21 Luglio 2016, 05:02
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CATANIA- Consulenze e conflitti d’interesse al Tar etneo, giudici che, frequentemente, dovevano astenersi perché pagati da chi faceva ricorso, quasi sempre enti pubblici. C’è voluto l’arrivo del nuovo presidente Antonio Vinciguerra per mettere fine a una triste consuetudine non solo catanese: giudici amministrativi scelti come consulenti da amministrazioni che poi presentavano ricorso.
Una vera rivoluzione quella accaduta, negli ultimi 2 mesi, all’interno del tribunale amministrativo catanese, secondo, in Italia, dopo Roma, per numero di ricorsi pendenti. Un tribunale importante che soffre di una annosa carenza di personale, con l’immagine da sempre intaccata da quei giudici che entrano ed escono, pagati profumatamente, da Comuni e università come consulenti, e poi giudicano, spesso costretti ad astenersi, nelle stesse sezioni in cui gli enti chiedono giustizia.
Niente di illegale, in alcuni casi i giudici del Tar sono stati scelti perché veri luminari del diritto, ma bisognava tutelare anche l’imparzialità del giudice amministrativo. Antonio Vinciguerra ha ripristinato il rispetto delle regole. “La prima cosa che ho fatto – spiega il Presidente a Livesicilia – è un decreto di ripartizione, ho cercato di ridistribuirli in modo che non ci siano magistrati che abbiano ricevuto incarichi per sé e per i propri famigliari”.
Giudici anche di altissimo livello, che spesso prestavano da troppi anni servizio nella stessa sezione, assumendo consulenze o con parenti assunti in alcuni casi dalle amministrazioni ricorrenti.
Il Presidente spiega in che modo è stata ripristinata la credibilità del Tribunale amministrativo catanese: “Ho avuto cura di distribuire tra le sezioni i magistrati in modo che ciascuno di essi si trovi ad operare in una sezione in cui non siano presenti in modo costante (in ragione delle materie trattate) amministrazioni dalle quali il giudice o i suoi familiari prossimi abbiano ricevuto incarichi retribuiti. Ho cercato di compiere un’adeguata rotazione allo scopo di impedire sul nascere il formarsi di interessi in conflitto con l’attività del giudice, assegnando i magistrati a sezioni in cui non abbiano in precedenza svolto la loro attività per molto tempo. Posso dire di esserci riuscito. Nella nuova composizione delle sezioni interne che ho adottato lo scorso aprile nessuno dei magistrati in servizio al tar di Catania si trova in una sezione dove ha in precedenza operato per più di cinque anni e dove sono costantemente presenti come parti in causa, nelle udienze, amministrazioni con le quali abbia o abbia avuto rapporti di collaborazione. Per questo provvedimento ho avuto qualche lamentela, ma sono convinto che è la strada giusta”.
Con il Presidente Vinciguerra abbiamo analizzato, punto per punto, criticità e opportunità dei tribunali amministrativi.
Presidente Vinciguerra, come valuta lo stato di salute attuale della magistratura amministrativa?
In sofferenza. In Italia ci troviamo di fronte al paradosso, da un lato, di una struttura amministrativa vastissima tra amministrazioni dello Stato, enti locali e altri enti pubblici e, dall’altro lato, di una tutela giurisdizionale assicurata da un organico di magistratura ridottissimo se posto a paragone con i ben più alti numeri di organico dei magistrati amministrativi del resto d’Europa. Sulla carta siamo meno di 300. Trecento magistrati in tutta Italia ad affrontare una mole di contenzioso elevatissimo. I dati riportati nella relazione del presidente del Consiglio di Stato per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2016 parlano chiaro: un arretrato da smaltire, in tutti i tribunali amministrativi d’Italia, di circa 242.000 ricorsi pendenti. Per definire i quali in tempi rapidi 300 giudici sono certo insufficienti. Se, in astratta ipotesi, si potessero dividere le 242.000 cause pendenti tra i magistrati in organico, raddoppiando gli attuali limiti di carico individuali ci vorrebbero più di tre anni per smaltire l’arretrato, non considerando i nuovi ricorsi in ingresso.
La situazione è davvero così difficile?
R. In realtà no. È peggiore. Ho parlato di un organico “sulla carta” di meno di 300 magistrati amministrativi, già in astratto insufficienti. In concreto le cose stanno peggio. Il decreto legge 90 del 2014 ha abbassato l’età pensionabile dei magistrati a 70 anni. Un provvedimento che è palesemente indirizzato al risparmio della spesa pubblica e all’equo livellamento dei limiti di età da lavoro, ma che ha portato anche notevoli inconvenienti al momento non rimediabili. Con le nuove norme sono stati collocati a riposo una sessantina di magistrati amministrativi, senza sostituzione dato che il concorso per le nuove assunzioni è in alto mare. Nell’immediato, dunque, e ancora per molti mesi l’organico effettivo dei giudici amministrativi è di molto inferiore ai circa 300 sulla carta.
Una situazione drammatica, quindi.
Lo può scrivere a chiare lettere. Lo stesso decreto legge 90 ha introdotto nel codice del processo amministrativo misure acceleratorie, con tempi ristretti per la definizione di giudizi di preminente interesse pubblico, quali le controversie insorte nelle gare d’appalto indette dalle amministrazioni. Moduli affascinanti, senza dubbio, per le esigenze di tempestive risoluzioni delle liti giudiziarie (esigenze proprie del “giusto processo”) ma la forte riduzione dell’organico rende assai difficile il rispetto della tempistica e delle procedure accelerate introdotte nel codice. Insomma annaspiamo. Inoltre c’è il processo digitale…
In cosa consiste?
Eliminazione della documentazione cartacea. Tutti gli atti, i documenti e gli stessi fascicoli processuali saranno ricevuti e formati esclusivamente in files elettronici. Comprese le decisioni (sentenze, ordinanze, decreti) che verranno redatte in file informatici e sottoscritte con firma digitale. Una vera e propria rivoluzione che accelererà i tempi di formazione e produzione degli atti e di pubblicazione delle decisioni. In questo siamo stati prescelti come magistratura pilota. Ma già si riscontrano difficoltà nel decollo del nuovo sistema. Il processo amministrativo digitale doveva entrare in vigore, secondo la normativa, al primo gennaio di quest’anno, ma è stato rinviato una prima volta al primo luglio e ora al primo gennaio del 2017.
Talvolta qualcuno parla di semplificazione, proponendo di attribuire alla magistratura ordinaria tutte o gran parte delle competenze dei tar.
Non sarebbe un rimedio. Gli uffici giudiziari dell’ “Ordinaria” annaspano già per conto loro. Il processo amministrativo ha tempi, regimi e moduli diversi dal processo civile. Noi magistrati amministrativi assicuriamo la specializzazione e le professionalità più adatte.
Nell’ottica del risparmio della spesa pubblica il governo Renzi aveva disposto la chiusura delle sezioni staccate dei tar, così come è stato fatto per diverse sezioni staccate dei tribunali civili.
Sì con lo stesso decreto legge 90. Un provvedimento poi rientrato quando ci si è resi conto che le sezioni staccate dei tar non sono lo stesso delle sezioni distaccate dei tribunali ordinari, queste ultime a volte collocate in piccoli centri di montagna e con poche decine di cause pendenti. Le sezioni staccate dei tar, invece, sono veri e propri uffici giudiziari autonomi che a volte operano su un territorio molto vasto e popoloso. Ad esempio, la sezione staccata di Catania del tar della Sicilia ha una circoscrizione che copre cinque province siciliane su nove, quelle della Sicilia orientale, con una popolazione di oltre 2.600.000 abitanti e una superficie di 13.000 kmq, e ha un contenzioso pendente di oltre 42.000 ricorsi in attesa di definizione.
42.000 ricorsi pendenti? Sono tanti…
Già, ed è la più alta pendenza in Italia in una sede di tar, dopo Roma che ha 63.000 cause pendenti. Con la differenza che a Roma operano 50 magistrati e a Catania siamo molti di meno e c’è tendenza alla diminuzione.
Che vuol dire?
La pianta organica della sede di Catania prevede 25 magistrati, ma non ci siamo mai arrivati. Attualmente siamo 16, anzi 15 dato che un magistrato di nuova nomina non ha fatto in tempo a prendere servizio che il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa (il nostro csm) lo ha destinato in applicazione temporanea al tar di Venezia fino a settembre 2017. Una risoluzione di cui ho dovuto prendere atto ma che mi lascia molto perplesso. Venezia ha un contenzioso pendente di 7.500 ricorsi: perché sottrarre forze a Catania che ha oltre 42.000 pendenze? Dunque ora siamo in 15 e, come ho detto, c’è tendenza alla diminuzione perché dopo l’estate un magistrato andrà in aspettativa per maternità, un altro sarà collocato a riposo a fine anno senza essere sostituito e un terzo probabilmente andrà in aspettativa il prossimo anno. Quindi ci ridurremo a 12. Dodici magistrati per 42.000 ricorsi pendenti. In sostanza 3 per ognuna delle quattro sezioni interne, con prevedibili difficoltà a formare i collegi giudicanti in caso di impedimento di qualche membro.
Come presidente del tar di Catania ha preso qualche provvedimento per far fronte a questa notevole carenza di organico?
R. Ho chiesto un incontro con il Presidente del Consiglio di Stato, avv. Alessandro Pajno, che è anche il Presidente della Giustizia Amministrativa. Intendo rappresentargli personalmente le drammatiche prospettive del tar di Catania. Conoscendo la storia professionale del Presidente Pajno sono convinto che guardi con preoccupazione lo stato attuale di sofferenza delle corti amministrative. Inoltre per ben due volte ho chiesto al Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa di indire un interpello per l’applicazione temporanea a Catania di magistrati esterni e per due volte la domanda è stata respinta. Mi rendo conto, peraltro, che i disagi di organico sono comuni a tutte le sedi di tar. Ma Catania è una sede importante per la vastità della circoscrizione e per la mole di contenzioso. Per questo merita attenzione. E, come se non bastasse, abbiamo problemi anche sul piano logistico.
Cioè?
L’edificio dove attualmente ha sede il tar, in via Milano, è inadeguato. Non abbiamo locali a sufficienza e si può dire che passeggiamo sulle carte, che sono troppe e non c’è spazio per custodirle adeguatamente ed è forte il rischio dello smarrimento di fascicoli d’ufficio, per i quali, in tal caso, dobbiamo ricorrere alla complessa procedura della ricostruzione, con ulteriori perdite di tempo per la definizione delle cause pendenti. Abbiamo due aule di udienza anguste e insufficienti. Abbiamo una sola piccola sala di sosta per gli avvocati in attesa di essere chiamati a discutere le loro cause durante le udienze; gli altri che non vi trovano posto sono costretti a sostare nell’androne d’ingresso. Gli impianti di climatizzazione e di riscaldamento sono vetusti e mal funzionanti.
Cosa avete fatto per porre rimedio a questa situazione?
Il nostro segretario generale, la dott. Maria Letizia Pittari, è un funzionario combattivo e professionalmente capace. Ha curato una procedura di gara per la locazione di un nuovo immobile, a conclusione della quale è stato stipulato un preliminare per uno stabile già sede dell’INPS, molto funzionale, dotato di parcheggio (che manca nell’attuale sede), ingressi separati per utenti e personale, ampi locali, due sale udienza per 300 mq complessivi e due grandi sale di attesa per gli avvocati.
Problema logistico risolto, dunque?
Fosse così facile! Perché qui cominciano gli intoppi della burocrazia. L’Agenzia del Demanio ha dato parere favorevole di congruità al prezzo di locazione concordato con la proprietà dell’immobile, ma pretende un abbattimento del 15% invocando una normativa che a mio giudizio non può riguardare la fattispecie. L’abbattimento richiesto è stato rifiutato dal proprietario, perché determinerebbe un canone d’affitto troppo inferiore rispetto ai valori di mercato. Il canone proposto e accettato, invece, condurrebbe a un risparmio di oltre 100.000 euro annui rispetto al prezzo di affitto che paghiamo per l’immobile attuale sede del tar. Cosa dovremmo fare? Non sottoscrivere il contratto di locazione del nuovo stabile perché il proprietario rifiuta di accettare un canone fuori mercato e continuare a pagare un canone di gran lunga superiore per stare in un immobile inadeguato? La dott. Pittari non demorde e intende chiedere al Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa di essere autorizzata a stipulare il nuovo contratto secondo le regole del bando di gara e al canone già concordato. Sosterrò la sua richiesta: non si può far finta di niente. Una tra le più grandi sedi di tribunale amministrativo, quale Catania, non può essere ignorata e trattata come la cenerentola d’Italia.
Presidente, di cosa ha bisogno la giustizia amministrativa in Italia?
La giustizia amministrativa è una realtà diffusa e apprezzata tra la gente. Si rivolgono a noi non solo imprese che ritengano di avere subito torti in gare pubbliche di appalto, ma anche commercianti grandi e piccoli, rivendite di tabacchi, gestori di piccoli locali e associazioni ricreative, e tutti i cittadini che lamentano ingiustizie o difficoltà burocratiche da parte di comuni ed enti locali. Le regole del processo amministrativo recentemente varate consentono tempi di operatività celeri. Con un organico e delle strutture adeguate possiamo far molto senza determinare ritardi nei procedimenti pubblici, che in realtà arrivano alla nostra attenzione quando sono già conclusi e le decisioni sono già state prese. Ma ritengo fondamentale fornire garanzie di imparzialità che possano rassicurare i cittadini che si rivolgono ai tar per ottenere giustizia. Questa è stata la mia prima preoccupazione a Catania.
Come valuta le prospettive future della giustizia amministrativa?
Come ho detto la giustizia amministrativa ha ottime possibilità di funzionamento, ma è in uno stato
di sofferenza finché non saranno risolti i problemi di organico e di strutture. In particolare a Catania abbiamo ottenuto ottimi risultati lo scorso anno. Con soli sedici magistrati abbiamo ridotto del 15% le cause pendenti, superando abbondantemente l’obiettivo dell’abbattimento del 10% dell’arretrato, come richiesto dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa. Quest’anno con l’organico in progressiva riduzione se non riceveremo aiuto e ascolto dai vertici della Giustizia Amministrativa temo che non sarà possibile fare altrettanto e, nonostante l’operosità e la professionalità dei magistrati del tar di Catania, temo che non sarà possibile nemmeno raggiungere l’obiettivo minimo del 10% di riduzione delle pendenze. Perciò non posso essere ottimista, almeno nell’immediato.
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21 Luglio 2016, 05:02