disposta dal Tribunale di Catania, che ha confermato l’impianto accusatorio secondo il quale Scinardo nell’arco di 15 anni è stato protagonista di “un’anomala escalation patrimoniale ed imprenditoriale, ingiustificata dalla sua capacità imprenditoriale”.
Scinardo, infatti da semplice allevatore di bestiame è riuscito, a diventare uno degli imprenditori leader della Sicilia Orientale nel settore del movimento terra, dell’edilizia e delle energie alternative.
Il patrimonio confiscato, è stato valutato in circa 200 milioni di euro. “La definitiva acquisizione dell’intero patrimonio aziendale ed immobiliare – si legge nel comunicato della Dia – da parte dello Stato scaturisce da un’articolata e complessa attività d’indagine eseguita, nel 2008, dalla Direzione Investigativa Antimafia, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania.”
Il tesoro del boss messinese è composto da 11 imprese operanti nel settore dell’edilizia, della produzione del calcestruzzo, dell’agriturismo e delle energie alternative; 229 immobili, tra le provincie di Catania, Siracusa ed Enna; 90 mezzi, tra camion, escavatori, trattori, mezzi agricoli ed autovetture di grossa cilindrata; 11 capannoni agricoli; 61 silos; svariati capi di bestiame e 60 rapporti finanziari.
Scinardo è stato indagato nell’operazione antimafia “Icaro”, che ha disarticolato i clan di Mistretta, Capizzi e Tortorici. Fu arrestato e rinviato a giudizio, con una sentenza di assoluzione, nell’inchiesta Montagna”. Per gli inquirenti era parte attiva del gruppo mafioso di Mistretta riconducibile a “Cosa Nostra”, operante sul versante tirrenico della provincia di Messina. Inoltre Scinardo è tra i soggetti finiti in manette nell’operazione dei Ros di Catania Iblis, in quanto avrebbe collaborato con il clan Santapaola – Ercolano.
Avrebbe gestito – secondo l’accusa – l’agriturismo, intestatao alla moglie nel Casale Belmontino, agro di Aidone, dove si sarebbe svolto un summit mafioso tra RAMPULLA Sebastiano Rampulla, Pietro Iudicello, Vito Rambulla, Carmelo Bisognano e Carmelo Barbagiovanni. Tra le sue frequentazioni gli inquirenti evidenziano quelli con il mafioso messinese Salvatore Pirrello. Inoltre – sempre secondo gli investigatori, avrebbe dato supporto logistico alla latitanza di Umberto Di Fazio, ora diventato collaboratore di giustizia.
Tra i suoi soci in affari Vito Nicastri, soggetto a cui sono stati confiscati dalla Dia beni per oltre un miliardo di euro, costituito soprattutto dalla costruzione del parco eolico di Vizzini (CT).
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17 Aprile 2014, 07:42